“Ciao Boris, come stai? Hai un dream team quest’anno”; “Ciao, tutto bene. I ragazzi sono forti, ma poi in campo lo sai che può succedere di tutto”. È stata questa la prima conversazione con Boris Vallejo, capitano della Francia under 18 e coach di Arthur Cazaux, incontrato in occasione del gruppo B della Coppa Valerio/Galea Cup andato in scena alla Società Ginnastica Roma. Il tecnico dice la verità, ma lo fa con la consapevolezza di aver approcciato l’evento con più scaramanzia del dovuto. I transalpini, già campioni in carica, si sono presentati alla Summer Cup con Luca Van Assche, Arthur Fils e Gabriel Debru.
I due diciottenni da inizio stagione frequentano con soddisfazioni il circuito Challenger ed il sedicenne oltre che campione uscente del Roland Garros, nonché numero uno del mondo under 18, è a sua volta già inserito nel mondo dei pro. Come detto, un vero dream team per una competizione giovanile. Il campo ha confermato le aspettative della vigilia. Per i transalpini tutto facile contro Israele e Bulgaria nel girone di qualificazione, ed è altrettanto agevole la fase finale in casa a Le Rochelle dove hanno alzato il trofeo superando in ordine Polonia, Slovacchia e Belgio.
Luca Van Assche è il leader tecnico del gruppo emergente, nonostante in partenza sia il meno appariscente. Nato da padre belga e mamma italiana (di Bergamo), Luca ha già fatto capolino dentro la top 300 e con un italiano impeccabile ha svelato i prossimi obiettivi: “Entro fine anno vorrei vincere il primo titolo Challenger e a gennaio vorrei giocare le qualificazioni degli Australian Open”. Giocatore solido da fondo Van Assche ha nel rovescio il suo colpo migliore, quello dove ha il miglior timing e riesce a giocare di anticipo cambiando molto bene anche sul lungolinea. Il suo tennis si sviluppa fondamentalmente da fondo ed è solido, il dritto gira molto ma non viaggia mai su velocità impressionanti. La solidità fisica, unita al pacchetto di rotazioni e all’intelligenza tattica, ha sempre permesso al classe 2004 di fare la differenza a livello giovanile e di essere subito ostico tra i professionisti.
Segue Arthur Fils che nelle tre giornate capitoline ha sfoggiato il suo fisico girando sempre a torso nudo. Il suo tennis è di conseguenza potente ed entusiasmante, anche se il ragazzo è ancora acerbo sotto diversi punti di vista. L’atteggiamento deve migliorare ed il modello del perfetto Van Assche può essere preso come spunto. Nell’arco dell’incontro Fils si concede ancora passaggi vuoto tecnici e mentali, in particolare tende ancora un po’ troppo a perdere la testa quando il rendimento non rispecchia le aspettative personali.
Chiude la truppa il giovane Debru, che con il suo metro e novantatré svetta sui compagni di squadra. A 16 anni Debru deve prendere ancora confidenza con le proprie misure, sugli spostamenti e sul timing paga ancora qualcosa e per certi versi ricorda un po’ il primo Medvedev o andando ancora più cauti con i paragoni un Brooksby. Anche quando arriva con difficoltà sulla palla riesce spesso ad uscirne con un colpo efficace e quando con la sua potenza può mettere i piedi in campo fa la differenza. Ad inizio stagione ha già compiuto il grande passo del professionismo e ha rimesso piede tra gli under 18 giusto per godersi i grandi palcoscenici. Il trionfo sancisce la fine del percorso giovanile dell’intero trio, già focalizzato sul futuro.
Non si può perdere tempo e dopo aver saltato una generazione di fenomeni la Francia ha fretta di tornare. In quest’ottica il lavoro svolto con tutti e tre i profili – ai quali però si possono aggiungere Mpetshi Perricard, Mayot, Cazaux e Cuenin – verte ogni settimana l’asticella. L’obiettivo dichiarato della federazione è riportare i propri ragazzi nelle finali slam, dove dopo sei incontri sei chiamato a giocare almeno altre tre ore di match in finale: non c’è tempo per prendersi pause.
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