Matteo Trevisan è tornato al successo in casa, a Pontedera, nella prima edizione del Torneo Future ITF “Città di Pontedera” – Banca Sistema (10.000 $). Il suo è un legame forte con la terra natale, che lo ha consacrato agli occhi del mondo quando da juniores vinse il Torneo internazionale Under 18 di Santa Croce, uno degli appuntamenti giovanili più importanti di tutto il pianeta. Il passaggio al tennis dei “grandi” non ha confermato le enormi aspettative che si concentravano su Matteo, ma adesso il ponsacchino, in mezzo a una stagione decisamente positiva (oltre a Pontedera ha vinto anche il Future di Parma) e con una maturità più evidente agli occhi di tutti, può tentare di fare il suo ingresso nei tornei più prestigiosi. Ecco il Trevisan-pensiero il giorno successivo al trionfo nel Future pisano…
Partiamo dal torneo appena concluso: che cosa si prova a vincere in casa?
E’ sicuramente una bellissima sensazione, soprattutto di fronte a un pubblico così numeroso che mi sosteneva. Vincere non è mai semplice, soprattutto se sei la testa di serie numero 1. E’ stato un torneo molto impegnativo, con un quarto di finale e una semifinale che mi hanno tenuto in campo per sei ore e mezzo e mi hanno fatto giungere in finale parecchio stanco.
Nonostante la stanchezza tuttavia la finale con Picco è stata piuttosto agevole.
Come risultato si, ma era un match tutt’altro che facile. Mi sentivo molto fiducioso e motivato di vincere, ma allo stesso tempo stanco, e sapevo che avrei dovuto cogliere tutte le occasioni alla prima, senza trascinare la partita troppo alle lunghe. Sono stato bravo in questo a non dare tante opportunità al mio avversario.
Nei quarti di finale con Capecchi invece te la sei vista molto brutta: a un certo punto pensavi di non farcela?
E’ stata una partita strana, la prima con un caldo davvero sostenuto e contro un avversario che non conoscevo, che a tratti ha giocato in maniera eccezionale. Nel primo set ho sbagliato una volèe facile che mi avrebbe portato al set-point, da lì la partita è girata: sul 76 52 a suo favore sentivo di non avere molte chance, ma continuavo a crederci sapendo che avrebbe potuto calare il suo livello di gioco dandomi la possibilità di rientrare. Così è andata e per fortuna lo scampato pericolo mi ha portato bene…
Quali sono i tuoi obiettivi per la seconda metà di stagione, e di classifica per la fine dell’anno?
Cerco di non pensarci troppo, spesso il mio problema è stato che mi focalizzavo eccessivamente sulla classifica. So che il ranking a questi livelli è oscillante, ti puoi ritrovare più in alto o più in basso nel giro di una settimana anche a seconda dei punti che devi difendere dalla stagione precedente.
Che cosa ti è mancato per fare il definitivo salto di qualità verso posizioni più importanti?
Come gioco mi sento in grado di essere competitivo per la vittoria di qualsiasi Future. Penso di avere potenzialità per esprimermi a livelli più alti, ma mi è mancata la costanza: l’obiettivo dovrà essere quello di alzare la qualità del mio gioco per molte settimane consecutive. Solo così sarà possibile fare un bel balzo in avanti…
Molti tuoi colleghi stanno portando avanti la “crociata” per ridefinire tutto il mondo Future, dove la distribuzione dei premi penalizza la crescita dei giocatori che hanno voglia di salire, ma non hanno grandi potenzialità economiche. Che pensi a riguardo?
Il problema esiste di sicuro… Pensa che questa settimana vincendo il torneo ho guadagnato 840 €, e mi “salvo” solo perché abito a pochi chilometri da Pontedera riuscendo per una volta a risparmiare sulle spese. In tutte gli altri tornei dell’anno i costi di vitto e alloggio sono enormi ed è impossibile finire in attivo, senza considerare che il vincitore è uno solo e tutti gli altri guadagnano ancora meno! La soluzione si può trovare solo dall’alto, soltanto se chi vive in una situazione agiata decide di fare qualcosa per risolvere il problema: la stragrande maggioranza di giocatori fuori dai primi 200 del mondo può solo lamentarsi, ma alla fine è costretta ad accettare le decisioni altrui…
Sei stato numero 1 al mondo a livello Juniores: questo ha creato in te troppe aspettative, e allo stesso tempo troppe pressioni?
Parto dal presupposto che ogni tennista ha la sua storia, ed io sono fiero della mia. Ho vissuto in pratica due vite, una fino ai 18 anni e una dai 18 anni ad oggi, in cui mi sono successe tantissime cose difficili da affrontare quando sei così giovane. Ho commesso degli errori che adesso a distanza di tempo vedo con più chiarezza, ma allo stesso tempo ne ha commessi anche chi mi ha gestito nella delicata fase di crescita. Di sicuro oggi mi sento più maturo e consapevole e ho voglia di continuare a provare a migliorarmi e ad arrivare a quei livelli che fino ad oggi non ho mai raggiunto.
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