Il 2014 è stata la stagione migliore di Roberto Marcora; tre titoli futures, best ranking di 215 e continui miglioramenti sul profilo tecnico. Quest’anno, dopo un avvio incerto, Roberto si è prodotto in una cavalcata di altissimo livello a Guanghzou, cedendo solo in finale al cospetto del giovane belga Kimmer Coppejeans, di cui Lorenzo Cialdani ci parla in questo bel profilo, in una rocambolesca domenica nella quale il nostro ha combattuto per sei set in due distinti incontri. Abbiamo raggiunto Marcora durante una seduta in palestra, e il venticinquenne di Busto Arsizio ci ha concesso una gradevole intervista.
Allora Roberto, direi di iniziare dalla Cina! Raccontaci le tue emozioni e sensazioni riguardo la finale a Guanghzou e la tua esperienza nel torneo.
Direi che è stata una settimana pazzesca in ogni senso; il venerdì precedente al torneo mi ero ritirato dal Challenger di Quimper per problemi al collo. Da lì auto fino a Brest, poi quattro voli per toccare Lione, Milano (dove mia zia mi ha portato una nuova valigia), Hong Kong e Guanghzou. Sono arrivato in Cina che non ricordavo più neanche il mio nome! Inoltre, soffrivo ancora per gli strascichi dei problemi al collo, quindi fino al martedì in cui ho giocato il primo turno con Millman ho potuto scambiare praticamente solo da fermo con il mio coach. Mi sono aiutato con degli antidolorifici, e da lì ho iniziato a sentirmi sempre meglio.
Che ci dici del giorno della finale?
La definirei una domenica intensa! Al di là dell’aver giocato due incontri combattuti a distanza di poche ore, quello che penso mi abbia più danneggiato sono state le numerose interruzioni, una addirittura nella semifinale sul nove pari nel tiebreak del secondo, con già due match point avuti e sprecati. Ce n’é stata un’ennesima anche in finale sul 7-6 3-1 per il mio avversario, e là raffreddandomi ho iniziato ad avere problemi alla spalla, di cui già avevo sofferto in passato. Paradossalmente da quel momento ho attraversato venti minuti di onnipotenza, ho annullato quattro matchpoint con vincenti di ogni tipo e l’ho costretto al terzo, poi ho dovuto alzare bandiera bianca.
Qualche dettaglio sull’organizzazione?
Mi sono trovato benissimo, il centro era fantastico; il direttore dell’accademia è Manuel Jorquera, una persona squisita, che anche la sera ci accompagnava o ci consigliava per poter mangiare qualcosa di adatto a noi atleti, perché in Oriente il problema del cibo è sempre un classico. L’unico è stata la posizione, fuori dal centro e senza nessuno che parlasse inglese, quindi spostarsi non è stato troppo semplice, ma nel complesso direi che potevo trovarmi molto peggio.
Cosa pensi del tuo avversario in finale?
Bravissimo ragazzo, lo conoscevo già da un po’. È un grande atleta, ed è chiaro abbia un futuro brillante davanti a sé; se dovessi scommettere un euro, direi primi cento ad occhi chiusi.
Tornando a parlare del tuo stato fisico, come ti senti adesso, dopo il ritiro a Quimper di inizio mese e quello, presumo precauzionale, a Shenzen di pochi giorni fa?
Ne parlavo oggi con il mio preparatore; per quanto riguarda Shenzen, sapevamo sarebbe andata così. Ho provato a vedere come mi sentivo al mattino, ma mi sono accorto che era inutile forzare, semplicemente non giravo e sarebbe stato un rischio affaticarmi senza cognizione di causa. Il problema al collo di cui ho sofferto in Francia direi che è alle spalle, in questo momento mi sento in ottime condizioni; è chiaro che posso aver risentito della fatica, non capita spesso di dover giocare due partite al terzo, in cui si combattono tre tiebreak, nello stesso giorno, con tutto il dispendio psicofisico che ne consegue, ma adesso sono in buona forma.
Il 2014 è stata la stagione della svolta; tre titoli Futures, di cui due consecutivi a Santa Margherita di Pula, e best ranking. Quest’anno sei partito un po’ lento, con tre sconfitte consecutive in Australia, poi quarti al Challenger di Glasgow, qualche vittoria sparsa per l’Europa e finalmente una settimana di continuità in Cina. Pensi di esserti definitivamente sciolto, di aver ingranato?
Non so dirti se sia scattato qualcosa; di certo sto affrontando un periodo di crescita iniziato un paio d’anni fa. I risultati in Australia non sono stati positivi, ma l’esperienza è stata fantastica, e penso di aver perso giocando un buon tennis. Sono contento di respirare aria che non sia di Futures, dove navigavo esclusivamente fino ad un anno fa, e sono convinto che la mia classifica rispecchi esattamente gli sforzi che sto compiendo. Adesso vorrei continuare a migliorarla.
A proposito della tua classifica, gli ultimi due anni ti hanno visto compiere un balzo notevole, ad inizio 2013 eri 447; ad oggi hai guadagnato quindi più di duecento posizioni, riagganciando questa settimana il tuo best ranking. Come pensi di impostare questi altri due terzi di stagione per cercare di scalare ulteriormente la classifica?
Se ti dicessi che la classifica non mi interessa ti direi una bugia; ma credo che fossilizzarsi solo sulla propria posizione sia deleterio. Voglio invece concentrarmi sul gioco, competere quanto più possibile anche e soprattutto con chi è più forte di me; la partita contro Paire a Quimper che purtroppo non sono riuscito a concludere, quella con Simon a Casablanca lo scorso anno, oppure contro Gimeno-Traver a San Marino, insomma gli incontri con il centrale pieno. Sono questi i match che mi prefiggo di giocare sempre più spesso, perché una volta smesso costituiranno i ricordi che mi porterò più volentieri, piuttosto che un buon piazzamento in un torneo minore.
Da inizio anno hai giocato soltanto sul veloce, complice anche uno stile di gioco che si confà maggiormente a questa superficie; che programmazione hai scelto per lo swing sulla terra rossa europea?
In realtà, sebbene abbia un modo di giocare che magari si adatta meglio al cemento, sono più abituato e mi diverto di più sul rosso, quindi non vedo l’ora di iniziare a sporcarmi i calzini; ho in programma due settimane di preparazione sulla terra, poi riprenderò a giocare a Napoli, e da lì vari altri Challenger come Mersin e Vercelli.
Un altro italiano, forse simile a te per caratteristiche seppur ben più giovane, è salito alla ribalta a Febbraio; cosa pensi di Luca Vanni e che rapporto hai con lui?
Lo conosco benissimo, ci sentiamo spesso, e in occasione delle nostre rispettive finali ci siamo scambiati dei bei messaggi. Ci somigliamo magari per l’altezza e per il buon servizio, ma credo che lui imposti di più il suo gioco sull’uno-due, incontra meglio la palla anche in risposta, mentre io preferisco scambiare e rimanere a fondo. In ogni caso gli auguro ogni bene, ha le qualità e sa di meritarselo, nell’immediato spero possa entrare nei primi 100 e da lì qualcosa in più ogni giorno.
Chiudiamo con una nota sul tuo allenatore: come descriveresti il tuo rapporto con Uros Vico?
È un rapporto che va al di là dell’aspetto professionale; ho iniziato la mia carriera con lui, c’era gran sintonia da subito, e la scelta di farmi seguire da lui sta pagando, perché avere qualcuno che sappia consigliarti anche fuori dal campo è un valore aggiunto di cui non tutti gli atleti possono disporre.
Grazie a Roberto Marcora, e in bocca al lupo per il prosieguo della stagione!