di Daniele Sforza
Diego Nargiso è stato sicuramente uno dei personaggi più positivi per quanto riguarda il tennis italiano, come allenatore. L’ex tennista ha seguito durante questa stagione, e nelle prossime, giocatori come Krajinovic, Basso e Mager conquistando il premio degli Ace Cube come miglior coach del 2014. Lo abbiamo intervistato per parlare dei suoi allievi, della situazione del tennis italiano e di tanto altro ancora.
Dove vi allenate? Chi altri stai seguendo in questo momento?
Ho deciso di rimanere solo con i ragazzi che puntano al professionismo. Ho preso 4 ragazzi e 3 ragazze, tutte tra i 16 e i 20 anni tra cui Mager, Basso, Krajinovic per il quanto riguarda il maschile mentre tra le ragazze ci sono ad esempio la campionessa francese under 18, Angela Leweurs e la russa Yana Kochneva, ferma ancora a causa di un’operazione alla spalla. Siamo in Francia, a Biot, grazie a un accordo con un accademia di Patrick Mouratoglou e qui lavoro insieme ad altri due allenatori portati da me quali, Alejandro Lacour e Brice Clayeux che si occupa delle ragazze. Con Alejandro, essendo lui preparatore atletico, seguiamo i ragazzi, scambiandoceli.
Come ti trovi con Filip Krajinovic? Su cosa pensi debba migliorare?
Per quanto riguarda Krajinovic, abbiamo raggiunto l’obiettivo prefissato quando abbiamo iniziato la collaborazione (a Luglio), cioè quello di entrare nei top 100 in modo poi da cominciare l’anno seguente partendo dal tabellone negli Australian Open. Un po’ di rammarico rimane perché pensavamo a Settembre di poter fare ancora qualcosina in più, in quanto lui difendeva poco e magari poteva arrivare intorno al numero 75-80. A mio parere lui non è mai stato abituato a lavorare molto, ha un grande talento, ma era disorganizzato e poco serio fuori dal campo mentre in campo ha sempre lavorato bene. Ora l’abbiamo inquadrato insieme a Novak (Djokovic) e in questa preparazione ha lavorato molto bene, ha fatto delle ottime cose e quindi posso dire che siamo pronti per affrontare al meglio la stagione. Lui deve lavorare sulla continuità di sacrificio, di allenamento e sul mantenere la stessa concentrazione sia in campo che fuori. In poche parole deve diventare un professionista 365 giorni l’anno, forse la cosa più difficile per un giocatore di tennis.
Un altro dei tuoi allievi è Gianluca Mager, come è nata questa collaborazione? Cosa pensi di lui?
Con Gianluca posso dire di averlo costruito dal momento in cui ci siamo conosciuti (2 anni fa). Lui non aveva nessun tipo di esperienza sia per quanto riguarda gli allenamenti che per quanto riguarda gli aspetti tennistici in campo. È migliorato molto,diventando soprattutto un ragazzo più responsabile ( è riuscito a gestirsi quando è andato da solo ai tornei ad esempio), è maturato molto e sicuramente ha un grande potenziale, soprattutto dal punto di vista fisico visto che ha lavorato soltanto due stagioni a livello professionistico. Quest’anno proveremo a mantenere la classifica raggiunta e a fare un ulteriore passo in avanti. La cosa importante per Gianluca nella prossima stagione sarà quella di prendere esperienza nei tornei all’estero, con l’esperienza lui può prendere consapevolezza di essere un giocatore e fiducia.
Un’altra collaborazione nata quest’anno è quella con Andrea Basso, che, così come Mager, ha raggiunto il best ranking e la top 500 durante questa stagione. Cosa pensi di lui?
Con Andrea abbiamo iniziato a lavorare verso Aprile-Maggio ed è un ragazzo che invece aveva bisogno di una guida tecnico/tattica poiché già lavorava bene. Ha dimostrato questo con me e infatti i risultati sono arrivati abbastanza velocemente, anche lui è entrato nei 500. Con Gianluca è un lavoro di costruzione della mentalità del giocatore, mentre Andrea è maturo da quel punto di vista quindi mi attendo un ottimo salto di qualità nella prossima stagione. Non mi interessa molto il ranking, l’importante è migliorare il gioco, migliorandolo i risultati arrivano. L’anno prossimo dovrà dimostrare il livello di gioco raggiunto soprattutto nei challenger, perché durante questa stagione non ha giocato come doveva durante questi tornei.
È periodo di preparazione invernale per la prossima stagione, essa cambia da giocatore in giocatore?
La preparazione invernale è specifica per ognuno dei giocatori. La base è la stessa però ognuno la personalizza sia dal punto di vista fisico che tecnico. Come tempi siamo sulle 6-7 ore al giorno, 4 ore di tennis e 2.30-3 di atletica.
Domanda d’obbligo è quella a riguardo del tennis italiano. Chi pensi che possa, in questo momento, raggiungere più velocemente i più forti tennisti italiani?
Il giocatore che mi sembra più pronto per il salto di qualità in modo da avvicinarsi ai più forti è Marco Cecchinato. Penso che Marco, se seguito nel modo in cui stanno facendo Cristian Brandi e il suo team, dovrebbe avvicinarsi ai top 100. Non lo conosco dal punto di vista personale quindi non so se dal punto di vista mentale sia pronto per questo salto di qualità. In questa stagione si è confermato ai livelli di due anni fa quindi vedremo se riuscirà in questo ulteriore passo in avanti. Dopo di lui vedo anche bene Matteo Donati che, nonostante un anno travagliato, è rimasto in buone posizioni del ranking però l’anno prossimo anche lui dovrà fare il salto di qualità.
Oltre ad essere allenatore a tempo pieno ha raggiunto anche l’incarico di commentatore a Supertennis, come sei arrivato a questo?
Non so neanche io come ho raggiunto l’incarico a Supertennis (risata). Mi hanno semplicemente chiamato e ho accettato. A causa dei vari impegni dovrò per forza concentrarmi su 3-4 eventi l’anno quali magari Roma, la Coppa Davis, avendo come priorità il lavoro da allenatore. Comunque questo è un lavoro che faccio con piacere soprattutto quando ci sono le manifestazioni già citate.
Non posso non chiederti qualcosa a riguardo della tua carriera, pensi di aver commesso qualche errore? Quali sono i tuoi ricordi più belli?
Ho sempre detto che la mia carriera è stata costellata da errori. Quello che cerco di insegnare ai miei ragazzi è di non fare passi più grossi della gamba ma di avere delle buone fondamenta per poter poi costruire sopra la propria carriera. Io sono andato troppo velocemente, un po’ per i risultati un po’ per il fatto che gli italiani avevano bisogno di un giocatore che ridesse entusiasmo. Sono andato troppo presto in Nazionale, a 17 anni, e forse non ero ancora pronto e/o maturo, ho bruciato le tappe e ho pagato questo nella mia carriera, troppo veloce all’inizio. Il ricordo più bello della mia carriera senza dubbio è stato la partecipazione alla Coppa Davis mentre il forse il torneo più bello è stato quello di Miami dove ho fatto quarti di finale battendo un paio di top 10.
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