Elogio dell’invecchiamento. Un libro già in commercio, ma il giorno in cui Radek Stepanek appenderà la racchetta al chiodo e deciderà di scrivere un’autobiografia farà bene a prendere in considerazione questo titolo. Paragonare il tennista ceco ad una bottiglia di vino è probabilmente riduttivo e alquanto banale, ma la realtà dei fatti è proprio questa: perché nessuno, nella storia moderna del tennis, ha avuto una carriera simile.
Battendo (anzi distruggendo) Stephane Robert con il punteggio di 6-2 6-1 all’ATP 500 di Tokyo, Stepanek è rientrato ufficialmente nei primi cento della classifica mondiale. Lui, che il prossimo 27 novembre spegnerà qualcosa come 38 candeline sulla torta: forse non tutti sono in grado di comprendere la grandiosità di un simile risultato sportivo. Il tennis è cambiato molto ed oggi sono sempre di più i giocatori capaci di dare il meglio in età matura (e di durare più a lungo), ma rimane pur sempre uno sport faticoso, che ti prosciuga: evitiamo di elencare tutti quegli atleti che hanno dovuto alzare bandiera bianca a causa dell’eccessiva usura, intanto Radek è ancora li a giocarsela con ragazzini che potrebbero essere suoi figli.
Negli anni si è parlato di Stepanek soprattutto per motivi extratennistici, le storie d’amore con Martina Hingis, Nicole Vaidisova e Petra Kvitova hanno chiamato in causa anche i giornali di cronaca rosa, ma non bisogna farsi distrarre da tutto questo perché il ceco è ancora oggi un atleta con la A maiuscola. Al termine del 2015 era il numero 219 delle classifiche: fino agli Us Open 2014 si trovava in 39esima posizione, poi una serie di problemi fisici (anca, schiena, gamba destra) lo fecero precipitare al numero 369 (tornò in campo l’aprile successivo). Risalire la china a quell’età sarebbe stata dura per chiunque, ma non per l’ironman ceco: solo Tommy Haas riuscì a compiere qualcosa di simile.
Ma quando c’è il talento, tutto è possibile: nonostante gli acciacchi, Stepanek riesce a giocare ancora oggi il suo tennis unico fatto di colpi piatti, serve and volley e discese a rete. Fosse stato un tennista degli anni ’80, ora avrebbe un palmares più ricco anche se tutto sommato non gli è andata cosi male: cinque tornei in singolare (l’ultimo il 7 agosto 2011, quando a Washington fece impazzire Gael Monfils), diciotto vittorie in doppio tra cui due Slam (Australian Open 2012 e Us Open 2013, entrambi con Leander Paes), due Davis Cup (2012 e 2013). Numeri incredibili per un ragazzo che entrò per la prima volta nei cento nel 2002, a quasi 24 anni, quando a Gstaad raggiunse le semifinali battendo un certo Roger Federer.
Non tornerà mai più in alto, l’ottava posizione del 2006 rimarrà un’asticella insuperabile però questo non cambia la sostanza delle cose: uno Stepanek immenso, e pazienza se dopo la vittoria contro Robert ha dovuto ritirarsi dal torneo nipponico (maledetta schiena). Teniamocelo stretto, con i suoi pregi ed i suoi difetti (dicono che abbia un caratteraccio, ma nessuno è perfetto): un giocatore che a 37 raggiunge una finale Slam in doppio e che al primo turno del Roland Garros rischia di prendere a calci il numero 2 mondiale merita tutta l’ammirazione possibile.
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