Ragazzo semplice, disponibile e rispettosissimo degli avversari, ma anche freddo e cinico in campo, è una delle promesse italiane più attese nel mondo del tennis e, a Napoli, raggiunge la prima finale Challenger in carriera, battendo tennisti più quotati ed esperti. Matteo Donati comincia a mostrare il suo talento sui palcoscenici che gli competono.
Sei in finale in Challenger, la prima volta per te. Come vivi questo momento?
Prima di venire qui, pensavo che già arrivare nei quarti di finale sarebbe stato un risultato onorevole, ma il tabellone non era facile, anche per via della presenza del n.1, Golubev, sul mio cammino, senza contare che tutti gli altri tennisti non sono meno pericolosi. Ma è anche vero che sono arrivato a Napoli dopo aver lavorato tanto ed ero in fiducia. Già in Canada avevo fatto bene e gli allenamenti stavano prendendo forma. Ho giocato un buon primo turno, ma è con Golubev che ho maturato l’idea di poter fare veramente bene e arrivare in fondo. Sono vittorie che danno valore al lavoro che ho svolto e non ho commesso l’errore di sottovalutare i miei avversari.
Vieni da partite sempre molto tirate e anche la semifinale è stata dura. Siete entrati in lotta subito, quali sono state le tue sensazioni al riguardo?
Nei quarti con Arnaboldi è stata dura, è stato un match difficile e entrambi eravamo molto provati. Nel terzo set, lui era arrivato a due punti dalla vittoria, ma sono riuscito a sorprenderlo in fase difensiva e a tenerlo lontano dal break. Per quanto riguarda oggi, sia io che Marco (Cecchinato) venivano da match molto contesi, che sono arrivati più volte al tie break. Proprio nel tie-break ho tenuto duro perché sapevo che il match avrebbe preso una piega diversa anche solo per due punti. Ho cercato di stare lì e spingere con tutto quello che avevo, mi è andata bene e sono contento del mio match. Oltretutto, il mio avversario è un ottimo tennista, dal gioco completo e sempre competitivo. La sensazione è stata buona perché sentivo di poter giocare il mio tennis. Rispetto al passato il lavoro di preparazione fisica mi ha reso più presente in campo e ora posso giocare un torneo senza soffrire negli spostamenti o nella stanchezza. Oggi si vedeva.
Ora hai Munoz-De La Cava, è un tennista esperto, la cui classifica dice poco sulla consistenza del gioco. Come intendi affrontare la finale?
Lo conosco, l’ho visto giocare in vari challenger. Ma non mi baso sul gioco dell’avversario, piuttosto credo che debba giocare il mio tennis, senza guardare troppo chi o cosa ci sia dall’altra parte della rete, non devo farmi condizionare e non devo pensare di snaturare il mio gioco, piuttosto devo adattarlo alle condizioni, ma non posso rinunciare alla mia natura di attaccante. Sarebbe uno sbaglio e, a questi livelli, non fai partita se non sei centrato sull’obiettivo. Devo dire che il torneo è bello e la gente è fantastica e ti dà supporto nella partita. È un contesto nel quale riseco ad esprimermi al meglio perché c’è attenzione e passione da parte di tutti e questo mi aiuta a stare concentrato.
Non so se fai i tuoi calcoli o se segui la classifica in tempo reale, ma in questa settimana hai già guadagnato 108 posizioni e con la finale potresti ancora fare un grosso balzo in avanti. Qual è il vero motivo del tuo miglioramento?
Mah, anche in Canada avevo fatto bene, quindi credo sia solo il frutto dei mesi passati a lavorare. Sono migliorato tennisticamente, è vero, il diritto va meglio, il rovescio anche e il servizio va veloce ed è solido, mail motivo del mio miglioramento è da ricercare nella tenuta atletica, che ora è migliorata notevolmente, mentre in passato non mi sentivo adeguatamente forte per tenere i match a lungo. Oggi recupero molto meglio, mi muovo più velocemente e arrivo meglio sulla palla. Tutto ciò mi consente di allungare i punti e di poter spingere di più, soprattutto con il dritto, senza avvertire cali di rendimento.
Quindi hai abbandonato la versione 1.0 di Matteo Donati e hai adottato quella 2.0, con un gioco di difesa più solido?
Io gioco d’attacco, ma non si può sempre attaccare a questi livelli e il mio punto debole era proprio la mancanza di sprint e di resistenza nello scambio prolungato. Oggi recupero e riesco a far giocare più colpi all’avversario, questo significa fare più punti
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