di Sergio Pastena
Sarà che i vecchi leoni continuano a ruggire a lungo. Sarà che quattro posizioni dei Top Ten sono occupate da quattro mostri. Sarà che per i giovani è sempre più difficile emergere perché i montepremi sono insufficienti. Sarà quel che sarà, ma il tennis di oggi è vecchio e non ci sono più i giovani di una volta.
Vero, la frase suona abbastanza qualunquista e a questo punto ci starebbe bene un bel “Non esistono più le mezze stagioni”, ma provate a dare del qualunquista a una calcolatrice e vedrete che non otterrete una risposta diversa. Già, perché qui si parla di cifre.
Abbiamo fatto un giochino: siamo andati a prendere le Top Ten di metà febbraio del 2013, del 2003 e del 1993 e, per ognuna di loro, abbiamo visto a che età sono entrati per la prima volta nei primi dieci i giocatori segnati. Ecco i dati, che poi andremo ad analizzare.
I nipoti di nonno Ivan
C’erano una volta i Chang e i Becker che vincevano gli Slam a 17 anni. Tutto questo avveniva negli anni ’80 e, vista la carriera che si ha davanti quando ancora non si è maggiorenni, non è una sorpresa ritrovare i due nomi citati nella Top Ten del 1993.
In generale parliamo di una classifica giovane, con tanti under 23 e un solo “matusa” che però rispondeva al nome di Ivan Lendl, all’epoca 33enne. Tutta gente precoce, o quasi: ben sai di loro erano entrati nella Top Ten sotto i vent’anni, Courier, Bruguera e Lendl poco dopo, solo Korda era il nonno dalle situazione essendo entrato nei primi dieci a ben 23 anni e nove mesi.
In media i fantastici 10 del 1993 erano entrati nella Top Ten a 19 anni e 7 mesi e questo dato, come vedremo, è di quelli che fanno riflettere.
I nipoti di nonno Andrè
Della Top Ten di dieci anni prima, nel 2003, era rimasto solo un americanino con tanti trofei in più e tanti capelli in meno, che rispondeva al nome di Andrè Agassi.
Il 2003, per inciso, era l’epoca della grande depressione: Sampras era già fuori dai giochi, Federer stava arrivando ma ancora non aveva cominciato a macinare Slam su Slam (inizierà proprio quell’anno, da Wimbledon).
La presenza di Agassi, va detto, contribuisce ad abbassare la media perché Andreino nei dieci ci è entrato a poco più di 18 anni. Con lui due golden boy come Roddick e Hewitt, unici a tagliare quel traguardo prima dei 20. Eppure… eppure in tempi qualitativamente non eccelsi qualche giovane si sarebbe potuto inserire agevolmente. Niente da fare.
La lancetta dell’età media della maturazione segna 20 anni e 11 mesi, oltre un anno in più del 1993 e il nonno della situazione, Jiri Novak, nella Top Ten ci entra per la prima volta alla veneranda età di 27 anni e 6 mesi.
I nipoti di nonno Roger
Nadal, Djokovic e Murray sono entrati nei dieci poco prima del compimenti dei vent’anni. Del Potro ai venti spaccati. Considerando che questa classifica ha come trait d’union con la precedente la presenza di Federer, ci si aspetterebbe una situazione immutata o giù di lì. Niente da fare.
La media è innalzata paurosamente da Ferrer e Tsonga, che hanno fatto capolino nel tennis che conta ben oltre i 23, e devastata da Tipsarevic maturato di colpo a 27 anni. Gli attuali Top Ten sono entrati per la prima volta nei dieci mediamente a 21 anni e 20 mesi. E non si pensi che, escludendo i più vecchi dalle varie classifica, la cosa cambi tanto.
Il tennis mediamente cresce di un anno ogni dieci.
I nipoti di zio Nole
Oggi, quando si indica la mejo gioventù tennistica, i nomi sono sempre gli stessi: si aspetta l’esplosione di Dimitrov, Harrison e Tomic, la consacrazione di Raonic e qualcuno spera nella resurrezione di Berankis. Tutti “predestinati” che a livello juniores hanno fatto faville. Qualcuno considera giovane anche Nishikori.
Bene, sappiate che, anche escludendo Nishikori, se i primi cinque che abbiamo citato entrassero domani mattina nella Top Ten avrebbero quasi ventuno anni e mezzo di età media. Peccato però che tra loro solo Raonic abbia la possibilità di toccare certe vette a breve, per gli altri anche in caso di esplosione clamorosa ci vorrà qualche mese.
Per ciò che riguarda i classe 1993, poi, bocca mia taci: il più bravo di loro, il ceco Vesely, è attualmente numero 250 del mondo.
È davvero un paese per vecchi?
Chi pensa che l’invecchiamento del tennis sia dovuto al fatto che i grandi campioni durano sempre di più farebbe bene a guardare attentamente i dati che abbiamo appena esposto: i Fab Four, infatti, abbassano la media di precocità, non la alzano. E a guardar bene anche nel 2003 molti dei Top Ten più giovani si sono potuti fregiare di un tale traguardo per via del vuoto che avevano attorno.
No, la mia idea è che non c’entri la qualità: siamo passati dall’epoca dei Sampras e degli Edberg a quella dei Ferrero e dei Moya per poi tornare a quella dei Federer e dei Nadal, ma indipendentemente dal livello qualitativo emerso in campo il trend è rimasto costante. I giovani fanno fatica.
In settimana abbiamo parlato di una possibile causa: oggi i ragazzi fanno sempre più fatica ad emergere per questioni di montepremi. Faticano a rientrare con le spese, quelli su cui ci sono investimenti sufficienti di sponsor e federazioni sono pochi e, inevitabilmente, basta un Donald Young che delude a mandare all’aria una generazione.
C’è una falla generazionale dolorosissima che, quando i fenomeni di oggi saranno andati in pensione, potrebbe aprire scenari semi-apocalittici, con Slam impossibili da pronosticare e una rotazione vorticosa dei primi in classifica a discapito della qualità. Sarà mica il caso di dare un ritocchino a certe politiche volte esclusivamente ad accaparrarsi i favori dei personaggi più famosi? E magari di dare maggiore impulso alle basi anziché lasciare giovani potenzialmente di talento a sfangarsela per i Futures nella speranza di arrivare pari a fine mese?
Ai posteri l’ardua sentenza…
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