di Alessandro Mastroluca
I quattro match point salvati da Klizan al primo turno delle qualificazioni a Pechino sono l’occasione per un viaggio nella memoria. Abbiamo scelto venti rimonte memorabili che racchiudono gli ultimi quarant’anni di tennis. E’ un’antologia che non vuole e non può certo essere esaustiva. E come tutte le antologie, è il risultato di scelte, di selezioni, di esclusioni. Il viaggio inizia nell’estate del 1975.
1975, Orantes b Vilas 46 16 62 75 64 – Us Open, semifinale
Per la prima volta sulla terra del West Side Tennis Club si gioca anche di sera. E le luci artificiali a Forest Hills fanno da cornice a una delle più straordinarie rimonte nella storia degli Slam. Guillermo Vilas ha vinto facilmente i primi due set contro lo spagnolo Manolo Orantes, che ha raccolto solo 5 game. Orantes vince il terzo, ma si ritrova sotto 5-0 40-15 nel quarto. Salva 5 match point, però, anche con soluzioni non proprio da terraiolo (un lob al volo e un serve and volley) e chiude 64 al quinto. Tornato in camera, scopre che c’è una perdita d’acqua. Un idraulico lavora fino a notte tarda. La mattina dopo lo spagnolo, con poche ore di sonno, domina Jimmy Connors, che perde così la terza finale Slam stagionale, e conquista l’unico major della sua carriera.
1980, Connors b Caujolle 36 26 75 61 61 – Roland Garros, secondo turno
“Non avevo mai rimontato così prima d’ora” ha commentato Jimmy Connors dopo aver sconfitto Jean-Francois Caujolle, attuale direttore del torneo di Marsiglia. Caujolle, che aveva sorpreso Jimbo due mesi prima a Montecarlo, allunga 63 62 52. Connors deve salvare un match point e si butta a rete, Caujolle mette largo il passante e l’americano inizia a risalire. Vincerà 17 degli ultimi 19 game, con il pubblico che alla fine fa stranamente, e apertamente, il tifo per lui.
1981, Lendl b Gerulaitis 67 26 76 62 64 – Masters, finale
New York, 1981. Lendl porta il tennis nell’era moderna. Il quarto turno degli Us Open è la sfida del passato, delle racchette di legno e del serve and volley, contro il futuro. Per l’ultima volta, l’arte riuscì a imporsi. Gerulaitis, il tennista “tutta Vitas”, amico di Andy Warhol, sempre presente allo Studio 54, che riusciva a combinare nightlife, cocaina e volée, vince i primi due set. Lendl porta il match al quinto, ma Gerulaitis neutralizza l’ultimo passante e chiude 64 al quinto. Non si presenta in conferenza stampa perché, dice, “devo andare a fare la spesa”. Si ritrovano al Madison Square Garden per il Masters, a gennaio 1982. Anche qui Gerulaitis vince i primi due set. Ha un match point sul 6-5 nel tiebreak del terzo, ma Lendl lo cancella con un preciso vincente di dritto. L’incontro gira e Lendl, battuto 12 mesi prima da Borg, conquista il primo titolo di prestigio della sua carriera, il primo dei suoi cinque Masters, nella seconda delle sue nove finali consecutive.
1984, Lendl b McEnroe 36 26 64 75 75 – Roland Garros, finale
«Il 24 gennaio Apple Computer introdurrà Macintosh. E tu capirai perché il 1984 non potrà essere come il “1984″» di George Orwell. Così recita lo slogan scelto da Apple per lanciare il Mac nella finale del Superbowl tra i Los Angeles Raiders e i Washington Redskins. Il 1984 è l’anno del Mac e l’anno di BigMc, alias Superbrat, alias Rebel with a cause, alias John McEnroe, che si presenta sotto il sole cocente del Bois de Boulogne per la finale del Roland Garros contro Ivan Lendl con una serie di 37 vittorie di fila e nessuna sconfitta. Lendl, che ha perso le prime quattro finali Slam in carriera, perde anche i primi due set della quinta. Nel terzo McEnroe si distrae, manca 4 palle break nel quinto game, perde il servizio, controbreaka ma mette in rete l’ultimo rovescio sul set point. Nel quarto torna a giocare come all’inizio, vola 4-1 poi se la prende con un fotografo. A questo punto comincia un processo di “cupio dissolvi” fino all’ultimo errore, una elementare volée di dritto a campo aperto. È la quarta volta nella storia del torneo che il vincitore recupera uno svantaggio di due set in finale.
1991, Connors b P.McEnroe 46 67 64 62 64 – Us Open
Si sta facendo tardi a New York. I tifosi stanno lasciando il Louis Armstrong. Jimmy Connors, a pochi giorni dal 39mo compleanno, è a nove punti dall’eliminazione al primo turno contro Patrick McEnroe. Ha perso i primi due set, è sotto 0-3 0-40 nel terzo. Chi lascia lo stadio non sa che sta perdendo un appuntamento con la storia. All’1.35 della notte americana, Connors chiude 64 al quinto. “Ho davvero vinto questa partita?” si chiede. Sì, l’ha vinta davvero. E il meglio deve ancora venire. Qualche indizio? Labour day, Happy birthday, Aaron Krickstein.
1993, Masur b Morgan 36 46 63 64 75 – Us Open, ottavi
E’ spalle al muro il 30enne Wally Masur. Ha perso i primi due set, ma è riuscito a portare al quinto il connazionale James Morgan, che di anni ne ha otto di meno ed è al primo Us Open in carriera. Morgan allunga 5-0. Masur inizia a pensare che manca da casa da quattro mesi, alla vacanza che vuole prendersi a Sydney. Ma vince un game a zero. E un altro. E un altro. E un altro ancora. Vince 16 punti di fila, ne vincerà 18 degli ultimi 19.. Wally Masur si qualifica così al primo quarto di finale Slam dagli Australian Open di 10 anni prima. “Non posso ancora crederci” commenta dopo aver completato la rimonta in 3 ore e 25 minuti. Batterà anche Magnus Larsson e si fermerà solo in semifinale contro Cedric Pioline.
1993, Fernandez b. Sabatini 16 75 10-8 – Roland Garros, quarti
Gabriela Sabatini ha un piede e mezzo in semifinale. È avanti 61 51 su Mary Joe Fernandez, ma entra in crisi. Spreca cinque match point, si incarta in un doppio fallo dietro l’altro e finisce per cedere 10-8 al terzo.
1994, Larsson b Dreekman 36 67 76 60 61 – Roland Garros, quarti
Hendrick Dreekman è al secondo Slam in carriera. E sta sfiorando l’impresa. È avanti due set a zero nel quarto di finale contro Magnus Larsson, che nel terzo si ritrova sotto 4-5 15-40, ma si salva. “Lui stava giocando un tennis incredibile, colpiva sempre in anticipo. Non avevo avuto nemmeno una chance”. Due game più in là la scena si ripete. Larsson cancella il match point numero 3 con uno dei suoi 19 ace e il quarto con un meraviglioso passante in corsa dopo una seconda di servizio. Cancella anche il quinto, con un dritto vincente, ne regala un sesto con un doppio fallo, annulla anche questo e porta il set al tiebreak con un altro ace. La partita finisce qui. Larsson vince il tiebreak e completa gli ultimi due set in 43 minuti. “Non riuscivo a pensare ad altro che a quei sei match point” ammette Dreekman.
1995, Sampras b Courier 67 67 63 64 64 – Australian Open, quarti
“Vinci per il tuo coach!”. Quando sente questo grido d’incitamento che arriva dagli spalti, Pete Sampras non ce la fa più a contenersi e scoppia in lacrime. Il coach è Tim Gullikson, cui l’anno prima è stato diagnosticato un cancro al cervello, ma nonostante tutto è andato a Melbourne, ha anteposto l’amicizia e l’impegno lavorativo alla sua salute. Il giorno prima, però, ha avuto un malore, come già gli era successo in passato. Sampras si sta giocando un posto in semifinale agli Australian Open contro l’amico Jim Courier. Sono stati a cena insieme durante il torneo, ma in campo non c’è rapporto che tenga. Sampras rimonta due set, si asciuga le lacrime e gioca un quinto parziale semplicemente perfetto al servizio.
1996, Washington b. Martin 57 64 67 63 10-8 – Wimbledon, semifinale
Dal primo all’ultimo punto della semifinale di Wimbledon 1996 passano 25 ore, 3 e 49 di gioco effettivo. Malivai Washington recupera da sotto due set a uno e da 5-1 nel quinto e diventa il primo nero in finale nel regno dei gesti e dei vestiti bianchi dopo il capolavoro di Arthur Ashe su Connors del 1975. Nel quinto set succede di tutto. Martin serve per il match due volte e due volte si fa breakare. Sul 6-6 serve quello che sembra l’11mo doppio fallo nel 13mo game, dopo aver salvato 2 palle break. Washington pensa così di averne una terza, ma il ciclope non suona, il giudice di linea la vede buona e l’arbitro Rebeuh, schiaffeggiato l’anno prima dalla moglie di Tarango, fa rigiocare il punto. Martin stampa il 23mo ace, tiene il servizio e sul 7-6 cade la pioggia, per la quarta volta durante il match. Dopo 35 minuti di pausa e tre game di servizio tenuti senza difficoltà, Martin mette a rete un dritto facile, Washington sale 9-8 e chiude vincendo gli ultimi 4 punti.
1999, Agassi b Medvedev 16 26 64 63 64 – Roland Garros, finale
Piove all’inizio del secondo set della finale di Parigi. Agassi in spogliatoio discute con il coach Brad Gilbert, che prende a pugni un armadietto. “Se devi perdere” gli dice, come racconta Agassi in Open, “almeno fallo alle tue condizioni. Colpisci quella cazzo di palla”. Agassi perde anche il secondo set, che fila via con un 6-2 senza storia. Nel terzo va avanti di un break (4-2) ma lo perde subito. Sul 4-4 sbaglia 5 servizi di fila dal 30-15, un errore manderebbe Medvedev a servire per il match. Agassi continua a servire forte e alla fine conquista il punto. È il momento decisivo per entrambi, scrive ancora Agassi. “Segna la svolta del match e forse nella vita di tutti e due noi”. Nel quinto Agassi manca due match point sul 5-3 15-40. “Se non vinco questa cosa adesso”, pensa, “sarò nei panni di Medvedev, ossessionato dall’idea di quanto c’ero andato vicino”. Ma quando Medvedev manca l’ultima risposta, per Agassi è il momento di una gioia difficile anche solo da pensare. “Sono terrorizzato da quanto è bello. Vincere non dovrebbe essere così bello. Non dovrebbe mai importare così tanto. Ma è così e non posso farci niente”. Per la prima volta, Agassi festeggia una vittoria mandando baci ai quattro lati del campo. Da quel giorno lo farà dopo ogni partita vinta fino alla fine della carriera.
2002, Ferreira b. Ljubicic 46 46 76 63 75 – Australian Open, terzo turno
Ivan Ljubicic sta veleggiando verso gli ottavi di finale a Melbourne. È in vantaggio di due set, conduce 5-1 nel terzo e non ha concesso nemmeno una palla break a Wayne Ferreira. “Sul 5-1 non credevo che avrei avuto una chance” racconta il sudafricano. E invece la chance arriva. Ferreira strappa due break di fila, porta il set al tiebreak, lo vince 7-3 e inizia la più straordinaria rimonta della sua carriera. Finirà il torneo ritirandosi contro Safin nei quarti. L’anno dopo farà meglio: raggiungerà la sua unica semifinale Slam.
2002, Capriati b Hingis 46 76 62 – Australian Open, finale
Jennifer Capriati sa che cosa vuol dire risalire, ritornare dopo essersi trovata con le spalle al muro, nel tennis e nella vita. L’anno prima, nel 2001, ha vinto i suoi primi due Slam, l’Australian Open e il Roland Garros. Melbourne è anche lo Slam preferito di Martina Hingis, alla sesta finale consecutiva, che vola 64 40, mentre l’americana se la prende con la giudice di linea, e manca 4 match point. Capriati vince un tiebreak intensissimo 9-7 e diventa la seconda giocatrice a conquistare il titolo all’Australian Open dopo aver salvato almeno un match point, la prima nell’era Open: c’era riuscita solo Mary Carter nel 1956.
2002, V.Williams b. Henin 26 75 76 – Amelia Island, finale
Justin Henin sta giocando la terza partita in 24 ore, ma non si direbbe a giudicare dai primi 12 game. È avanti 62 40 contro una Venus Williams in vena di errori, saranno 60 i gratuiti a fine partita. “Negli anni, ho perso tante partite come questa” ha commentato Venus. “Due anni fa, sono arrivata al punto che ero stanca di perdere così, ero stanca di guardare le altre festeggiare. Non volevo perdere 62 60. Ho vinto un game, poi un altro, e mi continuavo a dire: oggi non perderai”. E non perderà, anche se va per due volte a due punti dalla sconfitta. Per due volte Henin serve per il match, ma invano.
2003, Hewitt b. Federer 57 26 76 75 61 – Coppa Davis, semifinale
“L’esperienza con la Coppa Davis è nata come una storia d’amore. All’inizio della carriera per me era il massimo, e l’esordio è uno dei miei ricordi più belli”, ha detto Federer. Ma l’amore è svanito rapidamente, anche per colpa di Lleyton Hewitt. Nella semifinale del 2003, a Melbourne, per due set e mezzo lo svizzero domina e sembra avviato all’undicesima vittoria nella manifestazione. Federer serve per il match (5-3), ma subisce il controbreak e perde il terzo set al tiebreak. Il resto è storia. È uno spiritato Hewitt che porta l’Australia prima in finale contro la Spagna poi ad alzare l’ultima insalatiera nella storia del tennis Aussie. Un impresa simile riuscirà a Tsonga a Wimbledon nel 2011: il francese è il primo capace di rimontare due set allo svizzero in uno Slam.
2003, Roddick b Nalbandian 67 36 76 61 63 – Us Open, semifinale
Nalbandian gioca due set sontuosi a New York contro Andy Roddick. È il treno della vita per l’argentino, che arriva al match point sul 6-5 nel tiebreak del terzo. Roddick gli serve l’ennesima bomba sul rovescio, Nalbandian fa un passo di troppo verso destra e manca l’unico match point che avrà in tutta la partita. Da lì in poi è un monologo di A-Rod che ringrazia Juan Carlos Ferrero per la vittoria su Agassi in semifinale e si avvia a vincere il suo unico Slam.
2003, Henin b. Capriati 46 75 76 – Us Open, finale
La fortuna aiuta gli audaci. E di audacia ne serve parecchia a Justine Henin. Il pubblico dell’Arthur Ashe è tutto per Jennifer Capriati che ha rimontato da 1-4 nel primo set vincendo 5 game di fila e si ritroverà per 11 volte a due punti dal titolo. Henin va sotto 5-3 nel secondo e 5-2 nel terzo, e in più ha i crampi alla coscia sinistra. “Avevo la partita in mano” ammette Capriati, “dovevo vincere. Questa finale l’ho persa da sola”.
2005, Agassi b. Blake 36 36 63 63 76 – Us Open, quarti
Because the night belongs to Andre. James Blake, in tabellone grazie a una wild card, va avanti di due set e ha un break di vantaggio nel terzo. Dopo uno scambio di break e controbreak, va a servire per il match sul 5-3. “Libero dal pensiero di vincere, gioco immediatamente meglio” scrive Agassi in Open. “Me le ha suonate per sette riprese di fila e alla fine io all’ottava gli assesto un colpo subdolo facendolo barcollare proprio nel momento in cui suona la campana”. La partita gira, Agassi la porta al tiebreak del quinto. L’8-6 finale è la misura di un capolavoro che lo rende il più anziano semifinalista a Flushing Meadows dopo Connors. “E’ stato un modo davvero favoloso di passare una serata” chiosa.
2008, Murray b Gasquet 57 36 76 62 64 – Wimbledon, ottavi
La storia di Gasquet è fatta di cadute rovinose e di ardite risalite. A 15 anni e 10 mesi vince il suo primo match nel circuito maggiore, contro Squillari (l’ultimo mancino prima di Nadal a battere Roger Federer). A 21 anni è già nella ristrettissima élite di giocatori capaci di vincere almeno un torneo su tutte le superfici. Sembra destinato a dare risposta affermativa alla domanda che campeggiava sotto la sua faccia di bambino, a nove anni, sulla copertina di Tennis Magazine: ″E’ Richard G il campione che la Francia sta tanto aspettando”. Quando la barra delle aspettative è così alta, ogni traguardo appena inferiore diventa un fallimento agli occhi degli altri. A Wimbledon, sta giocando un match da paura contro Murray. Serve avanti 75 63 54, poi comincia la paura. E il Braveheart Murray la fiuta, comincia un’altra battaglia che si chiude nel trionfo dei flash nella notte di Wimbledon, con Gasquet che chiede invano la sospensione per oscurità e Murray che si regala il sogno del primo quarto di finale Slam in carriera.
2012, Azarenka b. Cibulkova 16 76 75 – Miami, ottavi
Per quasi due set Dominika Cibilkova gioca un tennis perfetto, irreale. Prende a pallate la numero 1 del mondo: prima 50, poi 61, poi 61 40, poi 61 52. Se Vika tira forte, Cibulkova tira ancora più forte e scandisce i vincenti a suon di “Alè” che fanno infuriare un’Azarenka in totale confusione. Ma alla prima occasione, Vika grida “Alè”: è un grido di battaglia, è il segno che la partita è entrata in un’altra dimensione. Cibulkova salva 4 set point nel tiebreak, va a due punti dal successo sia nel secondo sia nel terzo set, ma non basta. E quando il gioco si fa duro, Vika gioca meglio di tutti.
E adesso giocate con noi: quali sono le rimonte che ricordate di più?
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