di Marco Mazzoni (@marcomazz)
Caro Mr. Kermode,
in questi giorni i postini di mezzo mondo sono discretamente impegnati nel consegnare milioni di letterine a Babbo Natale, prontissimo a partire la notte del 24 con la sua slitta carica di regali. E di sogni. Quest’anno ho scelto di non chiedere niente a “Santa”, ma di scrivere direttamente a te. Perché? Tranquillo, non ho alcun interesse a vederti vestito con barba bianca e cappottone rosso… La mattina del 25, invece di un pacco a sorpresa, sotto all’albero vorrei trovare delle risposte a qualcosa che mi è estremamente caro: il tennis, ed il suo futuro.
E’ difficile spiegare a parole cosa sia per me lo sport della racchetta. Sicuramente più di una passione, mille volte più di un banale lavoro. E’ la colonna sonora della mia vita, ne scandisce ritmi, umore e pensieri. Ogni giorno. So di essere in buona compagnia. Il tennis è uno sport amatissimo, affascinante, che coinvolge in tutto il mondo milioni di persone, che l’hanno eletto a passione di una vita, lavoro o “missione”.
Ti scrivo queste poche righe poiché da qualche tempo sei stato eletto a governare il mondo del tennis Pro. Un incarico importante, prestigioso e ricco di responsabilità. Il giorno del tuo insediamento hai annunciato un programma ambizioso, di rinnovamento e di crescita, con la volontà precisa di non diventare un puro “contabile”. Hai detto esplicitamente di non aver alcuna voglia di star lì a governare lo status quo, scaldando la sedia. Molto bene. Il mondo corre veloce, ed il mondo del tennis altrettanto, con tantissime cosa da fare, organizzare, sistemare… E anche da migliorare, sia per chi il tennis lo gioca a livello Pro come per chi lo segue sacrificando tempo e soldi, alimentando il movimento stesso.
Ho deciso di scriverti questa letterina perché ho letto (più volte) con stupore e preoccupazione alcune tue idee sul nostro sport, pensieri che non condivido. Dall’Australian Open di gennaio fino alle ATP Finals di Londra, hai rilasciato alcune interviste sui temi più scottanti, ostentando enorme sicurezza e mettendo in cima alla tua lista di priorità la crescita del movimento e dell’aspetto economico, sottostimando invece l’importanza di aspetti più legati al gioco puro, quello che interessa davvero chi il tennis lo ama. Quali? Doping, scommesse, qualità pura del gioco e dello spettacolo tecnico ed agonistico. Includo anche le condizioni di vita per chi il tennis lo pratica attivamente o cerca di arrivarci partendo dal basso.
La sensazione che traggo dalle tue parole è quella di voler diventare una sorta di rivoluzionario al contrario, un uomo solo al comando che cerca di imporre una logica molto spinta sul piano commerciale, disposto a mettere in discussione le fondamenta stesse del tennis per andare “al passo coi tempi” e dietro alle logiche del mercato e dei profitti.
Qualche esempio? Senza dilungarmi troppo, più volte hai dichiarato che quello delle scommesse non è grande problema, che ci sono all’interno del mondo del tennis le strutture adeguate a controllare ed agire in caso di irregolarità. L’esperienza di chi segue il tour ogni giorno è un filo diversa… Ci sono troppi match potenzialmente sospetti. Purtroppo il tennis è uno sport individuale e di situazione; per simulare un problema o un tracollo agonistico a coprire una partita “venduta” non serve aver doti da attore da Oscar… e con la miseria che si guadagna nei tornei minori cadere in tentazione (anche se non è mai giustificato) diventa più che umano. Leggere che il boss dell’ATP ritiene quello delle scommesse un falso problema è il peggior modo possibile per affrontarlo, ed insieme al tema doping continuare ad alimentare sospetti e barbarie mediatiche.
Inoltre Mr. K, ultimamente hai lanciato l’idea di accorciare drasticamente il tempo dei match, affermando“Se cambiamo i tempi di gioco tenendo i match a massimo 2 ore, saranno gli Slam a venirci incontro e fare altrettanto. Capiranno che le nuove generazioni non seguiranno mai un match che finisce 9-7 al quinto… Una volta introdotto il cambiamento, i giovani non sapranno che esistevano lunghe battaglie, e sarà normale finire entro due ore, magari con un 7-6 al tiebreak del terzo…”. Hai anche aggiunto: “Il tennis oggi? I numeri dicono che è in buona salute, si assiste ad una crescita praticamente in tutti i paesi, con spettatori in aumento, come l’ascolto in televisione. Ma un business è un business…”.
Caro Kermode, ti dico sinceramente che questo pensiero è aberrante! Dove è la cultura per il gioco, ed il rispetto per la sua storia e tradizione? Non credi che se il tennis oggi è “in buona salute” lo si deve soprattutto alla forza della sua storia, a come in oltre un secolo di campioni ed imprese sia stato capace di distinguersi da ogni altra disciplina? Se il tennis è in crescita (dati alla mano, che tu stesso confermi) di interesse in tutto il mondo, perché attentare alla sua unicità? Dove sta il senso nell’affermare che il mondo andrà sempre più veloce, sarà dominato dalle esperienze “mobile” dei telefonini, e quindi non ci sarà più tempo e voglia per seguire uno sport che va oltre alla logica del tempo nella sua filosofia? Dalle tue parole non capisco se davvero riesci a cogliere l’essenza del tennis. Non esistono altre discipline così complesse, capaci di unire grazia e violenza senza alcun contatto fisico. Non esistono altri sport capaci di ricreare in campo una tensione così sottile, un dinamico e a volte drammatico duello a stretta distanza tra due talenti che non si toccano mai, ma che arrivano a “violentarsi” mentalmente e fisicamente con traiettorie da maestro, sfidando l’impossibile. Ogni match è piccolo universo a se stante, teatrale e irripetibile. Molta di questa differenza deriva dalla sua struttura, dal punteggio che relega il fattore tempo ad elemento marginale. Ogni atleta deve superare l’avversario con più classe, vincendo serie irregolari di punti. E’ un’unicità straordinaria, un patrimonio che sarebbe pura follia mettere a repentaglio, ipotizzando match a tempo.
E’ notizia freschissima quella dell’aumento dei montepremi per i grandi tornei Master 1000, e qualcosina anche per i Challenger. Troppa miopia, caro Mr. K… Gli organizzatori hanno immediatamente tuonato: in un mondo che soffre per la crisi globale, con difficili equilibrismi per tenere in piedi tornei molto costosi, non è accettabile mettere a repentaglio la sopravvivenza degli eventi stessi per dare ancor più a chi già guadagna moltissimo. Hanno dichiarato di “non saperne nulla ed esser fermamente contrari”. Qual è il senso di incrementare gli assegni già pesanti di chi lussureggia a 5 stelle? E perché concedere un misero contentino a chi invece lotta al piano di sotto? Non dovrebbe esser premiata maggiormente la voglia di emergere, soprattutto per i giovani, che sono i potenziali campioni e buoni giocatori del futuro? Questi dovrebbero essere i nodi da sciogliere, per migliorare la qualità del tour Pro e la vita di chi lo porta avanti on court.
Dalle tue azioni, caro Kermode, si evince la priorità di creare un prodotto sempre più vendibile, che punta alla massima visibilità ed agli interessi dei grandi sponsor e dei campionissimi. Inutile fare i moralisti, e nemmeno arroccarsi su posizioni storiche ed anacronistiche. Negare che il tennis sia un business enorme sarebbe negare la realtà. Ma non è “solo” un prodotto, è soprattutto Passione. Una passione che si è radicata in chi lo segue da generazioni di tornei, generazioni di campioni e dalla passione che la sua storia ha saputo trasmettere i giorni nostri. Una cosa che non ha prezzo, che non è in vendita. E che, oserei dire, non è nemmeno tua, ma appartiene alla gente, agli atleti che dal campetto di periferia fino alla finale di Wimbledon animano questa disciplina. Attaccarla vuol dire attaccare tutti coloro che il tennis lo amano.
Concludendo, cosa ti chiedo caro K.? Di ripensare seriamente a queste idee, troppo sbilanciate sul piano marketistico ed aliene alla identità del tennis. E ti chiedo umilmente di concentrare l’attenzione sulle cose pratiche più importanti ed interessanti per chi il tennis lo vive, lo pratica, lo ama. Al massimo livello, se vuoi davvero passare alla storia come un presidente con la P maiuscola, intervieni davvero sul calendario ATP, il vero nodo allo sviluppo e alla “regolarità” della stagione. Con coraggio, serve una riorganizzazione a 360°. Elimina la stortura dei 2 mille USA di primavera, che guastano l’intera stagione. Concedi un Master 1000 all’America latina, che sta crescendo enormemente e se lo merita anche sul piano tecnico e storico, e della passione dei suoi tanti abitanti. Ottima l’introduzione di una settimana in più di erba in Germania, ma non basta. Serve più varietà di condizioni e superfici, per creare ogni settimana qualcosa di diverso e potenzialmente più vario. Tu stesso hai ammesso che il gioco è diventato troppo omologato e fisico, ed i giovani fanno troppa fatica ad emergere. Un diverso sistema di assegnazione di punti tra Challenger ed ATP aiuterebbe moltissimo, come ritornare a condizioni di gioco più rapide, che premiano di più il talento rispetto all’atletismo. Servirebbero più tornei indoor, meno cemento e ancor più terra battuta. L’Asia sarà anche la terra emergente, ma prima di svendere tutto ai loro dollari, aspettiamo che la passione per il gioco cresca davvero. Ci sono segnali positivi, ma non basta. Serve tempo, e correre oggi non ha alcun senso, se non quello di correre dietro al denaro.
Vorrei chiederti tante altre piccole cose, come interventi sui materiali, e via dicendo. Mi fermo qua, avendo scritto già fin troppo.
Buon Natale a tutti quelli che il tennis lo amano davvero.
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