di Alessandro Nizegorodcew e Marco Mazzoni
Gianluigi Quinzi sembra essersi finalmente sbloccato. Nella bellissima cornice del Tennis Club Napoli, il marchigiano ha saputo battere Blaz Rola e Flavio Cipolla prima di arrendersi nei quarti di finale, ma solamente 7-6 al terzo, a Marco Cecchinato. Alessandro Nizegorodcew (i Pro) e Marco Mazzoni (i Contro) si sono soffermati sugli elementi positivi e negativi del tennis espresso da Quinzi nella settimana campana.
Quinzi, cosa va (Alessandro Nizegorodcew)
Come vedremo nella seconda parte, curata da Marco Mazzoni, Quinzi ha certamente molte lacune da colmare, alcune più gravi, altre meno. Ma ciò che balza agli occhi di positivo è che, attualmente, con tutti i limiti tecnico-tattici, può già valere ampiamente un posto in Top-200. Sbloccarsi mentalmente e vincere qualche match a livello challenger, portando di conseguenza a casa un buon numero di punti, ha trasmesso fiducia e sicurezza a Gianluigi, che ha saputo tenere, a tratti, un ritmo alto unito a una più che discreta qualità.
Il diritto è migliorato sensibilmente, la velocità (che comunque non si avvicina minimamente a quella espressa in allenamento) è aumentata così come la profondità e la pesantezza. Ottime soluzioni quando si entra nello scambio, qualche difficoltà in più nel chiudere il colpo subito dopo il servizio. La palla viaggia e a livello challenger può farne soffrire molti.
Quando Gianluigi comanda lo scambio il rovescio è un’arma devastante, sale benissimo sopra la palla e può tirare il vincente in lungolinea così come incrociato. In difesa, come vedremo, fa invece molta più fatica. Buona la ricerca della rete, che è però più conseguenza dei punti comandati che inevitabilmente lo portano a chiudere al volo con lo smash o comode volée.
L’intensità che riesce a dare agli scambi è un’arma ancor più importante delle stesse accelerazioni. Chi si trova dall’altra parte della rete è quasi sempre costretto a rincorrere e a faticare.
Rispetto al 2014, nel complesso, è molto più aggressivo e non dover continuamente difendere gli permette di essere più lucido tatticamente. E’ probabilmente questo l’aspetto più interessante della crescita di Quinzi, che nelle prime esperienze challenger si ritrovava spesso a maratone molto stancanti che lo vedevano cedere nei momenti decisivi per mancanza di energie fisiche e nervose. Oggi invece i piedi sono molto vicini alla riga, spesso anche all’interno del campo, per uno stile di gioco votato sempre a colpi propositivi.
Sarà fondamentale però che la guida tecnica (oggi coach Monachesi, mentre nei tornei in Italia c’è Umberto Rianna al seguito di tutti gli Over 18 più interessanti) non sia più cambiata almeno per 18-24 mesi.
Riassumendo. Per uno come Quinzi, a prescindere dalle migliore, vale il noto detto: “vincere aiuta a vincere”. Con tutti i limiti che Marco ha sottolineato qui sotto, il suo reale valore può essere tranquillamente quello di un 150-200 Atp. Ora però vanno portati a casa risultati di rilievo e, di conseguenza, punti pesanti per il ranking Atp che lunedì reciterà 334.
Quinzi, cosa non va (Marco Mazzoni)
Il rovescio è un colpo piuttosto buono ma monodimensionale, troppo ancorato agli schemi del cemento e del rapido, mentre quando deve lavorare la palla per un colpo di scambio va in difficoltà, come per cambiare ritmo. Anche in difesa non riesce ad avere la stessa sicurezza e facilità rispetto a quando impatta con anticipo in spinta. Forse il tutto deriva anche dalla posizione di impatto, corretta col peso del corpo in avanti, ma un po’ rigida. Essendo un colpo naturale, si può lavorare con discreto profitto, ma è un passaggio fondamentale per un salto di qualità, e serve anche un diverso approccio mentale al colpo stesso.
Tende a farsi venire la palla troppo addosso, sia col rovescio che col dritto, e questo gli fa “strozzare” il colpo, perdendo di ampiezza nel gesto, e quindi di potenza e di precisione nella spinta. Dipende molto dal gioco di piedi, che è da migliorare. Migliorare il gioco di piedi e gli appoggi lo aiuterà anche ad anticipare i colpi, quindi essere più preciso ed aggressivo, è ancora disordinato.
Come sempre, quindi, non sfrutta l’ampiezza delle sue (lunghe) leve, abbassandosi e “ingobbendosi”. Perde spinta, potrebbe generare più velocità e rotazione sfruttando la massima ampiezza (Federer-Nadal colpiscono sempre con il braccio alla massima estensione e distanza della palla).
Il dritto rispetto all’anno scorso è migliorato, più veloce e potente, ma è ancora poco incisivo per fare la differenza a livello ATP. Entra poco nella palla, con un movimento troppo macchinoso e poco fluido, con cui non riesce a scaricare la potenza ed il peso. Infatti i migliori dritti li tira quando fa un passo avanti aggredendo una palla più corta, perché velocizza il gesto e sfrutta l’inerzia.
Sfrutta troppo poco il suo naturale mancinismo, con cui potrebbe mettere in difficoltà gli avversari con angoli e traiettorie insidiose. Paradossalmente, gioca “quasi come un destro”, ed è una pecca gravissima perché i suoi schemi potrebbero essere molto più insidiosi nella spinta, e potrebbe uscire meglio da certi fasi difensive.
Servizio è il punto dolente. Il movimento è poco efficiente in molte fasi, dal caricamento alla chiusura. Sarebbe ideale poterlo cancellare del tutto e ripartire da zero, ma cambiare il servizio con un tennis già strutturato è molto complicato. Alcuni punti: i lancio di palla è troppo basso, spesso anche laterale, non fa in tempo ad estendere il braccio a cercare una buona altezza e così sfruttare le leve. Il mulinello nel caricamento è veloce, ma ribalta appena le spalle; inarca la schiena per il caricamento ma senza riuscire a trasferire il peso del corpo. Non sfrutta ampiezza, non fa in tempo caricare ed esplodere potenza. Escono servizi mediamente sicuri con percentuali discrete, ma troppo carichi e poco veloci, non così lunghi, non così angolati. Non può sorprendere un avversario con il servizio, tanto che i ribattitori intuiscono e poi aggrediscono già la sua prima. Non è un colpo con cui può fare una differenza, oggi a livello ATP la sua prima vale una discreta seconda. Per migliorare servirebbe rivoltare le basi meccaniche del colpo, cosa che temo sia molto, molto difficile. Ritengo personalmente inconcepibile la scelta di aver perso così tanto tempo da teenager non concentrando il lavoro sul servizio.
Mentalmente ha bisogno di lavorare, e ha bisogno di giocare (e vincere) molte partite per riuscire ad esprimere il miglior tennis anche sotto tensione. Evidente anche nel match con Cecchinato come senta troppo il momento, si irrigidisce e tutto il suo tennis crolla di sicurezza e qualità. Tutto funziona peggio: il servizio non entra, perde lunghezza dei colpi o li strappa con troppa fretta; oppure diventa conservativo, senza trovare la giusta via di mezzo tra spinta e controllo. E’ una fase naturale di crescita, unico modo è affrontarla in campo per migliorare sicurezza e lasciare andare il braccio.
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