di Federico Mariani
“Non si può affermare che sia il migliore della sua epoca, figurarsi della storia”. Questa frase, ripetuta allo sfinimento, porta la prestigiosa firma di Rino Tommasi. Il destinatario è Roger Federer o, meglio, era Federer quando il duopolio d’acciaio formato dallo svizzero e Nadal dominava il tennis mondiale.
Tommasi all’epoca fu criticato aspramente per aver osato tanto. Il giornalista veronese non solo smentiva la supremazia del basilese rispetto agli altri campioni della storia, ma ficcava dubbi anche sulla contemporaneità, una bestemmia per molti. La carriera di Novak Djokovic in generale, ed il 2015 in particolar modo, obbliga a rivedere sentenze e previsioni che parevano ormai marmorizzate.
Quale posto tra gli immortali del Gioco occupa il serbo? E quale occuperà tra cinque anni? Qual è la sua vera dimensione, la sua reale forza? Il tennis è uno sport che vive di epoche, fasi storiche tra loro diametralmente opposte. Ogni tennista è figlio della propria generazione e con quella deve essere giudicato. Quante volte (a ragione) si è ribadita l’impossibilità di paragonare giocatori appartenenti ad epoche diverse, di confrontare carriere, di stabilire se Tizio sia stato più forte di Caio o viceversa? I titoli dello Slam, così come i record colti sul circuito, rappresentano un parametro affidabile sì ma non universalmente vero, e sentenziare su chi sia stato il più forte d’ogni epoca, il tanto (troppo) inflazionato GOAT (sigla per Greatest Of All Time), è esercizio tanto impossibile quanto francamente privo d’utilità.
Riproiettando il discorso alla mera attualità, l’anno appena concluso da Nole obbliga a riqualificare un ruolo – quello del serbo – che pareva di altro spessore, un posto garantito sui libri del Gioco sì, ma di più modesta matrice. Non interessa nel frangente analizzare i numeri, ma un giocatore che in una stagione mette a referto ben quattro record assoluti non può passare inosservato agli occhi della storia.
Come sempre, tuttavia, per cercare di nascondere una superiorità totale nei confronti del resto del mondo, si cerca di sminuire anziché celebrare, e lo si fa nel medesimo modo: assenza di avversari validi. Fu così per Federer, tacciato di non avere una concorrenza all’altezza, o meglio non del livello del decennio che si lasciava alle spalle. È così per Djokovic. C’è, però, una linea sottile che separa una concorrenza oggettivamente di modesto spessore ed uno strapotere che induce a pensare ad una concorrenza di modesto spessore. Il tutto si riduce ad un banale “sono troppo scarsi gli altri o è troppo forte lui?” Occorre scegliere da che parte stare.
È, tuttavia, singolare per non dire avvilente che, numeri alla mano, l’unico a provare quantomeno ad evitare un totale assolo sia stato proprio Roger Federer, che di anni ne ha 34. Oltre ad incensare lo svizzero, mostro di longevità, suona come un paradosso nel tennis odierno – da tutti additano come troppo fisico e troppo poco tecnico, anche in questo caso a ragione – che ad infliggere tre delle sei sconfitte di un irreale 2015 a Djokovic sia stato proprio Federer. In un ipotetico scenario che vede l’inesistenza di Nole, il ragazzo di Basilea avrebbe incassato pure con relativa facilità due prove dello Slam ed il Master dominando sostanzialmente l’anno e chiudendo da numero uno.
La verità, come nella maggior parte delle dispute, naviga nel mezzo. La top ten è di assoluta qualità e ben nutrita seppur non eccelsa. Il livello di Djokovic è altissimo, terribilmente vicino alla perfezione. Risulta oggi difficile riuscire a tracciare limiti a quel che sarà. Tutti hanno negli occhi la cavalcata targata 2015 ed ogni impegno futuro appare come una mera formalità per il serbo che, continuando così, distruggerebbe ogni record.
Del resto, tuttavia, si diceva che mai nessuno avrebbe superato i titoli di Sampras, che mai nessuno avrebbe ricordato il talento di McEnroe, che mai nessuno avrebbe avuto l’atletismo e la forza di Nadal, così come fino a pochi mesi fa mai nessuno avrebbe messo in dubbio il primato che la storia riconosce a Federer. Il tempo, come sempre, sarà il più equo dei giudici.
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