Siamo proprio sicuri che il tennis tre su cinque che attualmente si gioca negli Slam sia preferibile al due su tre in uso in tutte le altre competizioni?
Mi ponevo questa domanda assistendo ad alcuni ottimi match del Master 1000 di Indian Wells chiedendomi se pur di fronte ad esibizioni piacevoli avrei voluto passare un altro paio di orette davanti al teleschermo che probabilmente non avrebbero aggiunto nulla alla vicenda.
E mi dicevo che, per una serie di ragioni che analizzerò, forse è giunto il momento di cambiare per migliorare anche se, come spesso accade, i cambiamenti regolamentari nello sport ed in particolare in uno sport molto legato alla tradizione come il tennis, sono difficili da condividere e accettare, rappresentando, a volte inconsciamente, qualcosa che abbiamo imparato a considerare ovvio, scontato, romantico, immutabile.
La prima argomentazione a sostegno della tesi che analizziamo è che il tennis è l’unico sport in cui le competizioni più importanti si svolgono su una distanza diversa (a volte quasi doppia) rispetto a quella classica di tutte le altre manifestazioni; sarebbe come se nel calcio le partite che normalmente durano due tempi di 45 minuti si svolgessero in tre tempi in occasione della Coppa del Mondo.
La cosa non ha la minima logica, mi sembra, e provoca la conseguenza che solo in età ormai adulta molti tennisti giochino per la prima volta il loro sport con altre regole: che non sia anche questa una delle cause di una certa stagnazione ai vertici che sta diventando per certi aspetti imbarazzante?
Inoltre lo spettacolo sportivo nel ventiduesimo secolo vive grazie all’apporto delle televisioni; lo spettatore, che ha normalmente altre cose da fare durante la giornata (a volte la nottata), può dedicare alla visione di un evento un periodo di tempo necessariamente più limitato.
Senza scomodare studi e ricerche che sono stati fatti e riferendomi semplicemente alla mia esperienza personale, mentre due/due ore e mezza sono un tempo ragionevole che posso dedicare ad un incontro di tennis, quando superiamo le quattro diventa problematico.
Alla fine si vedono match a singhiozzo: quante volte vi sarà capitato di dover abbandonare un lungo incontro in un momento decisivo? Di addormentarvi durante un incontro notturno pur se interessante? Ed anche di discutere con la moglie che in una domenica pomeriggio reclama un po’ di attenzione?
Qualcuno sosterrà che l’incontro lungo sia più spettacolare e che il ricordo di certi “quinto set” sia indelebile nella memoria: quello che rende clamorosamente più interessante e avvincente il quinto set è che è il set decisivo, non che è il quinto set. In futuro ricorderemo degli interessantissimi e avvincentissimi “terzo set”, magari giocati senza tiebreak, come se ne sono visti molti in quest’ultimo mese.
Probabilmente anche la qualità del gioco migliorerebbe con un tempo di gioco più limitato e con minore stanchezza accumulata nei turni precedenti; i giocatori più tecnici e meno dotati dal punto di vista esclusivamente atletico ne trarrebbero indubbio vantaggio e non sarebbero neanche incontri troppo brevi, dato che spesso la durata è comunque mediamente di quasi tre ore per un match lottato, comunque ben oltre la lunghezza media di quasi tutti gli sport. E ad essere onesti quei match che finiscono 62 62 presenterebbero quasi sempre dei terzo set noiosissimi.
Probabilmente il pericolo di infortuni verrebbe limitato, certamente avremmo qualche sorpresa in più, che è un anche un aspetto dello spettacolo.
I tornei precedenti e successivi ad uno Slam sarebbero più frequentati dai big se questi non avessero il ragionevole timore di di restare a secco di energie nello Slam successivo o di non averne più dopo lo Slam precedente.
E poi non sentiremmo forse più parlare di escamotage assolutamente aberranti per ridurre il tempo di gioco, come quelli recentemente visti in certe esibizioni.
Ci sarebbero maggiori “difese” in quelle edizioni funestate dal maltempo nelle quali i giocatori che hanno diritto al campo coperto hanno un calendario privilegiato, si potrebbe giocare in orari più umani, si garantirebbe quasi sempre il giorno di riposo a tutti o perlomeno parità di condizioni.
Mi fermo qui per non annoiare i dieci lettori che hanno voluto leggere delle considerazioni su un argomento non sicuramente per tutti interessante e per qualcuno addirittura tabù.
Se nascesse un interessato dibattito potremmo approfondire altri aspetti secondari, ma ugualmente interessanti oltre ovviamente a qualche negatività.
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