Sono bastate poche parole su Twitter per scatenare i tifosi: “Prossima fermata… Indian Wells!”. L’annuncio certifica una notizia che il tennis aspettava da tanto, la ripresa di un discorso sospeso, il finale di una storia rimasta a metà. Mardy Fish torna a giocare. E non poteva che farlo nel luogo più speciale, là dove tutto è cominciato.
Là dove nel 2008 ha vissuto la miglior settimana della carriera, quando da numero 98 del mondo sconfisse Mayer, Andreev, Davydenko, Hewitt, Nalbandian e Federer, con la mononucleosi si saprà dopo, prima di cedere a Djokovic. Lì, nel secondo stadio più grande del mondo dopo l’Arthur Ashe di New York, è cominciato il percorso che in tre anni lo porterà in top-10 e a giocarsi le Finals del 2011.
Poi iniziano i problemi, tra l’aorta e l’intenzione. E non è una metafora. In pochi mesi, nel 2012, si moltiplicano gli episodi di tachicardia. Prima dell’incontro in Davis contro Stan Wawrinka, poi ancora, due o tre volte. Le crisi finiscono nel giro di pochi minuti, ma non a Miami, subito dopo la sconfitta con Juan Monaco. Ha un’aritmia cardiaca ma non è in pericolo di vita. Si sottopone a uno studio elettrofisiologico al Cedars Sinai Hospital di Los Angeles, dove si è fatta curare Serena Williams per l’embolia polmonare.
Prova a rientrare, i battiti tornano alla normalità. Ma non riesce più a dormire da solo, non vuole viaggiare, e quando si sposta indossa sempre un piccolo apparecchio per l’elettrocardiogramma, la sua coperta di Linus. Incontra psicologi e psichiatri, non passa una sola notte lontano dalla bellissima moglie Stacey Gardner, ma il momento del rientro è sempre lontano, un Godot in all0ntanamento continuo, Sta fermo fino agli Us Open, raggiunge gli ottavi ma si ritira prima di scendere in campo contro Roger Federer. “Nella mia testa mi sarò ritirato almeno 15 volte – ha detto nei primi 3-4 mesi dopo lo Us Open, era come se lo fossi”.
Indian Wells è ancora il luogo del cuore, e nemmeno questa è una metafora. E’ lì che prova a rientrare di nuovo, a inizio 2013. E’ comunque una stagione complicata, e non potrebbe essere altrimenti. “Due apparizioni coraggiose” scriveva il nostro Salvatore Petrillo, “ma sfortunate a Indian Wells e Washington rappresentano gli ultimi ricordi che si hanno di Mardy. Ad Agosto arriva l’ultimo match finora disputato: si ritira nel terzo set contro Nieminen a Winston Salem”.
Si sente comunque un giocatore. E vorrebbe tornare allo Us Open, in doppio con l’amico Andy Roddick, prima però di scoprire che è impossibile perché avrebbe dovuto sottoporsi a controlli antidoping nei tre mesi precedenti l’inizio del torneo, e la richiesta di iscrizione è stata presentata con un preavviso inferiore. Ma, ed è questa l’altra notizia che solletica la curiosità degli appassionati, il portavoce USTA Chris Widmaier ha già garantito che darà a Fish e Roddick una wild card in doppio se decidessero di iscriversi. “Pensiamo che sarebbe straordinario -ha detto- se volessero tornare a giocare qui in doppio. Sarebbe un grande spettacolo, e speriamo che prenderanno in considerazione l’idea. Ho avuto garanzie dagli organizzatori che se volessero giocare, avrebbero certamente una wild card”.
Nel frattempo, Fish giocherà proprio in doppio le sue prime partite dalla lontana sconfitta con Nieminen. E’ infatti iscritto al Challenger di Dallas della prossima settimana in coppia con Mark Knowles.
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