da Parigi, Marco Mazzoni
I primi giorni del Roland Garros sono forse i più affascinanti. Si passa da un campo all’altro compiendo piccole maratone tra una folla divertita e variopinta, spesso molto competente. Si assistono a match tiratissimi, perché per molti giocatori di seconda fascia passare il primo turno di uno Slam equivale a “salvare la stagione” dal punto di vista economico… Soprattutto c’è l’occasione imperdibile di poter ammirare dal vivo tennisti nuovi, giovani o che si affacciano per la prima volta al tennis di primissimo livello, e poterli così conoscere e valutare. In questa categoria rientrava il match andato in scena nel tardo pomeriggio sul campo 7, tra il potente yankee Steve Johnson ed giovane francese Laurent Lokoli. Una partita in cui è successo letteralmente di tutto, così tirata e ricca di episodi da non esser stata nemmeno conclusa per via dell’oscurità (siamo al quinto set, con Johnson avanti 3-1).
Steve l’avevo già visto in tv e streaming più volte, e dal vivo mi ha confermato di essere un giocatore con alcuni limiti (forse alcuni difficili da limare) ma con margini di crescita interessanti. Dotato di un fisico possente e di una discreta mobilità laterale, regge il suo tennis su di un servizio bomba ed un “drittaccio” arrotato in progressione che può far malissimo; meglio quando lo spinge su di una palla alta, perché lo swing è ampio e la sua chiusura “a gancio” col polso può essere un’arma a doppio taglio. Infatti il modo in cui termina il movimento può diventare letale nel dare all’ultimo la direzione alla palla, ma rischia anche di fargli perdere il momento ideale all’impatto su palle basse e tese, quando diventa difficile passar sotto e imprimere forza e precisione. Il lato sinistro è assai più debole, sia come sensibilità che come potenza. Col rovescio bimane contiene, a volte cerca una botta a chiudere improvvisa quando è fuori campo, ma sono soluzioni senza un vero controllo; meglio quando stacca la mano, e con un back accentuato riesce a cambiare il ritmo allo scambio e riguadagnare metri di campo. Il suo pressing lo porta naturalmente in avanti, dove riesce a chiudere con coraggio e decisione, ma le carenze di tocco sono parse evidenti in più di un momento. Il californiano è un classe ’89 (24 dicembre), ma è ancora relativamente giovane come tennis ad altissimo livello. Lo si è visto chiaramente ieri contro Lokoli, quando ha gestito malissimo nel tiebreak del secondo set alcuni passaggi chiave, con scelte tattiche scellerate o con il classico braccino tennistico… Però è stato bravo a reggere l’atmosfera infuocata creata dai rumorosissimi sostenitori di Lokoli, e nonostante tutto risalire da due set sotto e portarsi in avanti nel quinto set. Pur con tutti i suoi limiti, Johnson è oggi uno dei migliori “nuovi” giocatori USA: ha staccato nettamente i vari Kudla, Harrison ecc. che erano accreditati di prospettive superiori, e che invece non solo sono mestamente fuori dal tennis che conta ma tecnicamente fermi o addirittura involuti.
Chi invece sta vivendo una vera e propria esplosione è l’avversario di Steve, Laurent Lokoli, giocatore assolutamente diverso e che sta entusiasmando il pubblico parigino dalle qualificazioni. Il giovane classe ’94 di origine Corsa si era segnalato nel 2010 vincendo l’Orange Bowl under 16, quando rifilò un sonoro 6-3 6-0 al connazionale Pouille. Poi di lui si erano un po’ perse le tracce, tra un’attività junior senza altri acuti ed un inizio di vita Pro complicata. Nelle qualificazioni ha dato spettacolo con rimonte clamorose e soprattutto portando in campo un tennis ad altissima adrenalina, che per molti commentatori lo avvicina a quello di Tsonga.
In effetti qualcosa di Jo-Wilfried si può ritrovare in Lokoli: gran fisico, esplosività, servizio bomba e dritto in spinta notevole, agile nel gioco di piedi nel trovare la palla; come Tsonga non ama il ritmo, ma prova a spaccare lo scambio entrando con accelerazioni a chiudere o anche con palle corte eseguite con discreta mano e lucidità tattica. Pure difetti simili a quelli di Jo: sensibilità e fluidità minore sul lato sinistro, un rovescio non così sicuro ed uno sbilanciamento notevole tra la qualità come produttore di gioco e le lacune in difesa.
Sarà per la giovane età, ma rispetto a Tsonga è ancor più disordinato in campo, tanto da ricordarmi un po’ quegli attaccanti degli 80s che tiravano tutto con soluzioni estemporanee e zero tattica, a creare momenti di tennis spettacolare insieme a tanti errori. Di sicuro è uno che non ama aspettare, non vuole mai finire in lunghe schermaglie da fondo campo, dove i suoi limiti di consistenza e controllo vengono fuori.
Lokoli pare fatto apposta per esaltare le folle, sprizza energia da tutti i pori, non sta mai fermo un attimo e si diverte a dialogare col pubblico, con atteggiamenti a volte un po’ sopra le righe ma mai scorretti, direi assolutamente genuini. Il pubblico poi ieri era sì sopra le righe… un’ampia fetta della tribuna principale era presidiata da veri e propri ultras corsi, con tanto di bandiere, slogan insistiti e cori da stadio calcistico, ad esaltare il loro giovane che a sua volta esaltava i suoi tifosi con giocate estreme e spettacolari. Una “torcida” mai vista in un torneo di questo livello, che ha creato un’atmosfera elettrica in un match già di per sé esplosivo per le continue giocate spettacolari prodotte dai due atleti. Ci sono stati momenti di vero divertimento, tra bordate di dritto, ace, risposte, passanti, smorzate e scambi complicati sotto rete, chiusi da tuffi, errori e vincenti.
Analizzando più nel dettaglio il tennis di Lokoli, il suo punto di forza è il servizio, che esegue con un mulinello velocissimo di braccio e spalla, con un contributo limitato del peso del corpo a dare pesantezza alla palla. Pare trovare bene ogni angolo ed effetto, anche se la botta esterna con un leggero slice pare la soluzione che predilige, e che gli ha portato molti punti. Il dritto è un buon colpo, lo impatta con buon timing su palla alta insieme ad un certo topspin di controllo, usando in questo caso tutta l’inerzia del corpo nello slancio. Sembra tuttavia un colpo più potente che sicuro: tira a tutta, senza grande margine, tanto da sbagliare anche di un metro in più di un’occasione. E’ il classico dritto buono quando si comanda lo scambio, ma che può andare in enorme difficoltà quando sotto pressione va dosato nel controllo. Controllo che sembra assai lacunoso sul rovescio, sia per un cattivo tempo di impatto (spesso entra nella palla troppo dietro) che per una meccanica esecutiva che lo porta a trovare la palla lontana e con le braccia troppo estese. In risposta ci prova, non blocca molto spesso il colpo, con qualche vincente ma anche diversi errori. Pur non avendo una sensibilità spiccata, prova spesso a smorzare, anche con buoni risultati. In generale prende rischi enormi, giocando un tennis estremo, senza margini di sicurezza. Un tennis terribilmente affascinante e divertente, ma complicato da replicare ad altissimo livello contro avversari tosti che si sanno difendere e replicare. Il tutto con un modo di stare in campo così estremo che lo fa giocare sempre sui nervi, con momenti di esaltazione assoluta seguiti da pause di depressione sportiva, in cui può regalare ed eclissarsi. Di sicuro Lokoli è una bella scoperta. Un giocatore diverso dalla media del circuito, che potrebbe essere un acquisto notevole per lo spettacolo che sa regalare in campo.
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