7 luglio 2012, sul campo centrale di Wimbledon una 23enne – e febbricitante – Agnieszka Radwańska contende il titolo dell’All England Club a Serena Williams. La storia di quel match ormai archiviato da cinque anni di erba calpestata, racconta la vittoria della statunitense in tre set, ma anche il primo squillo di altissimo livello di Aga che da quel momento segna – o ambisce a segnare – il suo nome tra le tenniste più forti della sua generazione, di sicuro in grado di puntare a un titolo slam. Cinque anni e qualche mese dopo la maga ha affrontato cambi di guida tecnica, infortuni, sporadiche vittorie WTA e anche un’edizione delle Finals – quella del 2015 – ma lo slam è mancato e nemmeno la recente totale anarchia del circuito femminile le ha permesso di superare se stessa e i suoi blocchi. In questo 2017 intanto ha sposato il suo fidanzato storico nonché sparring partner e ha dato alle stampe una biografia che in Polonia è già best-seller mentre i risultati iniziano però pesantemente a mancare all’appello.
4 novembre 2012, si gioca la finale dell’ultimo Masters1000 della stagione, ultimo torneo prima delle ATP Finals. Da un lato della rete c’è David Ferrer, dall’altra Jerzy Janowicz, esploso durante quel torneo che è certamente del tipo che favorisce il gioco “missilistico” del talento di Łódź fatto di servizio potente e rapide chiusure dei punti. A Parigi si impone Ferru, gli bastano due set, ma la stella di Janowicz sembra brillare tantissimo e accarezza la fantasia di addetti ai lavori e tifosi. E Jurek ricambia quest’attenzione, almeno per un po’; l’anno successivo a Wimbledon con la complicità di Łukasz Kubot mette in scena lo storico quarto di finale tutto polacco per il pubblico di Sua Maestà la Regina Elisabetta e poi in semifinale cede il passo a Andy Murray ma non prima di avergli strappato un set. Nella stagione in corso uno Janowicz ormai decisamente ridimensionato ha festeggiato il challenger di Bergamo e nella dimensione dei tornei “cadetti” del circuito ha trovato una sua collocazione stabile, lontana dai fasti che furono.
Janowicz e Radwańska per qualche tempo hanno dato l’illusione che il tennis polacco potesse avere una sbocciatura simile a quella che i vicini cechi perpetuano – specialmente al femminile – con grande successo da tanto tempo, ma a parte i parallelismi forzosi Janowicz/Berdych e Radwańska/Kvitova di quelle speranze resta ben poco. Cosa è successo? Cosa non è andato e perché non riesce ancora ad andare nel tennis polacco?
Il problema sembra per ora perlopiù di carattere culturale, nella mancanza di una tradizione tennistica in grado di produrre una base sufficiente a far sì che le altezze ci siano davvero e non come frutto sporadico di famiglie facoltose o talenti talmente prepotenti da poter contare solo sulle proprie gambe. Il parallelismo con la Repubblica Ceca, fatto senza pruriginosi e inutili confronti tra singoli giocatori, in questo può essere utile. Polonia e Repubblica Ceca hanno una storia recente relativamente simile con una transizione relativamente morbida dal socialismo e un ingresso nell’UE che ha portato benessere relativamente diffuso nei due Paesi. In termini misurabili, il PIL pro capite polacco si aggira intorno ai 12.000 dollari l’anno, quello ceco intorno ai 18.000 (quello italiano, per dare un benchmark, equivale a 30.500 dollari circa), numeri da paesi ancora lontani dai primissimi posti nel mondo ma che fotografano un livello economico del tutto rispettabile e comunque bilanciato nel confronto tra i due. Sul piano tennistico però il discorso si fa più impietoso: la Repubblica Ceca ospita sul suo territorio 1224 circoli federali, uno ogni 8000 abitanti e ogni 64 chilometri quadrati, con una capillarità degna di una rete postale, la Polonia con i suoi 295 circoli serve in ognuno di essi un bacino medio di più di 130.000 persone con una densità di un club ogni 1059 chilometri quadrati. Questi numeri spiegano con un buon grado di approssimazione la diffusione del tennis in terra boema e la popolarità invece piuttosto scarsa che lo sport della pallina gialla ha in Polonia. E numeri del genere sono confermati anche dalla presenza di atleti professionisti presenti nei circuiti: rispettivamente 24 e 34 gli atleti cechi nelle prime mille posizioni delle classifiche ATP e WTA, solo 13 e 12 i polacchi che per altro a oggi non presentano alcun top-100 ATP.
Nel tennis maschile un dopo-Janowicz era stato accarezzato in particolare per le incoraggianti prestazioni juniores di Kamil Majchrzak, campione olimpico juniores nel 2014 e all’apparenza solidissimo ribattitore che però negli anni non è mai riuscito a garantire la continuità di prestazioni necessarie a fare il salto di qualità, oggi è al numero 279 della classifica ATP e galleggia senza infamia e senza lode tra tornei Futures e Challenger. Sorte simile capitata anche a Hubert Hurkacz (nella foto a destra), classe 1997, e spesso indicato come elemento complementare di Majchrzak e più simile a Janowicz per via della forza fisica e della fiducia nel rovescio come miglior colpo. Ma con il secondo titolo conquistato in carriera pochi mesi fa in Portogallo e una classifica ferma al numero 426 anche lui non coltiva roboanti sogni di gloria.
Qualcosa di diverso al femminile dove per adesso sono ancora vive le speranze della giovanissima, classe 2001, Iga Światek (nella foto a sinistra) a candidarsi a una patente di “futura Radwańska” dopo le rinunce in una che Radwańska si chiama davvero e cioè la sorella minore di Aga, Urszula, e di Magda Linette che pure oggi può vantare un posto in top-100 ma le cui qualità non sembrano essere sufficienti a fare il passo successivo. La piccola Światek invece dà buoni segnali di sé, 16 primavere sul groppone sono abbastanza per avere già messo a referto tre titoli ITF (uno da 10.000$ e due da 15.000$) e rispettabilissime prestazioni juniores che nel 2017 hanno compreso anche la finale sui nobili campi del Bonfiglio di Milano. Un appoggio un po’ sconnesso durante il match di primo turno del torneo da 25.000$+H di Varsavia perso contro l’azzurra Martina Trevisan le ha causato un infortunio articolare che ancora la tiene fuori dai campi. Presto per incoronarla, la Światek sembra comunque avere dalla sua un buon tennis sufficiente per giocarsela con le sempre più competitive colpitrici che il circuito femminile continua a immettere e il resto chissà, federazione permettendo, entro quello che ancora non è un Paese per tennisti.
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