di Alessandro Nizegorodcew
David Nalbandian annuncia il ritiro e il mio pensiero torna subito indietro nel tempo. Aprile 2010, Montecarlo, La Nalba sfida Mihail Youzhny. Due dei tennisti più talentosi dell’ultimo ventennio si affrontano per quasi 3 ore a suon di vincenti clamorosi: tra pallonetti imprendibili e passanti incrociati stretti sino a scambi infiniti sotto rete. Io sono lì, in prima fila, posso sentire il loro respiro, il rumore dell’impatto perfetto della palla sulle corde, posso sentire la classe, la percepisco, riesco quasi a toccarla. I vincenti della Nalba non sono comuni, normali, non si possono copiare né imitare. Il vincente della Nalba non ti lascia solamente a bocca aperta, ti fa esultare come ad un gol, ti ritrovi in piedi e quando analizzi il replay capisci il perché.
La Nalba si ritira, un fulmine a ciel sereno. Raramente ho tifato per un tennista come accaduto per David Nalbandian. Un giocatore fantastico, dai colpi unici ed inimitabili: non provate a giocare la “sua” risposta incrociata stretta di rovescio, colpireste il raccattapalle o, peggio, un vostro parente in tribuna.
La Nalba è sempre la Nalba. Poteva mancare dal circuito per mesi e poi rientrare e stupire. Poteva battere Federer e Nadal, scherzandoli letteralmente, e poi perdere contro il Montanes di turno. La Nalba lascia il circuito. Molti lo hanno criticato a suon di “Ha vinto molto meno di quello che il suo tennis gli avrebbe permesso.” Verissimo. Lo sa bene anche lui. Ma le soddisfazioni dalla vita David le ha avute e si sente comunque un uomo fortunato.
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La Nalba fa innamorare del tennis, è un portatore sano di talento. La continua sfida alle leggi della fisica lo rende unico. Nalbandian, al 100%, è l’unico che per cui vale sempre il prezzo del biglietto, il solo a poter essere avvicinato a sua maestà Roger Federer. La Nalba, in campo, non lo vedremo più, ma certi colpi rimarranno per sempre negli occhi di chi li ha visti o, per meglio dire, vissuti.
Mi sento già un orfano della Nalba, in questo tennis ultra moderno che sacrifica il talento alla forza fisica. Un orfano triste, ovviamente, ma anche (e soprattutto) felice di aver seguito (e vissuto) tutta la carriera di uno dei più grandi talenti della storia del tennis (espresso al 40-50%), probabilmente (parere personalissimo) il più forte tennista a non aver mai vinto un torneo dello Slam.
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