di Sergio Pastena
Parlare male di Isner è difficile: è un bravo ragazzo dal comportamento ineccepibile. Si allena, suda, lavora, mai una parola fuori posto nei confronti dell’avversario. Gentile, affabile, sorridente, impegnato nel sociale con tanto di Charity Tournament. Inoltre è inevitabilmente simpatico perché, diciamolo, le favole hanno un fascino particolare se si vive in una realtà brutale come quella di oggi. E la sua è una favola, quella di uno che non sa giocare a tennis ed è a ridosso dei Top Ten.
Io vorrei parlarne bene, giuro… non voglio farmi influenzare dai match contro i “top players”, che non sono proprio il miglior metro di paragone. Il problema è che se guardo le statistiche siamo sempre lì. Games alla risposta vinti: sempre tra l’11% e il 13%. Punti sulla seconda avversaria vinti: 42% fisso dal 2009. Games di servizio vinti: tra il 91% e il 93%. L’unico miglioramento sensibile l’ha avuto nelle conversioni delle palle break, passate dal 25% del 2008 al 34% di oggi, ma questo non è un dato che indica un miglioramento tecnico se poi i punti vinti alla risposta son sempre più o meno quelli. Questa è roba di tattica.
Questo pensavo fino a ieri.
Poi, spinto da forza oscura, ho visto il match di Delray Beach contro Levine, vinto da Long John 6-4 7-6, col tie break decisivo finito 17-15. E mi sono illuminato, signori. Sì, mi sono illuminato perché finalmente ho potuto vedere all’opera Isner contro un avversario normale. E mi sono accorto, sì amici, me ne sono accorto, di quali mirabolanti prodigi e colpi ad effetto abbia sviluppato in questi anni la pertica di Greensboro. Da domani sarà sul mio altarino personale: alla sinistra del Dio Santoro c’è già Dolgopolov, alla destra metterò lui. La Nalba dovrà passare nel presepe a fare il bue, che tanto ha la stazza. Anzi, sapete cosa? Per mondarmi dai peccati commessi in questi anni vi propongo una scheda approfondita sul N.B.T. (Nuovo Bagaglio Tecnico) di Isner. Tutti i miglioramenti fatti in questi anni, sviscerati punto per punto per noi suoi umili fedeli.
1) Rovescio Sahara: un tempo Isner, quando l’avversario per rispondere al suo servizio finiva nelle tribune, se si trovava a colpire di rovescio provava lo stesso a mettere forza, uccidendo i linesman. Si narra che un giorno il suo allenatore Boynton, all’ennesimo ragazzino del circolo mandato al CTO, abbia sbottato: “But the camp is liber, shit! Is vuot like a desert! Why do you scamazz the ball in that manner, brutt spilungon bread-eating at tradiment?!?!?”. Pare che Long John, fulminato dalla considerazione, abbia passato notti a studiare il manuale delle regole, scoprendo che è punto non solo quando la palla sfonda il telone, ma anche quando rimbalza due volte a terra. Così è nato il rovescio Sahara, ovvero il rovescio appoggiato in campo aperto con l’avversario in Birmania. E’ stata dura, ma ci siamo riusciti.
2) Servizio Giorgi: un colpo che il giraffone della North Carolina già possedeva, ma prima lo sfoderava solo contro i big. In pratica è la sua prima di servizio, però giocata sulla seconda, da cui il nome. Una gola profonda del circolo di Tampa ci ha rivelato che un giorno, scrutando le statistiche, Giovannino abbia capito un dato essenziale: anche contro gli avversari scarsi era più conveniente tirare due prime che giocarsi la seconda. Così, ieri, ha mandato al manicomio Levine nel tie-break decisivo, al punto che si era capito che senza un suo doppio fallo solo un intervento divino poteva chiudere il match. Intervento che si è materializzato sull’ennesimo match point di Isner, prendendo le sembianze di un nastro che ha sparato la palla in faccia a Jesse, sceso a rete per una comoda volèe.
3) Discesa a rete Bush: mutuata dalle tecniche di guerra preventiva del presidente repubblicano, è una nuova frontiera del gioco moderno. In pratica Isner è il primo giocatore che viene a rete con l’obiettivo di non giocare mai la volèe, gesto che per il suo culto è più impuro della masturbazione. Funziona così: quando I-Rod capisce che lo scambio potrebbe prolungarsi oltre la Sacra Barriera dei tre colpi, tira un drittone centrale e va a rete. A quel punto i casi sono due. Se l’avversario è lucido, tira un passante angolato e Isner uccide una vecchia in seconda fila con la volèe. Se invece si fa intimorire dalla stazza del gigante, spara un forte passante al corpo di Long John, che con una semi-piroetta evita la palla e comincia a pregare tutti i santi che esca. Ieri un paio di volte è andata bene. Un benzinaio di Greensboro ci ha confidato che Isner in quei momenti prega San Lorenzo, protettore dei minatori.
4) Risposta McCall: dal nome del pugile che atterrò Lennox Lewis con un colpo della domenica e quando ci fu la rivincita si mise a piangere sul ring preferendo farsi squalificare piuttosto che combattere. La metafora è perfetta. La risposta McCall è una delle chiavi dell’ascesa di Isner, visto che gli ha fatto elevare la media di palle break convertite. Esecuzione: appena l’avversario tira la seconda, non importa come, si arpiona la palla nel punto più alto possibile caricando con tutta la potenza. Statisticamente una volta su tre resta in campo. Ieri ha recuperato così il mini-break di svantaggio a Levine, mentre dei restanti dieci punti “giocati” del tie-break ha vinto solo quello con l’Arcangelo Gabriele al posto del nastro. Sul 12-12 ha provato a chiudere il match con una risposta McCall: la palla tuttora vaga per il Tennessee.
5) Mossa del Pirellone: l’altezza è potenza, specie quando puoi colpire da Kathmandu. Il grattacielo a stelle e strisce lo sa ed ha sviluppato un’interessante alternativa alla volèe. Ieri, ad esempio, si è trovato in condizioni di eseguire un facile appoggio a campo vuoto dopo una prima. Ma la risposta era a campanile e lui non ci ha pensato due volte: si è fermato, ha fatto rimbalzare la palla, ha disarticolato i suoi ginocchioni e l’ha schiacciata con tutta la forza possibile, facendo punto. Certo, l’effetto è stato più esilarante di una comica di mister Bean, ma in fondo conta il risultato.
6) Back in the Future: no, non ci riferiamo al celebre “Ritorno al Futuro”. Intendiamo dire che i colpi in back per ora non sono previsti salvo rarissime eccezioni. Forse “in the Future” li vedremo, però molto “in the Future”. Per ora, quando prova a giocare un back, gli vien fuori una moonball.
Qualche rigo serio: avete fatto caso che tutti i colpi elencati non sono ricollegabili a miglioramenti tecnici ma solo ed esclusivamente a questioni tattiche? Sparare una seconda a mò di prima è pura tattica, è come dire “Così ho il 50% di possibilità di vincere il punto, se sparo una seconda umana ne ho di meno”. Tirare sistematicamente cannonate sulla seconda, concettualmente, è una roba identica. La discesa a rete intimidatoria è una mossa della disperazione e consiste nel fare tre passi avanti e svicolare. In quanto all’appoggio di rovescio in campo aperto, lo saprei fare anche io che a stento tengo una racchetta in mano. Ma i numeri cantano e di certo non cantano per Long John.
Sì, vero, in qualcosa Isner è migliorato (anche se, come dico sempre, nel suo caso non era umanamente possibile peggiorare): è arrivato nel circuito che era un tennista da Futures e ora è diventato un tennista da Challenger. La sua esplosione, però, non è certo ricollegabile a quello, quanto piuttosto a qualche aggiustamento sul diritto (unico fondamentale buono che ha a parte il servizio) e, soprattutto, a una gestione del match sempre migliore. Se dovesse arrivare a vincere il 15% dei games di risposta, per i prossimi tre o quattro anni lo potremmo trovare nei Top Ten. Quindi, e lo dico col massimo rispetto delle opinioni altrui, sappiate che considerazioni come “Eh, intanto vince” o “Ma è quasi nei Top Ten, non può essere scarso!” non mi faranno cambiare idea. Anche se dovesse fare il Grand Slam, personalmente, per me non sarà mai un tennista. Almeno fin quando non giocherà a tennis, ovvero mai.
Il tennis è altro.
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