C’è un pezzo di Italia nell’esplosione ad altissimi livelli di Holger Rune. Il danese classe 2003 è stato una delle sorprese del Roland Garros, in cui dopo una splendida cavalcata si è arreso solamente ai quarti di finale al norvegese Casper Ruud in un incandescente derby scandinavo. Grazie ai punti conquistati al primo Slam parigino della sua carriera, che si aggiungono a quelli collezionati nelle ultime settimane tra Challenger di Sanremo (vinto), ATP 250 di Monaco di Baviera (vinto) e ATP 250 di Lione (sconfitto in semifinale da Cameron Norrie), il diciannovenne di Gentofte entrerà per la prima volta tra i primi 30 giocatori della classifica mondiale. E pensare che tutto sarebbe stato più complicato se non fosse guarito da un fastidioso problema alla schiena. Ma andiamo con ordine.
Il fisioterapista di Holger Rune è Matteo Tinelli, milanese classe ’97 con un passato tra i primi 1000 tennisti del ranking ATP. “I miei genitori giocavano a livello amatoriale ed esattamente sotto il balcone della mia camera, all’interno del condominio, ci sono campi da tennis – racconta il lombardo in esclusiva ai nostri microfoni –. Ogni mattina alzavo le tapparelle e li vedevo, così cominciai a giocare da piccolo con mio papà. Una volta cresciuto sono andato al Tennis Club Milago (oggi Milago Tennis Academy, ndr)”. Ma la strada per diventare un professionista “vero” è tortuosa e ricca di ostacoli: “Sono arrivato ad avere una ventina di punti ATP, ma nel tennis ci si deve sempre porre una domanda, ‘Cosa ti aspetti dalla tua carriera?’. Io ho sempre sognato di garantire alla mia famiglia una stabilità economica, volevo una grande crescita. Però secondo me se a 19 anni decidi di non studiare, non diventi un campione e non vuoi fare l’allenatore, rischi di finire in mezzo alla strada”. La soluzione arrivò dagli States: “Ricevetti offerte da diversi college americani, opzione molto gradita dalla mia famiglia. Così volai alla Boise State University ponendo fine alla mia carriera internazionale”.
Nel Nuovo Continente Tinelli non completa il percorso di studi, ma studiando fisioterapia capisce quale sarebbe stato il suo destino: “Per essere riconosciute in Europa studiando fuori dall’Unione Europea, figure sanitarie come me devono completare un percorso che comprende anche un master e poi, una volta in Europa, superare un test statale. Avrei dovuto studiare sette anni in America anziché quattro. E gli ultimi tre non sarebbero neanche stati coperti dalla borsa di studio legata al tennis. Ho preferito tornare in Italia dopo quasi due anni. E mi sono laureato a Milano in massoterapia”. A questo punto subentra un “personaggio” molto caro a Matteo: “Il mio storico fisioterapista, Elvis Berzolli, mi propose di iniziare a lavorare con lui. Mi insegnò il mestiere, mi formò. Poi è arrivato il Covid”. Durante il lockdown sorgono strani dubbi: “Mi sono posto delle domande sui limiti del lavoro che stavo facendo. Allora mi sono iscritto anche alla facoltà di psicologia dello sport, che sto ancora studiando. In più mi era tornata la voglia di giocare a tennis, tanto da decidere di trasferirmi a Sanremo. In Liguria mi allenavo con Gianluca Mager, Thomas Fabbiano e Dimitar Kuzmanov, ma la mia attività durò poco perché i giocatori mi chiesero di seguirli come fisioterapista”.
Tinelli diventa adulto: “A Sanremo si sparse la voce e dopo due mesi riuscii ad aprirmi il mio primo studio. I giocatori erano la mia priorità, se avevano bisogno trovavo sempre un buco per accontentarli. Feci un paio di trasferte con loro e iniziai a collaborare anche con il Tennis Club Milano Alberto Bonacossa”. Fino allo scorso aprile: “Ero il fisioterapista del Challenger di Sanremo. Mi si è presentato Holger Rune con un problema alla schiena che non riusciva a risolvere da 4-5 mesi. Gli avevano detto di fare diversi esami, ma non mi sembrava la soluzione migliore. Il suo team è stato chiaro: ‘Stiamo cercando una figura come la tua. Se risolvi il problema alla schiena di Holger potremmo iniziare a lavorare insieme’. Il problema lo abbiamo risolto e Holger ha vinto il torneo e dato una svolta alla sua stagione. Dopodiché sono andato con loro a Monte Carlo e poi sono entrato a tutti gli effetti nel team. Tanto da essere costretto a chiudere il mio studio a Sanremo”.
La scintilla è scoccata immediatamente anche dal punto di vista umano: “È stato facile trovare la chimica tra noi anche grazie al mio background tennistico. Spesso gli faccio anche da sparring partner in allenamento. Holger è una persona speciale. È solare, estremamente professionale ed enormemente ambizioso. Sono proprio le sue ambizioni che lo stanno portando così in alto. Richiede tantissimo a se stesso in tutto quel che fa: allenamenti, atletica, prevenzione, sessioni che fa con me, partite. Fisicamente deve ancora strutturarsi ma ha un potenziale incredibile. Ha una potenza fuori dal comune. I primi due passi dei suoi scatti in campo sono spaventosi, non ho mai visto nulla di simile in quanto ad esplosività. Può diventare un ‘cavallo’ ma non bisogna dimenticare che a 19 anni il suo corpo debba ancora assestarsi”.
Un episodio al Roland Garros ha particolarmente colpito Tinelli: “È successo dopo la vittoria contro Stefanos Tsitsipas agli ottavi di finale. Normalmente un ragazzo di 19 anni che batte il numero 4 del mondo sul Centrale di uno Slam in una grande battaglia magari non fa festa, ma non ci va nemmeno troppo lontano. Dopo avermi abbracciato a fine match, l’unica cosa diversa dal solito che ha fatto è stata prendersi un minuto per andare ad abbracciare anche la mamma e la sorella. Un minuto. Poi è tornato da me e mi ha detto: ‘È stata una bella partita, una bella emozione. Ma adesso io e te abbiamo tanto lavoro da fare per preparare i quarti di finale’. Mi sono venuti i brividi. Questa testa, questa mentalità. Incredibile. La sfida con Tsitsipas è finita alle 19 e abbiamo fatto una seduta che è terminata alle 22. Il giorno successivo abbiamo lavorato insieme quattro ore, infatti contro Ruud è stato fisicamente brillante. Chiaro, deve crescere, anche nella gestione del match, ma la sua ambizione mi ha scioccato”. Nessun dubbio dunque sulle potenzialità del giovane danese: “Secondo me diventerà numero 1 del mondo. Ha una fame pazzesca ed è versatile su tutte le superfici. Tutto intorno a lui è strutturato per farlo arrivare al massimo, tutti lavorano con la sua stessa intensità, tutti hanno quell’obiettivo. Dopo un Roland Garros del genere il concetto è lavorare per tornare a Parigi l’anno prossimo e fare meglio. Quando è centrato domina, la palla gli pesa e copre bene il campo. Ha le qualità per diventare, un giorno, il numero 1 del mondo”.
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