Roddick-El Aynaoui 2003: un match, due vincitori

roddick elaynaoui
di Alessandro Mastroluca

Gli imperi della notte stanno svanendo nella notte australiana. Due “tamburini” però continuano a giocare. Nessuno ha più sonno sulla Rod Laver Arena, e poi non c’è nessun altro posto dove andare. Arriva però un momento in cui i tamburini si scoprono, anche se per pochi secondi appena, troppo stanchi per sognare. E di sogno ne regalano uno. Si mettono da parte per riprendere fiato, e lasciano che tutto il centrale di Melbourne assista allo scambio più surreale nella storia del tennis. Perché Andy Roddick e Younes el Aynaoui, sul 19 pari al quinto set, in un quarto di finale Slam, lasciano il campo ai raccattapalle. “L’atmosfera era incredibile” racconta il marocchino. “Grazie ai ballboys ho avuto qualche minuto per riprendere fiato. Ho alzato lo sguardo, ho visto tanti miei tifosi, le bandiere marocchine al vento, i fez. È in quel momento che ho capito la grandezza del match che stavo giocando”.

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Un match che va avanti da quasi cinque ore, eppure arrivano entrambi da un ottavo di finale sfiancante. El Aynaoui ha fermato l’ambizione di Lleyton Hewitt di diventare il primo australiano a vincere lo Slam di casa dopo l’impresa di Mark Edmondson, il giocatore con la più bassa classifica di sempre a raggiungere il titolo in un major, nel 1976. Ha vinto 67 76 76 64, senza mai perdere il servizio, con 75 vincenti. In un match in cui non si vedono palle break per quasi due ore, Rusty, eliminato al primo turno l’anno prima, salva con due punti diretti al servizio due set point sul 5-6 nel secondo, ma paga il passante largo sul 30-30 nel settimo gioco del quarto set. Il doppio fallo successivo fa da preludio al sorpasso e alla vittoria. “Ho dato tutto, ma lui è stato migliore di me” ammette Hewitt, che ha messo largo l’ultimo rovescio sul match point.

“Penso che la mia vittoria abbia sorpreso molti” commenta El Aynaoui. “In fondo, quanti mi conoscono? Non tanti, penso. Ma chi mi conosce sapeva che oggi avevo una chance, perché l’avevo già battuto una volta e ci avevo giocato altre due partite molto lottate”, su tutte il quarto di finale perso pochi mesi prima a Flushing Meadows.

Il marocchino arriva ai quarti per la terza volta in carriera in uno Slam. E affronta Andy Roddick, che ha rimontato due set a Mikhail Youzhny. “Nei primi due set sembrava che giocasse a ping-pong con me” commenta Roddick. La finale di Davis, il miracolo di Bercy, quel quinto singolare che ha seminato di dubbi il futuro di Paul Henri Mathieu, sono ricordi già lontani. Stavolta c’è Youzhny nel ruolo del Tantalo che la vittoria l’ha solo assaporata, avvicinata, e l’ha vista lentamente svanire: A-Rod chiude 67 36 75 63 62.

Il quarto di finale è un rito di passaggio e uno scontro generazionale. È il sogno romantico di una grandezza inattesa per il 31enne El Aynaoui. È il momento della verità per il ventenne Roddick, chiamato a dimostrare di avere la personalità, il carattere per sostenere l’ambizione sua e di una nazione bisognosa di eroi e senza più Pete Sampras.

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L’inizio, però, non è esattamente quello che A-Rod sperava. El Aynaoui gli toglie il servizio al primo game e, dopo i 31 ace contro Hewitt, continua a difendere il vantaggio d’autorità fino al 6-4. Non è una sorpresa per nessuno che tutto il secondo set e i primi dieci punti del tiebreak seguano la successione dei servizi. Gli ultimi due li vince Roddick: 7-5. Nel terzo l’americano è più che mai A-Rod, ma sul 4-5 l’unico a breakare è il marocchino. Roddick protesta per una chiamata molto dubbia su un suo dritto che a tanti sembra buono, ma non al giudice di sedia. Non sarà l’unica lamentela dell’americano, che se la prende con gli arbitri e con i troppi, per lui tattici, toilet break dell’avversario. Il quarto set è una replica del primo, a parti invertite: break in apertura di Roddick e 6-4 finale.

Alle 22.56, ora di Melbourne, El Aynaoui ha una prima occasione di chiudere il match. È avanti 5-4, serve Roddick che annulla il match point con uno di quei vincenti di dritto che provi solo quando non hai alternative e ti riescono quando la ruota della fortuna gira dalla tua parte. Nel successivo turno di battuta, al 56mo game del match, va ancora sotto, stavolta “solo” 15-30, e sceglie la sicurezza, si affida al servizio, per prolungare il match. Contenti tutti i 13 mila spettatori alla Rod Laver Arena, compreso Jim Courier, e i milioni davanti alla tv. Meno i doppisti che saranno costretti ad aspettare l’una di notte per scendere in campo.

Mezz’ora dopo, Roddick va a servire per il match, avanti 11-10. Ha completato il primo break del quinto set, non perde il servizio dalla fine del terzo. Ma questa non è una partita come le altre, quella che sembra la fine è solo un nuovo inizio, è solo un altro giro di giostra. Controbreak: 11 pari. È come se nessuno dei due volesse che la partita finisse, come se nessuno volesse lasciare il campo. Non svegliateci, non fermateci, non ancora.

La qualità di gioco è altissima. Le percentuali di prime stazionano nell’ordine dell’80%, si alternano palle corte mortifere, passanti a tutto braccio e vincenti in tuffo, sudore e proteste, nervi e fair play. E così fino al 19 pari, fino al ballo mascherato della celebrità per i ball boys da consegnare alla posterità. “Ho visto Andy dare la racchetta al raccattapalle e subito ho fatto lo stesso” dirà il marocchino. “Hanno fatto due scambi, sarà durato tutto un paio di minuti. Tornati in campo, mi ha fatto il break, ma non ho mai pensato che abbia lasciato la racchetta apposta”.

E’ davvero l’ultimo giro di giostra del match. El Aynaoui sbaglia l’ultima volée di dritto e dopo 4 ore e 59 minuti è game, set and match Roddick: 4-6 7-6(5) 4-6 6-4 21-19. Diventa il più lungo quinto set nell’era Open, battuto il 20-18 di Mark Philippoussis su Sjeng Schalken al terzo turno a Wimbledon nel 2000. E lo rimane fino a Isner-Mahut che spingono i record di durata in un luogo dove quasi certamente nessun altro potrà mai tornare. Diventa anche il match più lungo, in termini di game, nella storia degli Australian Open dall’introduzione del tiebreak negli Slam, nel 1971. Ma con le 6 ore e 33 minuti di finale, Novak Djokovic e Rafa Nadal riscrivono i primati del torneo e oscurano anche le 5 ore e 11 necessarie a Becker per piegare Omar Camporese all’inizio del suo biennio d’oro, nel 1991.

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L’abbraccio a fine partita basterebbe da solo a raccontare la partita e il senso della passione per questo sport. Non servono parole. I due si lasciano cadere tra le braccia dell’altro con le energie rimaste sotto una standing ovation da brividi. “Il mio rispetto per Younes è cresciuto a dismisura” ha ammesso Roddick. “Abbiamo condiviso qualcosa di speciale”.

È una partita che stravolge le logiche. Alla fine di ogni match c’è sempre un vincitore e uno sconfitto, c’è chi lascia il campo col sorriso sulle labbra e chi esce a testa bassa. Stavolta no. Stavolta sorridono entrambi. E i complimenti son tutti per El Aynaoui, anche quelli di John McEnroe. “Ho giocato una delle più grandi partite nella storia del tennis. È una sensazione strana, ci ho messo un po’ a tornare sulla terra” ha raccontato. “Ma da quel giorno nessuno mi ha più scambiato per James Blake”.

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