Madrid non è una citta per il tennis

Caja Magica

di Piero Emmolo

“Madrid no é ciudad para el tenis”. Si narra ebbe a dire piu’ volte Manolo Santana. Non possiamo contestualizzare il frangente in cui il campione di Wimbledon pronunciò questa frase ma, col senno di poi, potremmo anche riconoscergli una certa lungimiranza. Un dialogo di un giovanissimo Nicolas Almagro, ancora teenager, durante un allenamento sui campi secondari del CT Palermo, sede del torneo ATP, mi sovviene a tal proposito. Con un inglese maccheronico, figlio dell’inesperienza e cadenzato da un tono spagnoleggiante, ribadì, pur non citando il più illustre ex collega, il concetto. E io, appena sedicenne, capii ma non diedi troppa importanza. Adesso, forse, a quel rapido scambio di battute con uno sconosciuto doppista con un paio di Volkl gialle senza incordatura tra le mani, potremmo anche attribuirgli un senso.

In questi giorni del combined madrileño, gli appassionati di tennis non avranno non potuto notare il desolante colpo d’occhio degli spalti spagnoli. Queste critiche trovano giustificazione anche nella querelle che, da un pò di tempo, ha coinvolto lo spavaldo Ion Tiriac, direttore del torneo spagnolo. L’ex tennista e hockeysta rumeno, sarà anche un buon imprenditore, capace di accumulare fortune a tanti zeri, ma sarebbe altrettanto opportuno abbandonasse le velleità soventemente ostentate, di fare del torneo che dirige il c.d. “quinto slam”. Diverse sono le kermesse che nel circus si contendono la palma di quinto major. Da Indian Wells a Roma. Da Pechino alla stessa Madrid. La questione é in realtà un po’ pedante in quanto ogni torneo, per un motivo o per un altro, ha un’intrinseca caratteristica che lo rende più o meno fascinoso, al di là del prize money in palio. Per Madrid, difetterò anche di conoscenze, fatico a rintracciare un’eccellenza o un segno distintivo caratteristico. Dalla claustrofobica copertura dei campi, all’imbarazzante numero esiguo di spettatori. Dai fastidiosissimi giochi di luci e ombre nel campo di gioco, a scelte di programmazione a dir poco discutibili. Nemmeno l’interesse per un derby tra l’iberico venezuelana Garbine Muguruza e Carla Suarez Navarro, entrambe al primo alloro in carriera in questa stagione, ha destato un minimo di interesse tra il pubblico spagnolo, che ha continuato a disertare le tribune della Caja.

In verità, il baffuto organizzatore ha cercato di riparare con bizzarre iniziative ai numeri impietosi del torneo. Dal tanto chiacchierato esperimento della terra blu, alla proposta vintage, in verità intrigante, di far cimentare in un’esibizione con racchette di legno i tennisti più glamour del seeding. Il tennis retrò è andato in scena sui campi madrileni, ma protagonisti dell’evento sono stati interpreti altrettanto “stagionati”: Panatta, Nastase, Gomez, Kodes e Santana sono state le vecchie glorie che hanno intrattenuto il pubbl…, diciamo, hanno intrattenuto. La verità è che le tradizioni sono tradizioni e, come il buon Manolo ricorda, Madrid, sua città natale, col tennis non ha mai avuto un feeling eccelso. Prendiamo l’esempio Barcellona. Un ATP 500 che SuperTennis c’ha dato possibilità di vedere in chiaro. Il derby Nadal-Almagro ha riempito quasi totalmente la bombonera da 7200 posti del Real Club de Barcelona. É parecchio difficile che un evento simile possa verificarsi nel torneo della capitale. Senza contare che, per prestigio delle accademie tennistiche insediate, tra cui la gloriosa Sanchez Casal e la Bruguera tennis Academy, la città catalana sembrerebbe più accreditata ad ospitare un master 1000. Il club che ospita il secondo torneo spagnolo per importanza, come lo stesso nome suggerisce, può inoltre vantare una certa vicinanza con la prestigiosa nobiltà hispanica.

Nemmeno le politiche dei ribassi dei prezzi fino al 20%, in vigore già dall’anno scorso, sembrano aver potuto conferire nuovo appeal al quarto master 1000 stagionale. Le ingenti spese per la costruzione dell’impianto, adattabille a più discipline, anche extra sportive, non sembrano aver ripagato le aspettative dei progettatori, i quali avevano in mente un vero e proprio centro multi-tasking, polifunzionale e versatile a 360°. A onor del vero, quest’anno anche la iella ha dato il suo contribuito. Il prolungato riposo precauzionale di Djokovic e la sopravvenuta doppia paternità di Federer, entrambi figuranti nel seeding del main draw, hanno assestato un altro colpo basso alle frustrate, giá sul nascere, pretese megalomani di Tiriac. Per ultimo, la vicinanza nel calendario con il torneo capitolino italiano, ultimo ma eccellente baluardo del circuito maggiore in Italia, non può che mettere ulteriormente in risalto le differenze numeriche e di contesto tra i due tornei. Non sono un fan sfegatato del pur incantevole Foro Italico ma, caro Ion, numeri alla mano, e quelli sì che contano, un confronto sull’asse Roma-Madrid non merita nemmeno di essere accennato.

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