di Sergio Pastena
Qualche giorno fa, parlando dello spareggio di Davis vinto dalla Gran Bretagna sulla Slovacchia, avevo evidenziato come gli inglesi avessero un po’ “rubacchiato” grazie a due chiamate discutibili in momenti chiave del match. Nei commenti un lettore ha fatto presente che, in fondo, in Davis cose del genere succedono spesso. Vero, succedono perché quel torneo è un mondo a parte: non gioca il singolo atleta, gioca la nazionale, così accade che ci sia qualche “svista” e che il pubblico, magari, sia un po’ (spesso tanto) più caloroso che nei tornei normali.
Eppure molto raramente, Davis inclusa, ho visto accadere quello che è successo stanotte nel match tra Leonardo Mayer e Thomaz Bellucci, semifinale del Brasil Open in quel di São Paulo. Il torneo fino all’anno scorso si disputava a Costa do Sauipe, nello stato di Bahia, su campi in terra outdoor: solo da quest’anno è stato trasferito a São Paulo, principale città brasiliana, ed è diventato indoor. Si giocava, quindi, nel Complexo Desportivo Constâncio Vaz Guimarães. Una scelta ineccepibile, parlando da un punto di vista commerciale: il risultato, però, è stato un autentico schifo.
Il match, molto equilibrato, ha visto di fronte un Bellucci non proprio al meglio della forma contro l’argentino Leonardo Mayer, meno quotato ma in crescendo di condizione e sempre a suo agio sulla terra (l’anno scorso arrivò al terzo turno nel Roland Garros). Cos’è successo di così grave, dunque? Per capirlo, prendiamo come riferimento lo spareggio Colombia-Usa della Coppa Davis 2010, giocato a Bogotà nella Plaza de Toros: in quell’occasione il tifo raggiunse livelli esasperanti, ad ogni punto colombiano corrispondeva un boato, quando gli avversari non mettevano la prima partiva l’applauso e per fare stare zitti gli spettatori ci volevano ogni volta una quindicina di secondi. Una pressione psicologica molto difficile da sostenere, tant’è che gli americani rischiarono sul serio di perdere.
Ecco: ieri c’era il boato ad ogni punto di Bellucci (niente contro di lui, chiaramente: ha solo giocato la sua partita) ed è giusto che sia così: nessuno vuole “castrare” chi non mantiene un perfetto aplomb nell’esultanza, il tifo fa parte del gioco. C’erano anche gli applausi quando Mayer sbagliava la prima e, sebbene la cosa sia di cattivo gusto e poco sportiva, ci può stare: in giro ci sono tennisti che esultano sui doppi falli avversari, quindi…
Durante la partita di Davis citata, tuttavia, non ricordo che gli americani dovessero affrontare una folla inferocita ad ogni cambio di campo. Sì, perché ogni volta che si cambiava Leonardo Mayer veniva accolto dalla curva sotto la quale andava a giocare con una marea di fischi e di urla: non ho potuto decifrarle, ma non è difficile immaginare che non fossero dichiarazioni d’amore nei suoi confronti.
Ancora oltre: l’arbitro ha passato più tempo a dire “Por favor” che a chiamare i punteggi e il culmine si è avuto quando Mayer è andato a servire per il match sul 5-4 del terzo set. I richiami dell’arbitro sono diventati inutili, l’argentino è stato costretto a servire mentre la gente urlava ancora, un sottofondo costante che, quello proprio no, non può essere tollerabile perché danneggia la concentrazione del giocatore.
Proseguiamo: i fischi al giocatore che chiede la verifica di un segno ci sono un po’ ovunque. Tuttavia non ricordo, neanche nella Plaza de Toros, un’atmosfera così intimidatoria: appena Mayer faceva un segno all’arbitro lo stadio faceva un casino immane. Piccolo dettaglio: il “Complexo Guimaraes” era pieno soltanto per metà, stasera ci sarà più gente e non oso pensare cosa dovrà affrontare Filippo Volandri.
Ma la cosa peggiore è stata un’altra: a un certo punto, sul 4-2 del terzo, sono partiti dei fischi all’indirizzo di un giudice di linea che aveva chiamato out una prima di Bellucci. Sarà stato un caso che, in un paio di occasioni, delle prime buone dell’argentino sono state chiamate fuori? Una era così netta che non c’è stato neanche bisogno di scendere dalla sedia per verificare il punto, il malcapitato arbitro si è limitato a dire “primer servicio” con Mayer che, giustamente, si lamentava. E veniva insultato da mezzo stadio per questo, of course. Alla fine Bellucci l’ha spuntata 7-5 al terzo, mentre una massa di scalmanati sugli spalti si produceva in un’esultanza stile “Circo Massimo ai tempi di Nerone”.
Il tennis, cari i miei brasiliani, non è il calcio: quelle sottospecie di tifosi che erano sugli spalti ieri sera non sono ammissibili, non possono essere tollerate. Se un’organizzazione non è in grado in alcun modo di garantire un minimo di “decenza” negli incontri nei quali gioca un atleta di casa, a mio parere l’Atp avrebbe il preciso dovere di smontare le tende e far traslocare il torneo in un’altra città. Magari tornare a Costa do Sauipe, dove il pubblico pure era calorosissimo ma non è mai arrivato alle vette di inciviltà di ieri. Oppure, se proprio la “torcida” (tra virgolette, perché quella di ieri non era torcida e non era tifo, ma teppa di basso livello) non riesce a stare zitta tra un punto e l’altro e a non insultare gli atleti, che si traslochi in un’altra nazione: il torneo in Brasile non l’ha mica prescritto il medico.
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