Un bilancio sui risultati stagionali del tennis spagnolo maschile e femminile, con i voti per i protagonisti.
IN CAMPO MASCHILE la Spagna chiude il 2016 con 10 giocatori fra i primi cento, cinque in meno rispetto a inizio anno, con le “perdite” di Robredo, Andujar, Cervantes, Muñóz de la Nava e Gimeno-Traver. L’età media supera i 30 anni, ma i risultati a livello ATP sono nel complesso, nonostante la crisi di Nadal, ottimi. La Spagna è infatti il paese che chiude l’anno con più titoli (10) ed è tra l’altro il primo a superare i 200 titoli nel 21º secolo, raggiungendo la ragguardevole cifra di 209, che raddoppia i 105 della Svizzera e i 101 degli Stati Uniti. Una realtà globalmente solida ma, come è stato rilevato da più parti, mancano i rincalzi e le giovani speranze (Jaume Munar &C.) latitano. È significativo che a livello Challenger, dove tradizionalmente si formano i campioni futuri, il panorama sia esattamente opposto. I computer (in particolare quello umano che risponde al nome di Luca Brancher) rivelano che, soprendentemente, nel 2016 si registra un solo un trionfo spagnolo in un Challenger su undici finali (Granollers a Irving). Fra le note positive dell’annata, va anche ricordato il ritorno nel World Group della Coppa Davis.
Ecco la mia pagella:
Rafa Nadal: N.C.
Gli ho cambiato il voto dieci volte, prima 4, poi 7, poi 8, poi 6, poi 5… e alla fine ho optato per un salomonico “non classificato”, o meglio “non classificabile”. A livello assoluto non chiude l’anno proprio a digiuno, con due titoli per lui classici (Montecarlo e Barcellona) e un oro olimpico in doppio con Marc López, che abbelisce ulteriormente e rende quasi irraggiungibile il suo palmarès. Ma stiamo parlando di Nadal e si tratta di risultati miseri rispetto a quanto ci ha abituati. Vederlo scendere in classifica fino quasi ad uscire dalla Top 10 è preoccupante, come lo sono alcune sconfitte che bruciano per davvero, a partire da quella al debutto degli Australian Open contro Verdasco o quella contro Pouille negli ottavi degli Us Open. Mille ipotesi sui suoi problemi fisici e psicologici, mille incognite, e una presenza sempre più importante dell’accademia di Manacor, ufficialmente inaugurata e sede di vari eventi, fra cui anche il recente campionato di Spagna che lo ha visto vincere il doppio, ancora a fianco di Marc López. La strada di Nadal dopo il ritiro è quindi spianata, ma lui (e zio Toni) garantiscono che nel 2017 ci riproveranno sul serio con l’obiettivo vincere uno Slam, anche con l’aiuto di Carlos Moyá, appena unito al team. Motivi più che sufficienti per una sospensione di giudizio e un voto di fiducia.
Pablo Carreño Busta: 9
Mi piace premiarlo per il suo sforzo, la sua determinazione e il lavoro ben fatto e ben gestito. Dopo il lungo sodalizio con Dudu Duarte, dalla fine dello scorso anno fa parte dell’accademia “Equelite” di Juan Carlos Ferrero, seguito da Samuel López (ex coach di Almagro) e da César Fábregas. L’obiettivo Top 30 per il 2016 è stato centrato in pieno grazie alle sue prime finali a livello ATP, con un bilancio di due sconfitte e due vittorie, a Winston-Salem e Mosca (su Fognini). Best ranking e Top 30 anche in doppio, con due titoli e quattro finali, fra cui nientemeno che quella degli Us Open a fianco di García-López. A 25 anni, dopo momenti difficili, il suo salto di qualità sembra solido e verosimilmente duraturo anche se, direi, molto vicino al suo limite. Lui però non è affatto d’accordo e dice di puntare dritto all’élite dei 10 migliori.
Roberto Bautista Agut: 8,5
Quattro finali e due vittorie Atp (Sofia e Auckland) anche per lui, giocatore solido ed essenziale, che sa trarre il massimo dal suo tennis. A 28 anni è a ridosso della Top 10 (quest’anno ha raggiunto il best ranking al nº 13) e ha ancora parecchie stagioni per dire la sua, con l’opzione di divenire in futuro numero 1 di Spagna. Lui e Carreño hanno rappresentato a mio avviso la realtà più consistente del tennis iberico del 2016 ed entrambi sono anche in qualche modo accomunati da alcune caratteristiche quali la velocità, la solidità mentale e l’aggressività nel gioco da fondocampo, il che li allontana dal cliché del terraiolo iberico e li rende giocatori polivalenti, specialmente pericolosi sul veloce, proprio la superficie che li ha visti trionfare nel corso dell’anno.
Albert Ramos-Viñolas: 8
Anche per lui, coetaneo di Bautista, best ranking (nº 26) e primo titolo Atp (Bastad) dopo due finali, con il brillante acuto dei quarti a Parigi. Complimenti per un giocatore non dotato di risorse eccezionali ma che con lavoro e costanza (un po’ come il grande Paolino Lorenzi), ha saputo ottimizzare i suoi risultati e la sua classifica. Ha tra l’altro appena chiuso la stagione come campione di Spagna, in un torneo da anni ultimi anni privo però dei grandi nomi.
Feliciano López: 8
Un buon voto anche per il veterano spagnolo dai gesti bianchi che si mantiene su ottimi livelli, nonostante le burrasche personali dovute a una complicatissima separazione. Un titolo Atp (Gstaad) e una finale in singolare, ma soprattutto il grande sigillo della vittoria nel doppio al Roland Garros (a fianco dell’onnipresente Marc López), che gli vale la Top 10 e l’accesso al Master di Londra, in cui però ottiene risultati modesti.
Nicolas Almagro 7
Dopo le lesioni che lo avevano relegato nel 2015 oltre la 150ª posizione, è riuscito, dopo quattro anni di digiuno, a vincere un titolo a Estoril e a raggiungere la finale a Buenos Aires. Fra Challengers ed Atp, riesce a chiudere l’anno al nº 44, partendo dalle retrovie. Nonostante il suo braccio meriti ben di più, applaudiamo comunque lo sforzo e la ricerca, non ancora del tutto raggiunta, di un ritmo di rendimento constante.
Fernando Verdasco: 6,5
Dopo il digiuno del 2015 torna a vincere un titolo a Bucarest e raggiunge la finale a Bastad. Un anno comunque difficile, con qualche buon risultato alternato a periodi di appannamento, che lo ha visto andare giù in classifica fino al numero 88 per poi chiudere con un dignitoso numero 42, ma in fondo pochino per uno che è stato Top 10. È una mia opinione, ma vedo qualcosa di disarmonico nel suo modo di stare in campo e di gestire i match, fra nervosismo, torpore e presunzione. Se riesce a tornare a divertirsi senza troppe pressioni, secondo me qualcosa da dire ce l’ha ancora.
Marcel Granollers: 6
Comincia male la stagione e rischia di uscire per la prima volta dopo anni dai 100. Poi i quarti a Montecarlo, un quarto turno a Parigi e una serie di buoni risultati che, pur non essendo eclatanti, gli consentono di risalire la china e chiudere l’anno fra i primi 40 in singolo e i primi 20 in doppi, con tre titoli vinti.
Guillermo Garcia-Lopez: 5/6
Stagione molto sottotono in singolo, con qualche turno superato qua e là, senza prestazioni degne di rilievo. Inizia l’atto fra i Top 30, ma chiude con “triste” nº 70. Salva la stagione e sfiora la suffcienza per i suoi buoni risultai in doppio, con un titolo a Winstom-Salem, ma soprattutto con la finale raggiunta a sorpresa agli US Open a fianco di Carreño, che lo porta anche al best ranking di specialità (46). Che si stia preparando per un riciclaggio come doppista?
David Ferrer: 5
L’insufficienza è d’obbligo, segno di una stagione da dimenticare per un Ferrer che per la prima volta da almeno una decina d’anni non vince un titolo né raggiunge una finale. Unico risultato degno di nota i quarti in Australia, ma poi piano piano scivola lontano dalla Top 10, dove ha avuto per molti anni una poltrona prenotata, chiudendo l’anno al numero 21. Dice di avere voglia di riprovarci, ma chissà se riuscirà a dare ancora qualcosa, lui che è ormai alle soglie dei 35 e ha fatto del fisico (oltre che della testa) il fulcro del suo gioco. Un po’ di tristezza per un giocatore che ha avuto la sfortuna di vivere all’ombra di Nadal e avrebbe meritato di più. Se hanno vinto il Roland Garros un Chang, un Gaudio, un Costa o un Ferrero, non avrebbe dovuto in giustizia vincerlo anche lui?
IN CAMPO FEMMINILE una presenza molto meno folta fra le prime 100, con 4 giocatrici soltanto, ma molto più giovani rispetto ai colleghi maschi (l’età media non raggiunge i 24 anni) e accomunate dal fatto di avere raggiunto nel 2016 la loro miglior classifica. Anche per le ragazze va sottolieneato un positivo ritorno al primo gruppo del Fed Cup, come purtroppo ben sanno i tifosi italiani.
A continuazione i miei voti:
Garbiñe Muguruza: 9
La sua stagione è stata un po’ una montagna russa, con un inizio sottotono, poi un crescendo che l’ha portata alle semifinali di Roma e alla grande vittoria al Roland Garros, la prima in uno Slam, dopo la finale di Wimbledon 2015. Poi un fisiologico assestamento ed il ritorno a una serie di risultati non eccezionali, compresa la sua opaca prestazione alle Wta Finals di Singapore. Chiude l’anno al 7º posto dopo aver raggiunto il best ranking a giugno (nº2), ma lo Slam garantisce comunque un voto alto per un 2016 che l’ha anche vista protagonista in Fed Cup e presente per la prima volta ai Giochi Olimpici.
Carla Suárez Navarro: 8
Le darei sempre 10 per il suo gioco così bello e raro nel circuito femminile, che mi fa assaporare il tennis classico e rimpiangere Justine Henin. La buona notizia è che una giocatrice può ancora sopravvivere ad alti livelli con il rovescio a una mano e senza essere alta due metri, urlare come una forsennata e sparare missili terra-aria. Non ha fatto niente dell’altro mondo, anzi ha chiuso l’anno fuori dalle 10 migliori dopo aver raggiunto il best ranking a febbraio (nº6), ma comunque ha vinto il suo secondo titolo Wta (Doha), ha raggiunto i quarti in Australia e superato quattro turni negli altri Slam, risultati molto ma molto migliori rispetto al 2015. Mi sa che il 10 proprio non posso darglielo, ma un 8 credo che se lo meriti.
Lara Arruabarrena: 8
Dopo qualche anno navigando in acque abbastanza stantìe, forse anche grazie al cambio di coach (Andoni Vivanco) la giovane giocatrice basca riesce a salvare una stagione iniziata sottotono, ma culminata a settembre con il secondo titolo Wta (Seul) e il best ranking (61). Due sigilli anche in doppio, best ranking di specialità (28) e, come ciliegina sulla torta, il titolo di campionessa di Spagna (in finale contro Sara Sorribes). La stampa specializzata spagnola l’ha nominata migliore giocatrice dell’anno, riconoscimento concesso in campo machile a Marc López.
Sara Sorribes: 7
Un voto che vuole premiare un percorso constante fatto di piccoli passi: un po’ di vittorie sparse a livello WTA (tra l’altro terzo turno agli Us Open) e buoni risultati a livello Itf l’hanno portata al best ranking a un passo dalle migliori (nº 106), dopo aver iniziato l’anno intorno al posto 180. Dopo una carriera junior costellata di fantastici risultati e illuminata dai riflettori, bisogna rimboccarsi le maniche e andare avanti con calma ed umiltà. La stoffa c’è, eccome se c’è, e i suoi vent’anni appena compiuti lasciano ben sperare.
Silvia Soler-Espinosa: 5
La finale di Bogotà ed il piccolo miglioramento del ranking nel corso dell’anno (da 145 a 128) non sono sufficienti per salvare la stagione della veterana giocatrice di Elche.
Tita Torró-Flor: 4
Un anno da dimenticare, una sconfitta dietro l’altra e un ranking di fine anno oltre il numero 400 del mondo, per lei che un paio d’anni fa si muoveva intorno al numero 50. Ha 24 anni e un buon margine di recupero, ma riuscirà a riprendere le redini del suo tennis?
Paula Badosa Gibert: missing
Bella dalle belle speranze, vincitrice del Roland Garros junior 2015, quest’anno non ha avuto modo di crescere per via delle lesioni (prima una brutta storta alla caviglia e poi uno strappo al quadricipite) che hanno di fatto interrotto a metà stada la sua stagione, relegandola oltre la 300ª posizione. Lei ci crede al 100% e avrà modo di rifarsi. Il tempo è dalla sua parte.
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