di Luca Fiorino
Non esiste notte tanto lunga che impedisca al sole di risorgere. Era il 16 aprile del 2013: Pablo Cuevas rinasceva dalle proprie ceneri così come narra la leggenda dell’Araba fenice e decideva finalmente di saldare il proprio conto alla malasorte, ripartendo dal torneo challenger di Santos. Un tunnel senza luce quello percorso prima di tale data, lungo circa due anni. “Non avevo certezze, i medici non erano in grado di darmi delle risposte ed io in quei momenti non sapevo se sarei tornato a giocare o meno”. Un’osteocondrite al ginocchio destro (una sindrome degenerativa delle ossa che ne frammenta le estremità) non gli dava pace e le speranze di rivederlo protagonista sui campi da gioco si facevano sempre più flebili, giorno dopo giorno.
Il primo “crack” lo avvertì nel 2011 durante il primo turno al Roland Garros. Fu immediatamente sottoposto ad un intervento chirurgico ma purtroppo l’operazione non ebbe l’esito sperato. Neanche il tempo infatti di tornare a disputare qualche torneo che tornò subito sotto i ferri, questa volta a Cleveland. “Non ho mai capito se il problema non si fosse risolto dopo il primo intervento oppure se mi fossi rifatto male in allenamento . Nei momenti più difficili mi ha aiutato il fatto di essermi infortunato mentre stavo giocando bene. Solitamente lo stop di un giocatore è anticipato da delle sconfitte. Per me non fu così, sapevo di poter dare ancora molto”. Un 2012 dunque da dimenticare per il tennista di Concordia, un anno in cui la racchetta e i campi li poté vedere solamente in televisione. Poi come detto, il tanto agognato ritorno al tennis giocato, quello vero. Nell’importante snodo commerciale dell’America Latina, nonché dalla nota città che ha reso celebre il più grande goleador nella storia del calcio, Edson Arantes do Nascimento, in arte Pelé, l’uruguaiano è ripartito e non si è più fermato. Come “O Rey”, ha imparato a dribblare gli ostacoli e a superare le barriere che la vita gli ha messo dinanzi al suo cammino. E’ necessariamente da qui che bisogna cominciare per redigere un bilancio dell’anno appena concluso.
Una stagione iniziata da numero 224 del mondo, consapevole di poter scalare molte posizioni nel ranking avendo pochissimi punti da difendere. I primi due mesi non vanno per il verso giusto tant’è che i primi tornei in Sud America portano solo una vittoria nel primo turno dell’ATP 500 di Rio de Janeiro. Qui Cuevas capisce che per risalire la china e la classifica, è necessario ripartire dai tornei challenger. Non è facile per chi in passato era riuscito a stanziarsi fra i primi 50 del mondo dover ricominciare da tornei minori, ma d’altronde questo era l’unico modo per ritrovare fiducia e condizione. Questa sua scelta si rivelerà più che azzeccata e sarà a dir poco determinante nel prosieguo della stagione. Nel challenger di Barranquilla, in Colombia, arriva la prima di una lunga serie di vittorie. Siamo a marzo e l’uruguaiano sa che per tornare ad essere competitivo come nel 2009 sia necessario dedicarsi ai tornei minori ma soprattutto ripartire dalla superficie su cui è nato e cresciuto, la terra rossa. Pablo entra in condizione e riacquista fiducia giocando partita su partita, centrando prima la finale al Garden di Roma, poi un secondo turno al Roland Garros dove si dovette arrendere in cinque set a Fernando Verdasco ed infine raggiungendo il secondo titolo stagionale, questa volta a Mestre. Siamo a giugno e Pablo ora è di poco al di sopra delle prime 100 posizioni al mondo. La decisione di ripartire dai challenger ha fruttato ma ora che la classifica è decisamente migliorata è necessario verificare se è arrivato il momento di tornare a giocare i tornei del circuito maggiore.
Pablo al primo vero banco di prova sorprende un po’ tutti e il 13 luglio vince il suo primo titolo Atp in carriera sulla terra di Bastad. Un uruguaiano torna dunque a trionfare a livello Atp dopo che Marcelo Filippini vinse l’ultimo torneo nel ’97 sulla terra di St. Poelten. Solitamente chi conquista la prima vittoria in carriera si adagia appagato di quanto appena realizzato. Pablo Cuevas no. Nel torneo successivo ad Umago, altro trofeo alzato al cielo, ed una vittoria ancora più clamorosa vista la portata degli avversari battuti. Gente dal calibro di Andreas Seppi, Fabio Fognini e Tommy Robredo. In due settimane Pablo si è preso la sua personale rivincita col destino tornando più forte di prima. La classifica finalmente gli sorride, il calendario un po’ meno. Inizia la stagione sul cemento e qui effettivamente per caratteristiche prettamente tecniche non si può chiedere più di tanto al numero uno di Uruguay. Ciò nonostante lotta al primo turno a Flushing Meadows perdendo solamente al quinto set contro uno specialista come Kevin Anderson e raggiunge i quarti di finale a Kuala Lumpur. Dopo i due Masters 1000 a Shanghai e Parigi, pago per il nuovo best ranking e la grande scalata compiuta nell’anno tanti avrebbero deciso di fermarsi e di ricaricare le batterie in vista della stagione successiva. Pablo Cuevas no.
Altra partenza verso il Sud America con tanta voglia di affermarsi nuovamente nel mondo challenger, giusto per non perdere la confidenza con la vittoria. Due tornei e due titoli, prima a Guayaquil, in Ecuador, e poi a casa sua a Montevideo settimana scorsa. Classifica ancora migliorata e decisione più che mai saggia. Oggi Pablo Cuevas è numero 30 del mondo, un ranking che gli permetterà la prossima stagione di partire testa di serie nelle prove dei Grandi Slam, già dagli Australian Open. Un vantaggio non esiguo per chi su superfici diverse dalla terra battuta ha sempre ottenuto poco. Ma da dove nascono questi successi ed a cosa è dovuto questo incredibile balzo in classifica? Sicuramente l’infortunio ha penalizzato non poco il tennista di Concordia che, per qualità tecniche e tattiche, di certo non meritava quel tipo di posizione ricoperto ad inizio anno. La svolta in classifica è da attribuire anche alla programmazione. Il fatto di esser dovuto ripartire dal basso con i tornei challenger per un tennista di livello come Pablo non ha fatto altro che favorirlo nella risalita e a fargli ritrovare la condizione fisica ed atletica di un tempo. Ma non risiede di fatto solo nella programmazione il suo successo. L’uruguaiano ha nel tempo migliorato un colpo al giorno d’oggi essenziale, il servizio. Tanti gli aces ma soprattutto le prime vincenti anche su campi meno veloci. Non solo però punti diretti con la battuta che comportano necessariamente un minor dispendio fisico ma anche la possibilità di poter dominare l’avversario con i colpi di inizio gioco, maggiormente col suo marchio di fabbrica, il rovescio ad una mano. Un colpo a dir poco eccezionale che nell’esecuzione ricorda e non poco quello di Gaston Gaudio. La differenza, come nel rovescio del “Gato”, la fa il polso, la racchetta che sembra essere una naturale aggiunta del braccio ed una “apertura alare” impressionante che una volta aver impattato la palla consente alla sua “Head” di arrivare il più in alto possibile. Un colpo bello da vedere ma allo stesso tempo molto efficace. Un gioco da fondo in generale molto solido,anche con il dritto, ma anche una lettura delle partite mai banale.
L’intelligenza tattica di Cuevas è fuori discussione, basti pensare ai due titoli vinti quest’estate. A seconda dell’avversario che ha avuto di fronte, l’uruguaiano è stato in grado di affrontarlo disponendo di più strategie, non avendo fra le mani solamente un piano B. Ad Umago contro un avversario come Fabio Fognini, conscio del fatto che giocando sul palleggio alla lunga non avrebbe prevalso, ha impostato la gara sull’uno-due. Servizio e rovescio ma anche servizio e dritto cercando di dare meno punti di riferimento possibili al ligure senza concedergli mai la possibilità di entrare in partita. In finale con Tommy Robredo invece ha dominato il match sulla sua diagonale forte, quella del rovescio. Essendo lapalissiana la differenza tra il rovescio dell’uruguaiano e quello dello spagnolo, Cuevas ha impostato la gara in questa maniera cercando anche il lungo linea quando Tommy si spostava ostinatamente col dritto sul lato del suo colpo più debole. Ma non solo. La settimana prima in finale in Svezia contro Joao Sousa ha surclassato il portoghese sotto tutti i punti di vista, alternando tanti vincenti a frequenti variazioni di ritmo. La curiosità ora sta tutta nel vedere se Cuevas riuscirà a confermarsi su questi livelli. Certamente il fatto di aver costruito questo tipo di classifica solo sulla terra rossa dovrà in un certo qual modo farlo riflettere. Sarà necessario dunque cercare (soprattutto ora che la classifica glielo permette) di racimolare qualche punto in più in tornei diversi dalla sua superficie preferita a partire già dagli Australian Open. Secondo il mio parere questa classifica rispecchia appieno le qualità dell’uruguaiano seppur credo che possa ancora migliorarla, magari sfruttando l’inizio della nuova stagione, dove i punti in scadenza sono pochi. Non mi stupirebbe di certo leggere il suo nome fra i primi 15-20 al mondo entro i primi mesi dell’anno ma attenzione Pablo, sarà difficile riconfermarti e difendere i punti ottenuti quest’estate…
Leggi anche:
- None Found