di Federico Mariani
Il tennis maschile statunitense sta toccando negli ultimi anni il suo apice più basso. Una nazione che nei decenni passati ha dominato il circuito è in piena crisi come testimoniano i numeri, basti pensare che tra i primi 100 giocatori del mondo e nessuno di questi è in top ten. Gli anni dei vari McEnroe, Courier, Chang, Sampras, Agassi, ma anche Roddick e Blake sembrano essere un lontano e sbiadito ricordo. E’ indubbio che l’America stia vivendo un momento di povertà di talenti in quanto Isner è solamente un buon giocatore e nulla di più, mentre i giovani Harrison, Young e Sock, verso i quali c’erano moltissime attese, stanno deludendo non poco le aspettative. Che fare quindi? Ci sono, e semmai chi sono, dei futuri campioni capaci di risollevare il movimento? Si parla molto di Kozlov, Tiafoe, Mmoh e Rubin ma saranno all’altezza delle aspettative che negli USA non possono che essere altissime? Per rispondere a queste domande abbiamo chiesto a tre esperti del settore che sono o sono stati a stretto contatto col tennis a stelle e strisce e ci hanno illustrato le proprie idee.
Noah Rubin
Giampaolo Mauti, della Rick Macci Academy di Boca Raton, non nega l’evidente periodo di crisi del tennis americano e prova a dare una spiegazione. “A differenza di quanto accadeva in passato, oggi i ragazzi che si affacciano al tennis si sentono un po’ troppo comodi nell’ambiente in cui vivono e si allenano. Questo si riflette negativamente nella disciplina e nella programmazione dei tornei. A differenza di quanto accade dall’altra parte dell’Oceano difficilmente i ragazzi si allontanano da casa per andare ad arricchire il bagaglio dell’esperienza e questo è deleterio per un aspirante giocaotore”. Queste le parole di Mauti che resta comunque ottimista per il futuro degli Stati Uniti in quanto ritiene le giovanissime leve più che valide per rappresentare il Paese nei prossimi anni. Tra i giovanissimi talenti, dice Mauti, quello che più lo colpisce e quello sul quale punterebbe è Kozlov per il maggiore tasso qualitativo rispetto agli altri, anche se dal punto di vista fisico pare essere un po’ indietro.
Stefan Kozlov
Andrea Gabrielli, titolare di Number1Sport, agenzia di manager in campo sportivo con sede a Londra, parla di una “crisi di vocazioni” nel tennis statunitense intendendo una ripercussione negativa dei risultati derivante da un calo del numero di praticanti. “Gode, invece, di ottima saluta il mercato americano in quanto gli Stati Uniti sono ancora considerati la Mecca del tennis a livello didattico, dove ci sono le migliori e più costose accademie del mondo e dove i giovanissimi provenienti da ogni angolo del globo mirano ad arrivare”, aggiunge Gabrielli. Gabrielli ha poi parlato dei giovanissimi citati sopra indicando in Kozlov il più talentuoso di tutti, mentre in Mmoh vede il più forte e pronto a livello fisico. Di Tiafoe, invece, ammira la grande personalità dipingendolo come un vero e proprio “cavallo pazzo”, il più divertente di tutti sul rettangolo di gioco. Non lo entusiasma, invece, il classe ’97 Taylor Fritz molto rudimentale a livello tecnico.
Michael Mmoh
In ultimo abbiamo avuto l’onore ed il piacere di parlare con Fabio Della Vida, un passato da personaggio di spicco della IMG ed ora collaboratore della Fit. Interrogato sulla crisi di nomi dell’attuale tennis made in USA, Della Vida prova a dare come prima spiegazione la carenza del numero dei praticanti essendo il tennis il quinto sport americano (dopo football, baseball, basket ed hockey) che sta iniziando ad essere insidiato anche dal calcio. Della Vida continua comunque a riporre fiducia nel sistema America che definisce “il numero uno come mentalità sportiva”. Della Vida afferma poi come negli States stiano facendo un passo indietro sulle superfici conformandosi su quanto avviene in Europa con la creazione di molti campi in terra a discapito del classico cemento. Per quanto riguarda i nomi in prospettiva, Della Vida punterebbe il fatidico dollaro su Tiafoe, mentre tra quelli che già si sono affacciati al professionismo pronostica una carriera simile a quella di Isner per Jack Sock.
Francis Tiafoe
In definitiva tutti e tre gli intervistati non negano il difficile e delicato momento del movimento tennistico americano al maschile ed imputano alla flessione del numero dei praticanti una delle principali ragioni di tale crollo. Tuttavia i giovanissimi in rampa di lancio come Kozlov, Tiafoe, Mmoh, Fritz e Rubin rappresentano un’importante risorsa per i prossimi anni, ma dire dove arriveranno è più che mai prematuro: il salto dal mondo juniores al circuito professionistico è sempre complicato e di difficile lettura. Quello che, invece, è certo è che una nazione che ha un pessimo rapporto con la mediocrità come gli Stati Uniti vorrà prontamente tornare ad occupare posizioni importanti anche nel tennis. Sta ora a Kozlov e compagnia l’onere e l’onore di rappresentare i colori statunitensi nel prossimo futuro.
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