di Marco Mazzoni
In una giornata di tennis clamorosa al Foro Italico, il match che tecnicamente più mi è piaciuto è stato quello tra il campione di Melbourne Wawrinka e Tommy Haas. Una partita che ha strappato applausi a ripetizione grazie a scambi sempre propositivi alla ricerca del vincente. Da un lato la potenza a tutto campo di Wawrinka, che cercava di sfondare già della risposta; dall’altro il tennis altrettanto brillante di Haas, che invece ha prodotto maggiori tocchi, addirittura smorzate vincenti dalla risposta (ben 4, tra l’altro!). Non un contrasto di stile a produrre spettacolo, ma due stili eleganti, classici e offensivi. E’ stata un’orgia di piacere tennistico per chi ama il rovescio ad una mano, le variazioni e gli approcci alla rete chiusi con volee pregevoli. Davvero un bello spettacolo, per la vittoria a sorpresa ma meritata del tedesco, che a 36 anni compiuti torna nei quarti di un Master 1000, e andrà a sfidare domani in un match altamente intrigante Dimitrov, tra le “new balls” quella dotata di un tennis più classico, per certi versi vicino a quello di Tommy.
Per parlare della vita e carriera del tedesco servirebbe molto spazio e tempo. Nato sul finire dei ’90 quando ancora non si era spenta l’eco immensa della covata d’oro teutonica di Graf, Becker e Stich, arrivò d’impeto nel grande tennis con buoni risultati già da giovane. Poi troppi infortuni, operazioni e problemi a frenarne sia la carriera sportiva che la definitiva crescita tecnica. Nel suo tennis molto bello ma non così fluido, è sempre mancata quella solidità e capacità di rendere al top nei momenti decisivi. E’ sempre mancato anche un gioco di contenimento più sicuro, che non lo ha fatto eccellere quando dall’attacco era buttato in difesa dal campionissimo di turno.
Eppure c’è un tarlo nella mia mente ogni volta che sento parlare di lui. Oggi Haas nel mondo del tennis del 2014 è considerato un “panda”, un esemplare da difendere e tutelare, testimone di un tennis classico, antico e molto bello. Vero, anche se i canoni estetici del tennis classico in purezza richiederebbero una fluidità di gesto maggiore e colpi meno strappati dei suoi. Tanto che se riavvolgo il nastro della mia vita intorno al tennis, e torno a settembre 1999, mi viene in mente un episodio limpido, vivido e significativo.
Monaco di Baviera. Mentre per le vie impazza l’October Fest, nella splendida Hall costruita per le Olimpiadi di 20 anni prima, va in scena la Grand Slam Cup, evento purtroppo scomparso ma che ha scritto pagine bellissime del tennis di quegli anni. Un giovane ed in rampa di lancio Haas affronta l’Agassi mostruoso di quell’anno. I due danno spettacolo, con risposte pazzesche del Kid di Las Vegas ed un tennis offensivo e velocissimo di Haas. Il tedesco vince, fa esplodere il pubblico locale, ma molti puristi del gioco storcono il naso, “questo qua non è mica poi così bello da vedere… Sampras, Kafelnikov, Safin, ce ne sono troppi più forti e più fluidi, più gradevoli”.
Allora… che è successo? Siamo tutti “incretiniti” oggi, oppure erano col paraocchi ieri?
Direi nessuna della due cose. E’ semplicemente cambiato il tennis. Cambiato forse fin troppo. Oggi gesti estremi, basati su di una forza disumana ed estremamente strappati sono all’ordine del giorno; anzi, sono diventati letteralmente la scuola, quello che si insegna ai giovani per provare a diventare forti, e vincere. Quel belloccio tedesco che pareva 15 anni fa un buon giocatore ma troppo robotico per esser accostato ai miti di quegli anni, è ancora qua, a produrre un ottimo tennis, non troppo diverso dal periodo in cui era una “new ball”. Forse si è un tantino affinato, ha aggiunto qualcosa in più; e forse vederlo uomo maturo lo rende ancor più gradevole. Ma quello che è cambiato in molti, ed in peggio, è il metro di giudizio rispetto alla media dei giocatori attuali. Ci accontentiamo di un gioco diventato troppo spesso brutale, in cui l’armonia del gesto non è più ricercata, perché non rende, invece di chiedere a gran voce condizioni di gioco che diano dignità alla purezza del gesto.
Haas domani scenderà in campo contro Dimitrov a Roma, e sarà molto interessante vederli in campo, anche per apprezzarne differenze tecniche e qualità. La speranza è che in futuro il metro di giudizio torni ad esser più esigente, forse come quello di 15 anni fa, più avvezzi ad un tennis non solo adrenalinico ma anche elegante.
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