di Alessandro Mastroluca
Alla Tennis-Hallen di Stoccolma c’è uno spettatore più concentrato degli altri. Non si perde uno scambio dell’incontro tra Arthur Ashe e Manuel Orantes. l’ultimo del round robin al Commercial Union Masters del 1975. È Ilie Nastase, che deve tifare per l’americano: una vittoria dello spagnolo gli toglierebbe il posto in semifinale. Il 1 dicembre Ashe e Nastase si sono ritrovati in una delle riunioni più inusuali nella storia dell’ATP. C’è da risolvere un problema senza precedenti: il giorno prima hanno giocato contro, e hanno perso tutti e due.
Ashe e Nastase: quasi amici
Si erano già affrontati in finale agli Us Open nel 1972, l’anno in cui Nastase, sesto figlio di una guardia giurata e di una casalinga emigrati dalla Moldavia, è diventato Nasty. A gennaio, abbandona la semifinale del Masters alla Royal Albert Hall contro lo statunitense Clark Graebner: ha vinto un punto con l’aiuto del nastro, ma l’arbitro sostiene che il raccattapalle sia entrato in campo troppo presto. Nastase non vince più un game fino alla fine del set, poi lascia il campo perché si tiene minacciato.
A Forest Hills, Ashe inizia sfoderando il suo miglior serve and volley, mentre Nastase sembra più concentrato a stabilire i rapporti di forza con i giudici di linea. Se la prende con un arbitro di colore, Titus Sparrow, e lancia la racchetta a terra. Si copre gli occhi per prende in giro l’avversario dopo una risposta vincente, il pubblico lo fischia e Ashe si aggiudica il primo set 6-3. Nasty porta a casa il secondo con lo stesso punteggio, e la partita sale di tono. L’americano trova quattro colpi straordinari nel tiebreak che decide il terzo set e apre il quarto con un break. Ma qui Nastase, vicino alla sconfitta, dimostra di avere sette vite. Continua a prendersela con i giudici di linea. Prima lancia un asciugamano, poi fa rimbalzare una pallina non lontano da Jack Stahr, che controlla la riga del servizio, dopo una chiamata che non condivide. Quando serve di più, comunque, dà il meglio di sé. Sul 4-3, a due game dalla vittoria, Ashe subisce un break chiave. Finisce per cedere il quarto parziale e per arrendersi di schianto al quinto: 3-6 6-3 6-7 6-4 6-3.
«È un grande giocatore» commenta Ashe nella cerimonia di premiazione, «forse sarebbe ancora migliore se imparasse un po’ di buone maniere. O forse il segreto del successo è tutto
qui: essere come Ilie Nastase». Quando gli altri tennisti lo vedono giocare ha spiegato Ashe, «non possono che applaudirlo anche se, secondo gli standard americani, è un insensibile». In campo insulta avversari e arbitri, «ma fuori è una persona del tutto diversa. Chi non è tennista non può ammirare fino in fondo il talento di Nastase. In campo galleggia. Fluttua. È un paradosso ambulante, è un prima e un dopo, un inizio e una fine. Se Hegel potesse studiarlo, troverebbe le risposte a tutte le sue domande».
Intrigo a Stoccolma
“È una certezza basilare” scrive Curry Kirkpatrick per iniziare il lungo profilo che gli dedica su Sports Illustrated, “i cattivi sono sempre migliori dei buoni. Nella cattiveria c’è più sostanza, più tecnica, più stile, più rumore, colore, gusto, più immaginazione, più passione, più varietà, più di qualunque altra cosa possiate nominare”. Sostanza e tecnica, stile e rumore, gusto e soprattutto colore: c’è tutto questo e anche di più a Stoccolma, nella città di Alfred Nobel.
Alla vigilia dell’incontro con Ashe, Nastase tiene banco al cocktail bar del Grand Hotel nella capitale svedese. «Domani lo farò impazzire. Gli farò vedere tutti i miei vecchi trucchi e anche qualcuno nuovo». A quel punto l’americano entra nella sala e Nastase lo saluta come fa di solito: «Ciao, Negroni!». Il primo vincitore di colore di uno Slam, che arriva dal trionfo a Wimbledon su Connors, sa che il rumeno non è razzista, anche perché spesso rinfaccia ai sudafricani bianchi di rappresentare una nazione che discrimina i neri. Quel che accade in campo è storia. Nastase vince il primo set 6-1 ma perde il secondo 7-5. Sul 4-1 15-40, con il rumeno alla battuta, Ashe è ormai avviato alla vittoria. Ma i trucchi di Nasty non sono ancora finiti:il rumeno serve mentre c’è ancora una pallina sul campo. L’arbitro, il tedesco occidentale Horst Klosterkemper, fa ripetere il punto. Nastase protesta per un po’, un tifoso gli grida di smetterla e di pensare giocare, lui di tutta risposta inizia a chiacchierare con un altro spettatore. Passano quasi due minuti, poi il rumeno si riporta in posizione e per quattro volte finge solo di servire, e ogni volta grida: «Are you ready, mister Ashe? »Sei pronto adesso, mister Ashe?». Mister Ashe, stanco di quel teatrino, rimette le racchette nel borsone e se ne va. Nastase ha agito contro le regole che lui stesso ha contribuito a scrivere (è tra i primi giocatori ad affiliarsi all’ATP). «Molte volte avevo già pensato di andarmene, ma non l’avevo mai fatto» commenta Ashe, «oggi mi ha fatto uscire di matto per la prima volta in dieci anni. Lo so che ho sbagliato, ma non ne potevo proprio più». Ashe però non sa ancora che Klosterkemper sta parlando al telefono con il della International Lawn Tennis Association, Cecil Hardwick, e squalifica Nastase perché ha perso troppo tempo.«Nessuno ha vinto e nessuno ha perso» spiega. È un caso unico nel tennis maschile, che comunque non sconvolge la formula del torneo e i possibili esiti del round robin. Ma una doppia sconfitta in realtà c’è già stata, in un torneo femminile, al Pacific Southwest Open del 1971. E’ successo in finale, e anche allora per questioni di uguaglianza.
La prima doppia sconfitta
Sono in campo Billie Jean King e Rosemary Casals. Sono grandi amiche, si sono incontrate per la prima volta a Berkeley nel 1964, sono le prime stelle del primo circuito professionistico femminile, il Virginia Slims Tour. King, che due anni dopo darà vita alla WTA e batterà Bobby Riggs nella Battaglia dei Sessi (che fosse truccata o meno poco conta), che nel 1975 viene votata la donna più ammirata del mondo dalla rivista Seventeen davanti a Golda Meir, viene sospesa dalla USLTA, la federazione americana, per aver giocato nel circuito parallelo. Ma il circuito va avanti, e nel 1971 torna a Los Angeles per il secondo anno di fila. Oggi definiremmo il Pacific Southwest Open definiremmo un torneo combined. Pancho Gonzalez a 43 anni vince il titolo maschile in finale sul 19enne Jimmy Connors e guadagna 10 mila dollari. Il montepremi complessivo per le due finaliste del torneo femminile è di soli 6500 dollari.
Sul 2-0 per Billie Jean King nel tiebreak del primo set, una palla di Casals viene chiamata buona dalla giudice di linea Betty Chamie. La “Regina” King non è d’accordo. “C’erano già state sette, otto chiamate dubbie da parte sua. Ormai tiravo e pregavo” spiegherà. Chiede al giudice di sedia, John Coleman, di sostituirla. Ma Coleman non fa nulla. Nonostante le richieste delle giocatrici alla vigilia del torneo, non c’è nemmeno un arbitro che funga da supervisor. King e Casals, insieme, abbandonano il campo. Doppio default.
In realtà, la decisione ha radici molto più profonde. Kramer ha un passato di esternazioni al limite della misoginia, e le compagne di doppio e di lotta vogliono attirare l’attenzione sulla disparità di trattamento tra uomini e donne. Nel 1972 King, che ha vinto gli Us Open ma ha ottenuto 15 mila dollari di Nastase, minaccia l’organizzazione di boicottare l’edizione successiva se i montepremi per uomini e donne non saranno equiparati. Gli Us Open diventeranno l’anno successivo il primo Slam a riconoscere premi uguali per i tornei maschile e femminile.
La decisione finale
Il 1 dicembre 1975, Ashe e Nastase incontrano gli organizzatori del Masters e il presidente della federazione internazionale, Hardwick, restano in riunione per quattro ore. «Dopo aver ascoltato
tutti i fatti» dichiara un portavoce al termine dell’incontro, «abbiamo deciso di soprassedere sulla tecnicità dell’uscita anticipata dal campo di Ashe e di assegnare comunque a lui la vittoria».
Ecco perché Nastase ha bisogno che «Negroni» vinca contro Manolo Orantes. Ashe “lo accontenta” e il rumeno si presenta nella hall dell’albergo riservato ai giocatori con un grosso bouquet di rose rosse, bianche e gialle per “Negroni” che vedendolo con i fiori in mano scoppia a ridere.
Grazie a quel successo di Ashe, Nastase arriverà in finale. Ma non ritrova l’americano, battuto da Borg. La televisione svedese ha programmato uno slot di tre ore per la diretta del match che vale il titolo. Ma l’angelo biondo resta in campo appena 65 minuti. Nasty firma l’ultimo grande successo della sua carriera con il punteggio più largo di sempre in una finale del Masters sulla distanza lunga: 6-2 6-2 6-1. Nonostante la sconfitta in semifinale, le riviste Tennis e World Tennis assegnano a Ashe l’onorifico titolo di miglior giocatore della stagione.
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