di Fabio Ferro
Matteo Viola, attualmente è il n.186 della classifica ATP. Nel 2013 ha fatto registrare un best ranking da n.118. Ha iniziato la stagione attuale all’insegna del lavoro tecnico in campo, sacrificando qualche risultato utile in prospettiva futura. Vincitore del Challenger di biella in singolare, ha intensificato il suo impegno anche nei tornei di doppio, raggiungendo la vittoria, sempre a Biella, insieme a Marco Cecchianto. Si racconta in questa intervista, tra aspirazioni e voglia di fare.
Siamo in periodo di bilanci, come consideri la tua stagione?
Diciamo che è stato un anno difficile, ho cominciato non bene perché ero alla ricerca di miglioramenti sotto l’aspetto tecnico. Ho perso troppe partite, ho fatto fatica a trovare fiducia nel mio gioco e tra il ritmo dei tornei e gli allenamenti, ho cominciato a metabolizzare i nuovi carichi di lavoro solo a metà anno. Ho giocato bene due o tre settimane nei mesi di maggio e giugno, ma nella seconda parte di stagione ho raggiunto, finalmente, un buon livello e ho centrato la vittoria al challenger di Biella, oltre alla semifinale, sempre in un torneo Challenger di Meknes, in Marocco. Prima di vincere a Biella, il mio migliore risultato dell’anno era stato una semifinale in challenger e una qualificazione all’ATP 500 di Barcellona.
Quindi hai dato priorità ai miglioramenti tecnici, ma quali sono gli aspetti del tuo gioco che hai cercato di modificare? Pensi che il lavoro che hai svolto abbia pagato?
Ho cominciato l’anno cercando miglioramenti nel mio tennis, ma la necessità di lavorare sulla tecnica non mi ha consentito un buon inizio. Per questo ho giocato meno tornei ATP e mi sono dedicato più ai Challenger, non senza difficoltà. Ma in questa maniera ho potuto applicare il lavoro tecnico in maniera meno traumatica per i miei risultati e almeno sono riuscito a non perdere terreno in classifica. Ho lavorato molto per essere più aggressivo in campo e stare con i piedi dentro le righe, penso che i risultati di fine stagione sia dovuti a lavoro svolto sulla pressione in avanti, a cercare il punto senza arretrare ed anticipando i colpi. A giudicare dai risultati, è un approccio che premia il mio gioco e, appena ho trovato la giusta confidenza con palle e campi, ha pagato subito e mi ha consentito di vincere a Biella, dove ho battuto anche Arnaboldi nei quarti di finale, ed è un avversario davvero duro da affrontare .Con lui ci vuole tennis per portare a casa la partita e mi aveva già battuto diverse volte.
Quest’anno, oltre al singolare, hai giocato anche il doppio, compiendo un balzo di oltre 150 posizioni nel ranking mondiale. A cosa attribuisci questo successo nella specialità?
Onestamente, non l’ho mai giocato in maniera sistematica e, se vogliamo, seriamente. Gli impegni di singolare già portano via molte energie e tempo. Subito dopo lo US Open, verso settembre, ho avuto modo di intensificare le mie partite in doppio. Insomma, avevo deciso di provarci e alla prima uscita, nel torneo nei Paesi Bassi, sono arrivato subito in finale,in coppia con Hildago Ramirez. Mentre a Biella, in coppia con Marco Cecchinato, abbiamo vinto un bel torneo. Ho potuto apprezzare il fatto che il mio gioco si presti proprio bene a questa specialità.
Guardando il tuo profilo sul sito ufficiale dell’ATP, ho notato che la tua superficie preferita è il duro, ma, guardando i risultati in carriera, tra Futures e Challenger, si contano 11 titoli su terra e 1 su cemento. Come lo giustifichi?
Io ho avuto un grande cambiamento, nei Futures si giocava molto più su terra, ma quando mi sono avvicinato alla posizione n. 200, tutto è cambiato. Quando giochi i challenger cambiano totalmente le superfici di gioco e la maggior parte dei tornei che contano sono su hard court. Ho dovuto adattarmi al cambiamento e ho potuto apprezzare ancora di più il mio gioco su questo tipo di campi. Restano i miei preferiti, mi sento a mio agio sul duro e sento che mi posso esprimere anche meglio.
Scorrendo i dati dei tuoi match del 2014, vedo che hai affrontato alcune giovani promesse del tennis italiano. Pensi che avremo un buon ricambio generazionale?
Si, credo che ci sia un buon ricambio. Quinzi, Napolitano, Donati stanno tutti cercando di migliorare il loro tennis e probabilmente è la cosa giusta. Sarebbe invece sbagliato mettere pressioni e fretta di risultati, perché il passaggio tra Futures e Challenger non è propriamente cosa facile. Nei Futures ancora puoi commettere qualche distrazione, nei primi turni, e salvare al partita, ma già nei Challenger le prestazioni richieste sono nettamente più concrete.
Cosa pensi della vicenda scommesse nel tennis?
Penso che serva creare un sistema di garanzia. A livello Challenger e, soprattutto, Futures le partite non dovrebbero essere quotate. Dico questo perché sono tornei nei quali girano pochi soldi, insufficienti anche a finanziare la propria attività agonistica e per questo è molto più facile che qualcuno, magari in difficoltà, possa approfittare di un’offerta “esterna” per un guadagno facile. Ma è molto complicato allontanare le scommesse dal tennis, basti pensare che i main sponsor di tantissimi tornei sono proprio i più importanti Bookmakers.
In questo momento su cosa stai lavorando?
L’obiettivo è sempre di lavorare sul mio approccio al gioco, piuttosto che al ranking. Ho sempre avuto un rendimento abbastanza costante e se voglio mettere a frutto il mio impegno devo avere alti stimoli e guardare avanti, solo così posso diventare un tennista più forte. Per quel che riguarda la tecnica, l’obiettivo è trovare sicurezza al servizio, e stare più possibile in pressione dentro al campo, coerentemente con le mie doti tennistiche e le necessità tattiche che il tennis professionistico impone, credo sia l’ unica possibilità per me di maggiore successo.
Cosa hai in programma per il finale di stagione? E cosa hai in mente per l’inizio del 2015?
Ho ancora da giocare tre tornei importanti a livello Challenger, Ortisei, Helsinki e Andria. Dato l’inizio di stagione lento, devo sfruttare questo momento. Si gioca anche su cemento Indoor e credo che posso chiudere bene l’anno. Per il 2015 non ho ancora programmi, la stagione attuale ancora non è finita, ma giocherò le qualificazioni a Melbourne e poi si vedrà.
Domanda di carattere psicologico. Quando giochi una partita, tendi a sperare che la palla ritorni da te per rigiocarla per il gusto di farlo o preferisci fare punto indifferentemente?
Guarda, in allenamento più ne colpisco e meglio è, ma in partita è meglio che finisca di là senza tornare indietro! (se la ride).
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