di Piero Emmolo
Nei Paesi Bassi, torna a splendere la luce del talentoso belga David Goffin. Dopo una forzosa convalescenza dovuta ad una frattura al polso, finalmente il giocatore di Rocourt tenta di ripercorrere il viatico intrapreso al Roland Garros del 2012. Ripescato come lucky looser per il ritiro di Monfils, approdò agli ottavi dove mise paura al suo idolo Federer, soffiandogli il primo set. In molti si chiesero se un mingherlino di soli 64 kg avrebbe potuto competere a quei livelli. A chi propendeva risolutamente per la risposta negativa, si rispondeva che il movimento belga aveva trovato l’epigono dei Rochus per connotazioni fisiche e atletiche. Con Olivier che veleggia attorno alla cinquecentesima posizione, Bemelmans che sembra confermarsi buon frequentatore della dimensione challenger e poco più, Coppejans ancora troppo acerbo e l’eroe per un giorno Darcis alle prese con un problema muscolare cronico da un anno alla spalla, le speranze più realistiche dei belgi sono riposte proprio sul talentino ventitreenne. Corsi e ricorsi tennistici hanno voluto che l’ultimo lucky looser negli ottavi di finale di un major fosse stato proprio un belga, Dick Norman, vincitore di 4 titoli ATP in doppio ed ex 85 ATP in singolo, che a Church Road mise in fila Cash, Edberg e Woodbridge, prima di soccombere a Bum Bum Boris. Le somiglianze coi Rochus si limitano però all’aspetto somatico. Ebbi modo di vederli allenare dal vivo e si mostrarono cordiali ed espansivi verso un bimbo di nove anni che chiedeva loro l’autografo e il feticcio cappellino madido di sudore “Sergio Tacchini”, storico marchio che lo stiylist designer piemontese ha recentemente affermato di voler riacquisire dalla Cina. Goffin è d’un’altra pasta caratteriale. Timido, introverso, dalla voce fioca. Ma dal gran talento e dal tennis ”facile” ,se in giornata di grazia. Vedremo nei prossimi mesi se quello olandese è stato solo un exploit occasionale o una consapevole presa di cognizione delle proprie potenzialità. Sulla terra di Scheveningen, finalista è stato il tedesco Beck, sconfitto per 6-3 6-2.
Quarti di finale per Matteo Viola, che porta a casa gli scalpi di buon livello del giapponese Taro Daniel e del verdeoro Bellucci, il cui buon risultato all’ATP 500 casalingo di Rio aveva fatto ben sperare in un’illusoria inversione di tendenza. Terzo sigillo stagionale per Damir Dzhumur. In quel di San Benedetto del Tronto il bosniaco inanella un’altra settimana da incorniciare, in un 2014 sicuramente non parco di soddisfazioni per il giovane tennista di Sarajevo. Dopo il grande risultato in Australia, ( primo bosniaco di sempre a vincere un match in un Major), Damir ha mantenuto livelli costanti di rendimento, migliorando costantemente la propria classifica. La vittoria in finale sull’austriaco Haider Maurer gli vale il best ranking di numero 105 ATP e tanti stimoli a mantenere quella piazza, credenziale sufficiente per l’ingresso a Flushing Meadows dalla porta principale. Main draw ricco di italiani. Gli organizzatori del sodalizio ascolano hanno dato occasione a Gianluigi Quinzi di figurare direttamente nel tabellone principale grazie ad un invito. Stesso trattamento di favore per Bolelli, ritiratosi per motivi fisici, Volandri, fuori all’esordio per mano dell’intramontabile Ramirez Hidalgo, e Giannessi, bravo a superare con autorità il minore dei Granollers prima di soccombere all’austriaco futuro finalista. Qualche nota sul match di GQ. Il sangiorgese ha ceduto nettamente al terzo, vincendo il primo ed essendo lì lì nel secondo, dove un break iniziale, figlio dell’appagamento mentale per il set vinto, è stato determinante. Spegnere un pò i riflettori sul talentino azzurro forse sarebbe la soluzione, utopistica, ma migliore. É il dazio che purtroppo Gianluigi deve pagare per il fatto di essere l’unico teenager italiano con serie possibilità d’approdo ad alti livelli. Le attenuanti del periodo ci sono e non vanno sottaciute. Dal nuovissimo connubio tecnico con Gorriz, tecnico molto esperto, al periodo della maturità scolastica. Si prenda l’esempio, calzante figurativamente, delle due americane Shelby Rogers e Grace Min. Quando tutti s’attendono la conferma della Townsend o la zampata della Stephens, ecco venir fuori due giovani emergenti a Bad Gastein. Segno che quando un movimento ha tanti elementi, (prescindendo dagli standard qualitativi difficilmente eguagliabili di Wiliams, Davenport, Capriati, Seles), la minor pressione della ”gogna” mediatica su alcuni di essi può favorirne l’esplosione o il raggiungimento di buoni risultati. Buona semifinale per il redivivo Andrej Martin, la cui settimana è stata “deliziata” da un fuori programma gastronomico durante l’intervista post match nel primo turno. Appena sconfitto il croato Mesaros, i simpatici intervistatori di Youtennis hanno reso omaggio allo slovacco di un vassoio con caprese e prosciutto, veri punti deboli nell’alimentazione del tennista di Bratislava. Dalla Slovacchia alla vicina Slovenia, dove l’ambita meta turistico-balneare di Portorose è stata teatro della terza vittoria in un mese per Blaz Kavcic. Se aleggiavano forti dubbi sulla consistenza qualitativa delle tappe asiatiche conquistate dallo sloveno, in patria la testa di serie numero uno ha dimostrato grande autorità, cedendo un set solo in occasione della finale col lussemburghese Gilles Muller. La tournèe cinese e il torneo casalingo hanno comunque rimpinguato la classifica di Kavcic, a sole sette posizioni dal suo best ranking di numero 68 del mondo. Un’evoluzione indubbiamente positiva ma che insinua i soliti dubbi sulla migliorabilità del sistema di assegnazione dei punti in taluni challenger che, talvolta perchè logisticamente irragiungibili, altre volte perchè concomitanti con Slam o tornei di prestigio, concedono tanti ( troppi?) punti, a discapito di main draw qualitativamente mediocri e cut off ben sopra la quattrocentesima posizione. Si rivede nel challenger tour Luca Vanni che, dopo una stagione ricca di trionfi nel circuito future, ha fatto suo il derby col vercellese Crepaldi, prima di soccombere in tre avvincenti partite al buon quartofinalista Fabbiano.