di Andrea Martina
La regola è molto semplice: se un giocatore iscritto al tabellone principale di un torneo non riesce a scendere in campo per la sua prima partita al suo posto subentra il lucky loser, ovvero un ripescato dal torneo di qualificazione. Un espediente volto a tutelare il gioco e a non concedere almeno nei primi turni buchi in tabellone, nonostante alcuni preferiscano vedere un accesso diretto al turno successivo anziché un tennista con una sconfitta sulle spalle nel tabellone principale.
Tra uomini e donne sono stati solo sette i casi di torneo vinto da un tennista sconfitto nelle qualificazioni e poi ripescato. Nel 1978 il primo fu Heinz Gunthardt a Springfield seguito qualche settimana dopo da Bill Scanlon a Maui (Hawaii), due anni più tardi arrivò la prima e unica affermazione femminile con Andrea Jaeger a Los Angeles, mentre tra il 1990 e il 1991 ci riuscirono prima Francisco Clavet e poi Christian Miniussi. Arrivando a storie più fresche si può ricordare il capolavoro fatto dal ripescato Stakhovsky nel torneo di Zagabria del 2008: in una settimana riuscì a battere Karlovic, Troicki, Tipsarevic, Bolelli e Ljubicic. Un anno più tardi toccò all’americano Rajeev Ram: eliminato senza scendere in campo nelle qualificazioni, sfruttò il ritiro della testa di serie numero 1 Mardy Fish (impegnato in Coppa Davis) per entrare in tabellone e vincere addirittura il torneo con conseguente ingresso nella top 100. Tutte queste vittorie corrispondono al primo ATP vinto in carriera.
Rimanendo nell’attualità si registra anche un miracolo sfiorato al torneo di Vienna del 2010 con la finale tutta casalinga tra Jurgen Melzer e Andreas Haider-Maurer. Anche quest’ultimo arrivò alla finale da lucky loser battendo nonno Muster, Seppi, Cilic e Berrer, ma nell’atto finale si fermò a due punti da una storica vittoria. Nello stesso anno un’impresa analoga riuscì anche a Granollers nell’ATP 500 di Valencia vinto da Ferrer.
Spostandoci a tornei di un livello superiore abbiamo addirittura casi di lucky loser arrivati alla seconda settimana di uno slam, ma mai oltre gli ottavi di finale. Tra gli ultimi casi si possono ricordare Dick Norman che da ripescato diventò la scheggia impazzita di Wimbledon 1995: vinse al primo turno contro Pat Cash (ritiro dopo un set), eliminò sua maestà Edberg in tre set e successivamente l’australiano Woodbridge per poi perdere da Boris Becker. Dopo 22 anni toccò al giovane Goffin replicare un risultato simile al Roland Garros raggiungendo l’ottavo di finale contro Federer in cui riuscì anche ad aggiudicarsi un set. L’ultimo caso, se vogliamo il più eclatante, riguarda l’Australian Open 2014 dove i lucky loser in tabellone erano solo Robert e Klizan: riuscirono ad incontrarsi nel terzo turno in un derby tutto inedito e il francese ebbe la meglio.
Nei tornei Masters, invece, Thomas Johansson era stato l’unico lucky loser ad aver raggiunto una semifinale (Canada Masters 2004) almeno fino a quando la dea bendata ha baciato clamorosamente Lucas Pouille nell’ultima edizione degli Internazionali d’Italia.
Più Pouille andava avanti nel torneo e più tornava nella mente una delle storie sportive più assurde: quella del pattinatore australiano Steven Bradbury, medaglia d’oro alle olimpiadi invernali di Salt Lake City del 2012. Ai quarti di finale sfruttò la squalifica del secondo classificato per andare avanti, in semifinale caddero tre avversari e l’unico rimasto in piedi insieme a lui fu a sua volta squalificato e in finale restò ultimo per tutta la gara, ma alla curva prima dell’arrivo caddero tutti e quattro gli avversari che aveva davanti: medaglia d’oro. Successo amplificato da un memorabile servizio della Gialappa’s Band.
Ma restando nel tennis, paragonare l’impresa di Pouille a quella di Johansson può sembrare fuori luogo, dal momento che il tennista svedese riuscì a vincere almeno quattro partite prima di raggiungere la semifinale in Canada. A Roma Pouille era riuscito a battere Arnaboldi al primo turno di qualificazione, ma nel turno successivo era stato estromesso da Kukushkin in due set. Il successivo ritiro di Tsonga in tabellone apriva il ripescaggio: Pouille non solo accede al tabellone principale, ma va direttamente al secondo turno perché sfrutta il bye di Tsonga che era tra le prime otto teste di serie.
Il suo primo match lo gioca contro Gulbis, peraltro qualificato, ed è praticamente ad un passo dal salutare definitivamente Roma: sotto di un set e indietro 4/2 nel secondo parziale. In quell’esatto momento cambia la carriera di Pouille che mette a segno quattro giochi consecutivi e chiude il set decisivo per 7/5. Nell’ottavo di finale contro Ferrer arriva poi una grandissima prestazione (6/4 6/1) influenzata però dalle condizioni non ottimali del tennista spagnolo. Seguendo l’ordine delle teste di serie, nei quarti di finale dovrebbe esserci Stan Wawrinka che perderà sciaguratamente contro Juan Monaco in due ore e mezzo. Una battaglia che il giorno dopo sarà fatale per l’argentino: non si presenta in campo per giocare i quarti e manda Pouille dritto in semifinale.
Se vogliamo questo 2016 sembra essere proprio l’anno dei lucky loser che fanno strada nei tornei più importanti. Nel Masters di Miami tutti aspettavano un match di secondo turno scoppiettante tra Federer e Del Potro, ma tra i due spuntò Horacio Zeballos che entrò al posto dell’infortunato Federer e riuscì a battere un Del Potro ancora in fase di recupero. Il suo torneo si spinse fino agli ottavi con la vittoria su Verdasco. Sulla terra di Monte Carlo dopo il ritiro di Ferrer dal torneo toccò a Granollers arrivare fino ai quarti di finale e cedere contro Monfils.
Ma in tutte queste storie quella di Pouille è senz’altro la più originale, la classica “settimana della vita” che può cambiare la carriera di un tennista comunque talentuoso. Un bye al primo turno, due partite vinte, un ritiro, 180 mila euro intascati, best ranking (n. 31) e testa di serie al prossimo Roland Garros.
Chissà cosa starà pensando Kukushkin.
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