di Luca Fiorino
Era esattamente il 17 Luglio del 2011 quando Robin Söderling riduceva in polvere il malcapitato David Ferrer sulla terra di Bastad ed alzava al cielo entusiasta il rivedibile trofeo svedese. Impossibile prevedere che quel torneo in cui anche il ceco Tomas Berdych racimolò solamente un game in una semifinale senza storie, potesse rivelarsi l’ultimo della carriera del tennista di Tibro. La speranza è l’ultima a morire ma anche la prima ad illudere, purtroppo. Sono trascorsi più di tre anni da quella finale vinta in patria ed il motivo per il quale sia ancora lontano dai campi da gioco non è stato forse chiarito con la dovuta accortezza. Spesso si leggono notizie fuorvianti ed infondate a riguardo. Addirittura c’è chi grida allo scandalo e si azzarda ad accusarlo ingiustamente di doping o chi non si capacita di come una mononucleosi possa lasciar fermo ai box uno sportivo per tanto tempo.
La realtà è a ben vedere un’altra: tutto ebbe inizio nell’edizione di Wimbledon 2011 quando il bombardiere svedese perse in tre set contro Bernard Tomic. In quella settimana avvertì un po’ di stanchezza ed un forte mal di gola. Dopo aver riposato una settimana trionfò come detto in quel di Bastad ma accusò nuovamente una certa spossatezza una volta conclusosi il torneo. Vero dunque che dovette imbattersi nella mononucleosi ma ad impedirgli tutt’oggi il rientro è una complicazione detta fatica post-virale, causata da un difetto dei globuli rossi che può presentarsi a seguito proprio di una malattia virale. Robin ci sta provando, i miglioramenti sono visibili ma la paura di non riuscire a farcela persiste. Lo svedese sta lavorando sodo anche se l’affaticamento alla fine degli allenamenti non gli consente ancora di poter tornare a deliziare le platee a suon di clavate e servizi vincenti. Eppure a detta di chi gli è vicino la palla viaggia ancora, il gioco e la pesantezza dei colpi permangono a dispetto di quanto il destino gli ha riservato in questi lunghi anni di calvario.
Una storia, quella del tennista svedese, per certi versi molto particolare sin dagli inizi della carriera. Basti pensare che fin da ragazzo le aspettative su di lui erano enormi tanto che a livello junior raggiunse la posizione numero quattro, la stessa che ha occupato nel Novembre del 2010, suo best ranking. A 20 anni i primi successi, inizialmente sul sintetico di Lione e poi indoor a Milano un anno dopo. Le speranze riposte sullo scandinavo sembravano dunque fondate e la ricerca di un degno erede di Magnus Gustafsson o perfino Magnus Norman pareva ormai una formalità per il popolo svedese. Quello però fu un exploit al quale Robin non riuscì a dare seguito nei successivi tre anni e su cui tanti si chiesero se forse non fossero stati un po’ troppo ottimisti nel giudicare le sue potenzialità. Un altro trionfo nel 2008 ancora a Lione, e tre finali a Rotterdam, Memphis e Stoccolma gli permisero di fare un ulteriore balzo in classifica e di terminare la stagione in 17esima posizione. Un ranking decisamente migliorato ma non ancora abbastanza soddisfacente se confrontato alle sue qualità.
La stagione successiva lo consacrerà finalmente nell’Olimpo del grande tennis tanto da permettergli di disputare le Atp World Tour Finals e di agguantare le semifinali. Il 2009 è senza dubbio l’anno che Söderling non dimenticherà mai e che l’ha lanciato definitivamente fra i big dello “sport del diavolo”. Un tennista poco amato, anzi a dirla tutta uno dei più antipatici del circuito. Tanti lo ricordano oggi per la rivalità nata negli anni con Rafael Nadal e per lo scherzetto riservatogli qualche anno fa a Parigi. Non sono pochi infatti gli episodi che vedono coinvolti lo svedese e il maiorchino.
Il primo a Wimbledon nel 2007 quando Söderling andò a cambiare racchetta mentre Nadal, ignaro di tutto quello che gli accadeva attorno, si preparava a servire. Robin tornò in campo ed entrambi sembravano pronti a riprendere il gioco, ma Nadal rivolgendosi a Söderling, dall’altra parte della rete esclamò:”new balls yeah?” alzando la palla e mostrandola contrariato allo scandinavo. A questo gesto Söderling rispose beffandosi di Nadal imitando il suo stucchevole modo di tirare su i pantaloncini. Nel 2009 al Foro Italico un altro episodio poco carino in cui lo svedese indica il segno di una palla decisamente fuori e distante di più di mezzo metro rispetto quella giustamente giudicata buona. Quel match perso malamente per 6-1 6-0 fu decisivo nella testa dello svedese.
Fece scattare in lui un meccanismo di rivalsa e di pura rabbia agonistica che gli permise poche settimane dopo di battere il maiorchino 6-2 6-7 6-4 7-6 al Roland Garros. La sconfitta di Rafael Nadal in quell’occasione rappresenta ancora oggi l’unica partita persa dallo spagnolo in ben 67 incontri disputati sulla terra parigina. Quella terra che tanto esaltava Robin e su cui interruppe l’anno dopo la serie di 23 semifinali consecutive nei tornei dello Slam di un certo Roger Federer. Vittorie che non passano inosservate e che hanno permesso allo svedese di scrivere una piccola parte della storia del tennis seppur nel palmares di “Södo” non figurino trionfi ma solo finali nei Grandi Slam. Un telaio a 400 punti di inerzia, un tennis aggressivo ed un gioco esplosivo che era un piacere ammirare ma soprattutto ascoltare. Ebbene sì, era a dir poco gradevole udire quel suono che emettevano le corde al momento dell’impatto con la palla, una libidine per le orecchie ma anche per gli occhi di chi ama un tennis aggressivo e “brutale”. Un dritto di una potenza inaudita ed una grande capacità ad adattarsi su più superfici facevano di lui uno dei più importanti outsider dietro ai big four. Fa male parlare al passato così come si fatica a credere che il destino possa essere stato così ingiusto, proprio quando lo svedese sembrava essere nel pieno e nel momento migliore della sua tormentata carriera. Söderling in questi giorni ha parlato e l’ha fatto in qualità di direttore del torneo Atp di Stoccolma tenutosi settimana scorsa, un lavoro nuovo ma mai equiparabile a ciò che faceva qualche anno fa. La speranza in lui però non cessa e ammette di non aver preso ancora una decisione definitiva, non vuole a soli 30 anni smettere di credere in ciò che ha inseguito e lottato per anni. L’esempio di tennisti come Robredo ed Haas gli danno sicuramente lo stimolo e la consapevolezza giusta per pensare che anche una volta superata la soglia dei 30 sia possibile tornare più forti di prima. Il tennis gli manca e anche molto ma c’è un desiderio che lo spinge e gli dà la forza di insistere ancora: l’amore verso questo sport e la possibilità che la figlia possa vederlo giocare, non in videocassetta o su filmati ripresi da Youtube ma dal vivo magari ancora da assoluto protagonista. E allora non possiamo fare altro che augurarglielo di cuore e continuare ad attendere. “Are we the waiting” cantano i Green Day, perché in fondo a quel tunnel Söderling può scorgere un bagliore, una luce che rappresenta allegoricamente la speranza di tutti gli appassionati di tennis che da tre anni a questa parte aspettano ansiosi un suo ritorno.
Never give up Robin, you can do it.
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