di Marco Mazzoni
Parlare di rivoluzione è prematuro, ma i primi tornei 2014 su terra in Europa stanno fornendo risultati sorprendenti e spunti a non finire. Per ora si sono giocati 1 Master 1000, 1 ATP 500 ed un 250. I vincitori? Nadal, Nadal… no! Wawrinka trionfa a Monte Carlo, Dimitrov nel 250 di Bucarest e Nishikori nel feudo catalano di Barcellona, torneo che era stato vinto ininterrottamente da un iberico dal 2003 (8 volte Nadal, e quindi Verdasco, Robredo, Moya). Andiamo per ordine.
Che Wawrinka potesse vincere un grande torneo su terra era qualcosa di non scontato ma assolutamente possibile. Il suo gioco potente, completo, fatto di cambi di ritmo e capacità di gestire ogni rotazione è ideale anche per la terra battuta, se sostenuto da un’adeguata velocità dei piedi. Dopo la sbornia post-Australia, la reazione in Davis l’ha fatto ripartire, e la reattività è tornata quella del miglior Wawrinka. Stan sta veleggiando sicuro al n.1 della Race 2014, con 20 vittorie e 3 sconfitte, quindi chapeau e tantissima curiosità per vedere in stato arriverà a Parigi, dove lui stesso non nega di considerarsi “in corsa per la vittoria”.
Dimitrov è al secondo successo in stagione, dopo il cemento di Acapulco. Anche per il bulgaro c’erano già stati segnali importanti di crescita generale e di adattabilità al rosso. 12 mesi fa aveva dominato Nadal a Monte Carlo per un set e mezzo, e poi sconfitto Djokovic a Madrid. La top10 per lui si avvicina: serve adesso un cambio di passo nei grandissimi eventi, dove ancora deve dimostrare di poter non solo compiere l’impresa ma reggere per più giorni al massimo livello, battendo i migliori uno dopo l’altro. Serve uno scatto mentale, più che tecnico o fisico. Il lavoro con Rasheed pare stia pagando sul lato della consistenza. A Madrid e Roma ne sapremo di più.
All’appassionato medio apparirà più sorprendente il successo a Barcellona di Nishikori. Un “giapponese d’America”, che vince sulla terra… roba esotica. Analizzando meglio il tennis e la crescita di Kei, la risposta è assolutamente negativa: niente di esotico ma tanto tennis, ottimo per la terra. Nishikori ha un gioco estremamente moderno, ideale per il tennis del 2014 e nient’affatto esotico per i campi in argilla tritata. Di questo ne sono fermamente convinto da tempo, fin da quando esplose dal nulla battendo James Blake sul duro USA appena diciottenne. La sua racchetta scivola via velocissima nell’aria a trovare un timing pazzesco con la palla, che riesce a colpire con enorme anticipo e riuscendo a conferirgli ogni tipo di effetto. Grazie ad un polso notevole Nishikori trova angoli stretti molto interessanti, che tagliano le gambe ai rivali. Ama scambiare in progressione, plasmato sul cemento della Florida dai discepoli di Bollettieri; ma il suo sapere tennistico va ben oltre al puro pressing dissennato, come invece sta accadendo alle nuove leve yankee e che ne sta limitando non poco la crescita.
Kei ha qualità innate superiori alla media. Manca di potenza devastante, visto il suo fisico da normotipo; ma sfruttando la facilità di accelerare impattando con tempo eccellente riesce a far viaggiare la palla secca e veloce, passando da colpi totalmente piatti a chiudere a drive più lavorati di controllo. Il suo footwork è notevolissimo: l’appoggio dei piedi è uno dei suoi punti di forza, con cui scappa via appena colpito e con cui trova sempre la palla senza affanno. E’ questa una qualità basilare per giocare bene sulla terra, e lui la possiede al massimo livello. Ricordo di averlo visto la prima volta dal vivo a Parigi 2010, contro Djokovic. Match per lui impossibile, ma che condusse con estremo ordine, trovando spesso dei vincenti notevoli quando lasciava andare via il braccio in cross stretto presso possesso dello scambio. Ammaliato dalla sua meccanica esecutiva, dal suo timing e da come arrivava sulla palla, riuscii ad intrufolarmi nelle buche dei fotografi dello stupendo campo 1 di Roland Garros, per ammirarne dal basso le qualità. Restai a bocca aperta per la reattività dei piedi, per come non arrivava mai scomposto sulla palla, anche quando Novak andava giù pesante di velocità e rotazione. Inoltre Kei salta di brutto, e sa usare molto bene la spalla per colpire in buon controllo ed equilibrio “in volo” le palle alte, cariche d’effetto, rimandandole in modo tutt’altro che difensivo.
Ho avuto anche la fortuna di scambiare qualche opinione su di lui con Brad Gilbert un paio d’anni fa, poco dopo che i due avevano cessato il loro (breve) rapporto di collaborazione. Concordavo con Brad sul fatto che Kei abbia tutto quel che serve per eccellere anche sul rosso, a patto di non venir travolto dalla maggior potenza di un Nadal (o Djokovic per dire) in grande spolvero.
Se Nishikori riesce a prendere in mano il controllo dello scambio sa governare tatticamente le diagonali come pochi, chiudendo strettissimo e quindi mandando fuori posizione il rivale, che castiga o con un cross ancor più stretto in contropiede oppure con un’apertura in lungo linea d’anticipo precisa e vincente. Con queste qualità Nishikori s’è imposto a Barcellona, sfruttando sì un tabellone che s’era aperto ma con estremo merito e mostrando le proprie qualità.
Se il nipponico continuerà a crescere nell’intensità di gioco, cancellando quei buchi e pause che ancora lo deprimono, e riuscirà a trasformarsi sempre più in produttore di gioco invece che contrattaccante, il suo ingresso nella top10 sarà davvero prossimo, e per tornei che contano i big avranno a che fare anche con lui.
Che il 2014 tennistico fosse nato sotto una stella diversa ce n’eravamo accorti da tempo. Se finalmente da dietro inizieranno ad arrivare le “new balls” allora sì che questa stagione ci farà divertire.
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