di Marco Mazzoni (@Marcomazz)
Siamo alla seconda metà di febbraio e di fatto la stagione del grande tennis in Australia è già terminata. Un vero peccato per il paese a maggior trazione tennistica al mondo, ma l’ubicazione del continente australe è così particolare da sconsigliare ripetute trasferte nell’annata, già assai lunga e complicata. Tuttavia i moltissimi appassionati down under sono in pieno fermento, seguendo con enorme attenzione l’esplosione di Kyrgios e l’ascesa di Kokkinakis, oltre a molti altri giocatori che stanno facendo passi interessanti, tipo Alex Bolt. E tra gli junior c’è altro materiale di primissima qualità. Un momento così fertile che sta facendo passare in secondo piano l’inizio 2015 molto incoraggiante dell’eterna promessa Bernard Tomic.
Il talentuoso e discusso aussie stanotte a Delray Beach ha battuto in tre lottati set Victor Troicki. Non è una vittoria banale, visto che il serbo sta risalendo velocemente posizioni di classifica dopo la squalifica, ed è uno che ti tiene in campo moltissimo, ti fa colpire molte palle e difficilmente ti regala qualcosa. Proprio il tipo di giocatore che Bernard generalmente detesta, abituato a strappi di grande qualità intervallati a pause e veri blackout agonistici in cui il “consistente” di turno si infila e lo sconfigge.
Questo successo non vale solo il piccolo record statistico delle 100 vittorie, ma è l’ennesima conferma di come la stagione sia partita decisamente bene per Tomic anche al di fuori dell’amata Australia. Infatti quasi ogni anno ci aveva abituato ad un avvio con discreti risultati nei pochi tornei del suo continente, per perdersi quasi del tutto tra fine inverno e primavera; poi qualche accenno di risveglio in estate, ma davvero una miseria per il suo talento. Il 2015 sta finalmente raccontando una storia diversa. Il suo bilancio è di 11 vittorie e 4 sconfitte, con la prospettiva di giocare stasera (da favorito) contro il sorprendente nipponico Nishioka in un tabellone dove arrivare fino in fondo sembra possibile. E’ stato lo stesso Bernard a parlare del suo momento, esternando un cauto ottimismo, fondato sull’aver “lavorato molto bene in inverno. Credo di non aver mai iniziato una stagione così preparato, finalmente sano e molto focalizzato sul mio tennis”.
Lo scorso autunno uscì la notizia a dir poco curiosa della scelta di inserire per qualche settimana nel suo team Xavier Malisse, uno dei talenti più cristallini della propria dorata generazione ma persona totalmente avversa alla disciplina ed alla cultura del lavoro, proprio quello che “tendenzialmente” è sempre mancato a Tomic… Archiviata la scontata ilarità sulla questione, il gigante aussie pare invece aver provato a svoltare per davvero, non tanto sul piano del gioco ma su quello personale. Cosa questa che potrebbe, finalmente, fare tutta la differenza del mondo. Ammetto di aver sempre avuto un piccolo debole per il suo tennis, quindi l’ho seguito con discreta attenzione anche nei momenti “no”, decisamente dominanti nella sua giovane carriera… Pur non conoscendolo di persona, sempre ho tratto la sensazione di un carattere troppo spigoloso ed autodistruttivo per permettergli di arrivare ad altissimi livelli e restarci. Sensazione ricavata dalla sterminata serie di disavventure personali vissute sulla sua propria pelle (festini alcolici, patente ritirata, proteste clamorose, rapporti allucinanti col padre-coach, risse di ogni genere…), ma soprattutto dalle sue interviste. A lato delle risposte, spesso trancianti, l’interlocutore quasi sempre scriveva di un ragazzo troppo sprezzante, distaccato e supponente. Quasi come se fosse lì perché qualcuno ce l’ha messo,e che in fondo non gliene fregasse poi più di tanto. La cosa sembra un tantino cambiata da quest’inverno. Per ora sono indizi, e solo il prossimo futuro confermerà questo feeling; ma ho letto un po’ di interviste rilasciate prima e durante gli Australian Open, e guardato alcuni video in cui rilasciava dichiarazioni. Forse mi spingo oltre alla realtà con la mia interpretazione, ma molti dei suoi atteggiamenti sopra le righe mi paiono archiviati. Sembra più rilassato, focalizzato e misurato nelle parole. Il suo sguardo è meno fiero e sprezzante, quasi più “docile”, arrivando ad accennare qualche sorriso (amaro) facendo una sincera autocritica sui tanti errori del passato. Un abisso rispetto al classic Tomic, quello che fino a pochi mesi fa nemmeno rispondeva a certe cose… Ed in ogni intervista il focus è sempre lo stesso: il tennis adesso è pienamente al centro del suo mondo.
L’anno scorso è stato durissimo per lui. Infortuni, operazioni, un recupero complicato e guastato a più riprese dagli eccessi del folle padre-padrone; pure dalla pagina nera della sconfitta-lampo, record del match più corto di sempre che l’ha scaraventato in prima pagina ovunque e scatenato intorno a lui un vortice di critiche che devono averlo ferito. Forse un boccone così amaro e così duro da mandar giù che l’ha fatto finalmente svoltare. Sarà il futuro prossimo a dircelo, ma intanto in campo si vede un Tomic assai interessante, più presente e più pronto a restare focalizzato sul proprio tennis. Un tennis che è tutt’altro che banale.
Bernard è uno dei talenti più interessanti del circuito e che personalmente mi intriga moltissimo perché propone una tecnica personale, per certi versi antica e lontana dai canoni del tennis “moderno” dominato da eccessi di rotazione e anchilosato sulla spinta a tutta col dritto. Tomic è davvero lontano dagli standard attuali. E’ un ragazzone che appare lento ma che in realtà sulla palla ci arriva eccome, e pure con discreta coordinazione. E’ un giocatore tattico, che sa governare i tempi di gioco e che imbastisce uno scambio riuscendo a trovare molti modi per concluderlo e sorprendere l’avversario, grazie ad una tecnica esecutiva personale. Di rovescio disegna il campo come pochi, usando il back in modo perfido a spezzare il ritmo e quindi lasciando partire delle accelerazioni piatte mortali, impossibili da leggere. Porta il dritto in modo assolutamente anomalo, con una apertura minima ed un tempo sulla palla così buono da permettergli di accelerare in un “amen”, sfruttando ogni minima energia della palla incidente e trovando angoli balisticamente misteriosi. L’aspetto che più esalta e che ritengo sia la sua miglior qualità è il modo in cui cambia il ritmo, un po’ come fa il Murray doc, capace di addormentare uno scambio ed uscirne all’improvviso con un’accelerazione improvvisa, spesso bellissima. In un tennis dominato da giocatori usciti dalla catena di montaggio, trovare al massimo livello la diversità di Tomic sarebbe qualcosa di molto allettante.
La chiave di questo momento così buono pare una certa serenità e stabilità, abbinata alla salute atletica, che gli ha permesso di lavorare molto duramente e con continuità nell’inverno, arrivando in ottime condizioni. Finalmente. Aggiungo al puzzle anche un fattore ambientale, che forse lo sta aiutando non poco a restare più libero rispetto al passato: la crescita degli altri giovani canguri, che l’hanno un po’ messo nell’angolo mediaticamente, senza grandi attenzioni ed aspettative. Anzi, in molti in patria hanno già deciso di archiviarlo come una scommessa persa, focalizzandosi sulle meraviglie dei “belli e rampanti” Kokki & Nick. Chissà che l’orgoglio di Tomic invece non venga fuori proprio adesso, e che la tranquillità del vivere questa fase di carriera senza pressione non sia proprio quello di cui aveva tanto, tantissimo bisogno. Infatti è giusto ricordare che oltre alle mille e gravissime colpe proprie e del padre, Tomic forse fu “buttato nella mischia” in modo troppo brutale, troppo presto quando già era 16enne ed in momento delicatissimo del tennis australiano, quando toccò il minimo storico, quasi senza alternative ad un Hewitt in fase calante e scassato. Un peso che sarebbe stato difficile da gestire per un ragazzo equilibrato e sostenuto da un ambiente familiare sano, immaginate per un teenager problematico ed attorniato da un team esplosivo ed instabile… Adesso tutto sembra cambiato. Lui sembra cambiato. Le condizioni sembrano ideali a fargli giocare il suo miglior tennis. Sta a lui crederci. E sorprenderci.
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