Ci sono ancora nazioni che non hanno diritto di cittadinanza nella geografia tennistica, ma sono sempre meno. Negli anni ’90, per dire, trovare un tennista competitivo polacco, portoghese o colombiano era un’impresa. Oggi ce ne sono tanti in giro. La globalizzazione tennistica fa sì che ogni anno spuntino fuori novità da nazioni che, in passato, avevano raccolto il resto di niente. Let’s see them.
Il primo caso che salta all’occhio è sicuramente quello del tunisino Malek Jaziri. Già, perché questo benedetto ragazzo a 27 anni suonati vantava una sporadica puntatina nei Top 300. Colpa anche di un paio di infortuni, il primo nel 2006 e il secondo a cavallo tra il 2007 e il 2008, che avevano fermato altrettanti momenti positivi. Una storia del cosiddetto “altro Maghreb”, quello non marocchino, per certi versi simile a quella del sodale algerino Ouahab. Jaziri, però, ha chiuso la stagione stupendo progressivamente: prima due vittorie Futures, poi la finale di Samarcanda, quindi un turno passato agli Us Open e, ciliegina sulla torta, il primo sospiratissimo titolo Challenger a Ginevra. Best ranking al 117, quasi tutte le cambiali “pesanti” da giugno in poi, può sperare di essere il primo tennista che rappresenta la Tunisia nei 100. Non abbiamo detto “nato in Tunisia” perché bisognerebbe includere Gicquel, ma lui batte bandiera francese.
Andiamo avanti e parliamo dell’Estonia. Repubblica baltica, patria tuttalpiù di decathleti, sorella sfortunata della Lettonia, che vanta un Gulbis, e della Lituania, che ha Berankis e un Grigelis in costante ascesa. Gli estoni puntavano su Jaak Poldma, ex Top 15 juniores che si è perso per strada tra i pro. Poi è arrivato tale Jurgen Zopp, uno che da junior non era neanche entrato nei primi 50. Coetaneo di Poldma, il ragazzo è venuto su con costanza: nel 2010 è passato dalla posizione 453 alla 224, quest’anno ha tirato giù altri posti toccando il numero 138. Ha battuto Reynolds, Karol Beck, Rochus, Stebe, Falla, Ilhan, Mannarino. Tutta gente che bazzica i tornei maggiori. Due le finali Challenger, gli è mancato solo l’acuto.
Andiamo ancora oltre e parliamo del Libano. Già, perché se escludiamo Odesnik, una delle prime cinque “new entry” del 2011 è proprio un libanese, ovvero Bassam Beidas. Classe 1988, da juniores era arrivato ad essere il numero 20, poi è sparito qualche anno. Considerando che il Libano, a livello sportivo, è sinonimo di basket, c’era di che essere delusi. Tuttavia Beidas, assente dal circuito dal 2009, è tornato a gennaio di quest’anno facendo sul serio: subito un Future in Marocco, seguito da una finale persa nettamente da Grigelis, che gli ha negato il back-to-back. Altre finali in Romania e negli Usa, un onorevole esordio Challenger a Quito e la classifica al numero 512, preludio di un probabilissimo ingresso tra i 500. Considerando che in questi anni Beidas non è stato fermo ma ha giocato in America per la Pepperdine University, college con una grandissima tradizione tennistica (campioni NCAA nel 2006, han cresciuto gente come Gilbert e Kendrick) c’è da fare attenzione a questo ragazzo dalla vocazione cosmopolita: nato a Londra, residente al Cairo, nazionalità libanese ma tennisticamente americano.
Se l’Estonia è principalmente atletica e il Libano è solo basket, cosa dire del Guatemala? Forse che vorrebbe essere solo calcio, ma non è mai riuscita neanche a qualificarsi per uno straccio di mondiale. Vista la situazione anche un Christopher Diaz-Figueroa, classe 1990 ed ex numero 83 juniores, potrebbe essere manna dal cielo. La cosa è tanto più vera se consideriamo che l’unica volta che, negli ultimi vent’anni, il Guatemala è assurto agli onori della cronaca per via del tennis, è stato quando Diego Beltranena ha frantumato il record Atp di sconfitte consecutive (54, poi battuto dall’inglese Dee). Invece questo ragazzo, nel ranking da quattro anni nel corso dei quali è venuto su lentamente ma con costanza, quest’anno è saltato dal numero 497 al 326 e ha mostrato di poter essere competitivo. Se ne è accorto a Medellin Laurent Recouderc, lo hanno capito in Messico Federico Gaio e a Panama Matteo Marrai. Ha vinto due Futures e, ad Aguascalientes, ha fatto soffrire Maximo Gonzalez. Regolarista in un mondo di giovani sprinter, proverà a salire ancora, sempre col suo passo.
E un cinesino non ce lo vogliamo mettere? Coi tempi che corrono è meglio aprirsi ai nuovi mercati e la scelta non può che cadere su Ze Zhang. Per inciso, è come se dicessimo Esposito a Napoli, visto che lui è uno degli ottanta Zhang che hanno frequentato il circuito juniores. E’ arrivato al numero 28 e parliamo di lui non tanto per la classifica, quest’anno stabile intorno alla trecentesima posizione, nè perché ha passato un turno nell’Atp 500 di Pechino (è stato sorteggiato contro un altro cinese e così “sò bboni tutti”). Quello che interessa è il fatto che abbia rimediato figure più che dignitose contro Tsonga e Stepanek e, soprattutto, che abbia strappato un set sia a Tomic che ad Hewitt in Davis contro l’Australia. Aggiungiamo due vittorie a livello Futures e otterremo finalmente il primo cinese competitivo che non sia nato a Taipei.
Ci sembra giusto chiudere con Hugo Dellien, boliviano, quest’anno numero 2 nel ranking giovanile. Finalista nella Copa Gerdau, semifinalista al Bonfiglio, quest’anno ha bazzicato il circuito maggiore facendo un paio di quarti di finale nei Futures casalinghi. Ci si può puntare su, però con moderazione.
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