di Sergio Pastena
Se quello che ci si aspettava da Rafael Nadal a Madrid era un segnale di vita, non si può dire che non sia arrivato. Il maiorchino sulla terra di casa ha messo da parte tutte le incertezze recenti ed è sbarcato in finale con l’irruenza di un ciclone: non che il tabellone fosse infernale, a dirla tutta, ma nei quarti ha comunque lasciato sei games a tale Tomas Berdych. Sette ne ha lasciati al bravissimo Bautista Agut, cinque a Nieminen, uno solo al povero Juan Monaco.
Intanto, dall’altra parte del tabellone, risaliva contro corrente quello che non ti aspetti: Kei Nishikori, nazionalità giapponese e scuola bollettierana, capacissimo però di farsi valere anche sulla terra. Due le sfide sofferte: il doppio tie-break con cui ha estromesso dal torneo Raonic e la vittoria in tre set contro Ferrer, sulla quale ben pochi avrebbero scommesso dopo che il tennista di Javea si era andato a prendere il secondo al foto-finish.
In finale, tuttavia, il maiorchino ha dovuto a dir poco faticare per avere la meglio di Nishikori, fermato più dal dolore che dall’avversario: il giapponese ha dominato il primo set, poi nel secondo ha lottato ed infine si è dovuto arrendere sotto 3-0 nel terzo. Partita che lascia due impressioni: Nishikori è nel pieno della maturità e Nadal non è ancora davvero al top.
Capitolo italiani: poco da dire davvero. Seppi ha retto dignitosamente contro Fernando Verdasco, ma i favori del pronostico erano per lo spagnolo e sono stati confermati. Fognini, invece, ha giocato due buoni set contro Dolgopolov, vincendone uno, ma ancora una volta si è avventurato in polemiche che denotano una serenità non perfetta. Un peccato, specie considerando che nei prossimi due mesi ha davvero poco da perdere e tutto da guadagnare.
Varie ed eventuali: Gulbis arriva ai quarti di finale, Thiem sbatte subito fuori Wawrinka ma, soprattutto, stupisce tutti Bautista Agut. Il tennista valenciano è arrivato addirittura in semifinale battendo, tra gli altri, Robredo e Verdasco e superando l’altra sorpresa del torneo, quel Santiago Giraldo sempre più maturo che negli ottavi di finale non ha praticamente fatto vedere palla ad Andy Murray. La terra è anche questo: spesso l’attitudine conta più del talento.
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