Impressionante come una piccola nazione come la Serbia, grande neanche un terzo rispetto all’Italia, sia riuscita negli ultimi 15 anni a sfornare un enorme numero di tennisti di altissimo livello. Tra le donne due ex numeri del mondo come Ana Ivanovic e Jelena Jankovic e, tra gli uomini, oltre chiaramente a Novak Djokovic, anche un altro ex top 10 come Janko Tipsarevic e Viktor Troicki, da molti anni a ridosso della top 20 con punte anche più alte. Notevole anche il ricambio generazionale che vi è alle spalle, soprattutto in campo maschile: oltre a Dusan Lajovic, ormai in pianta abbastanza stabile fra i top 100, e a Filip Krajinovic, tormentato dagli infortuni ma pur sempre un signor giocatore, si sta affacciando al tennis che conta un gruppo di ragazzini niente male delle annate 1994-1995. Uno di questi mi impressionò particolarmente la prima volta che lo vidi giocare un paio di anni fa nei futures greci di Heraklion, ed è il classe 1995 Nikola Milojevic.
Sento un commento da uno straniero di cui non ricordo il nome: “Sembra allenamento non match di torneo”, e in effetti era venuta anche a me da fare una considerazione simile, data la rilassatezza e la decontrazione con cui colpisce il giovane serbo, sia dal lato del dritto che da quello del rovescio.
Nome comunque tutt’altro che sconosciuto agli addetti ai lavori quello di Milojevic, ex numero 1 del mondo junior nell’ormai lontano 2013, frutto della vittoria di numerosi tornei di grado 1 ed A, e dalla semifinale al Roland Garros, persa contro Alexander Zverev (uno che gioca benino, così dicono…) e dai quarti di finale a Wimbledon persi contro il nostro Gianluigi Quinzi, nell’anno della memorabile vittoria del marchigiano agli Junior Championships.
Il 2013 non è comunque un’annata avara di soddisfazione neanche nel circuito pro, con un ranking di fine stagione al numero 760 e condita dalla vittoria nel futures greco di Atene, ma le annate successive 2014-2015-2016 sono però abbastanza simili per il 21enne di Belgrado, autentico rullo compressore a livello futures con un numero impressionante di tornei vinti e di finali raggiunte, ma senza acuti particolari a livello challenger e un ranking che oscilla continuamente tra il 250 e il 350 del mondo circa.
Il suo gioco, pur estremamente talentuoso e completo, manca ancora della “pallata” che lascia fermo l’avversario, necessaria per il salto di qualità nei challenger, ed anche il servizio non procura ancora così tanti punti come dovrebbe.
La svolta arriva nella seconda metà del 2016, con le due semifinali raggiunte nei challenger di Fergana (Uzbekistan) e di Pune (India), oltre ad un’eccellente inizio di 2017, con le due finali challenger perse a Noumea da Mannarino (giocatore espertissimo a livello challenger) e a Tempe con lo statunitense Tennys Sandgren, magari con qualche rimpianto in più. Entra nei primi 200 facendo registrare il best ranking al numero 190, ma tutto il trend degli ultimi mesi denota una crescita costante e continua, e non sarebbe certo una sorpresa vederlo nei top 100 già entro fine stagione, per poi puntare nel 2018 ad altri traguardi.
Leggi anche:
- None Found