“Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova”, questa è forse tra le frasi più importanti di Agatha Christie, soprattutto per la sua straordinaria applicazione alla vita reale oltre che ai romanzi gialli. Trattenendo l’introduzione dell’articolo nel filone poliziesco, si potrebbe partire proprio dal terzo indizio per poi andare indietro, fino alle origini. È una strada insolita da seguire per due ragioni: l’ambientazione è l’Australia, la zattera oceanica che in passato ha salvato numerose popolazioni europee dalla guerra e dalla miseria; il protagonista è il giovane Bernard Tomic, giovane tennista di origini croate adottato dall’isola-continente fin dalla primissima infanzia. Una storia ibrida, spigolosa, piena di violente accelerazioni e brusche frenate.
Nel gennaio del 2009 la florida “scuola australiana”, protagonista di una fetta importante della storia del tennis, era in pessima salute e l’ultima importante affermazione era avvenuta sette anni prima con la vittoria di Hewitt a Wimbledon. La “prova” di un possibile riscatto veniva offerta da un ragazzino di 16 anni e 3 mesi che in un match di primo turno dell’Australian Open batteva l’esperto Potito Starace per 76 16 76 76: un risultato notevole per i modi e i tempi in cui è avvenuto. Gli indizi che avevano introdotto quella giornata molto particolare vanno ricercati nella categoria junior: a soli 13 anni è capace di vincere 26 match consecutivi contro avversari più grandi di lui e un po’ più tardi si aggiudicherà prima gli Australian Open e poi gli US Open della sua categoria. Forniti questi tre indizi era lecito vedere in quel giovane ragazzo un predestinato, un futuro campione.
Ma questa è una storia spigolosa fin dalle radici. Il piccolo Bernard viene allenato fin da subito da suo padre John che è tante cose, ma non un allenatore di tennis. Infatti ammetterà che, non avendo avuto grosse risorse a disposizione per avviare il figlio ad una scuola tennis importante, scelse di allenarlo lui. Per farlo spese buona parte dei pochi risparmi della famiglia Tomic nell’acquisto di una grande fotocopiatrice, utilizzata per copiare libri e manuali sul mondo del tennis che prendeva in prestito dalle biblioteche. Un’infanzia che sembra ripercorrere le orme di quella di Andre Agassi per poi prendere una piega radicalmente diversa.
Quando si parla di Tomic oggi c’è ancora l’impressione di aver visto si e no un 20% del tennista che può diventare. La facile scalata al ranking, culminata nel meraviglioso quarto di finale del 2011 a Wimbledon (il più giovane a quei livelli sull’erba londinese dal 1986), si è arenata in clamorosi passaggi a vuoto, infortuni e prestazioni che non hanno nulla a che fare con il suo potenziale. La figura del padre, ritenuta in patria (e non) troppo ingombrante e difficile da gestire per un carattere instabile come quello di Bernard, ha poi avuto una consistente quota di responsabilità in questi anni.
La direzione che ha preso il suo tennis negli ultimi mesi, però, è decisamente incoraggiante. La ATP Race (classifica che prende in considerazione i risultati fatti da inizio stagione in poi) ci dice che in questi primi mesi Tomic è stato il decimo tennista del mondo. Può sembrare strano perché nel 2015, oltre a due buoni piazzamenti agli Australian Open e ad Indian Wells, si è sentito parlare poco dell’australiano, non c’è neanche una finale giocata all’attivo. E’ impazzito il computer dell’ATP? I metodi di calcolo delle classifiche non sono equilibrati? No, niente paura, perché da quest’anno c’è una nuova compagna di viaggio nei tornei di Tomic: la continuità. In 8 tornei giocati ha vinto 20 partite senza mai uscire fuori dai giochi al primo turno, un’inversione di tendenza dato che nelle passate stagioni era molto frequente vederlo sconfitto alla prima occasione utile.
In questo momento è nei primi 30 del mondo, grazie anche alla vittoria dell’ATP di Bogotà dello scorso anno e può andare oltre, soprattutto dopo quello che si è visto nelle ultime due settimane. Ad Indian Wells è arrivato ai quarti di finale disputando un gran torneo ed eliminando David Ferrer con un 75 64, mentre nel successivo appuntamento di Miami ha dilapidato una ghiotta occasione con Berdych mancando 4 match point, ma sembra essere un problema di secondo piano se si considera che in tre mesi è, forse, il primo match davvero sprecato. Quello che incoraggia è vedere una pulizia nel suo tennis, sia tecnica che tattica, per la prima volta Tomic sembra sapere quello che vuole fare in campo, ha delle strategie e cerca di evitare strane improvvisazioni o passaggi a vuoto.
A questa nuova primavera ha contribuito anche il movimento australiano. Emerge sicuramente la vittoria in Davis di qualche settimana fa contro la Repubblica Ceca, dove Tomic ha contribuito in maniera decisiva vincendo con autorità i suoi due singolari contro Vesely prima e Rosol poi senza perdere un set. In maniera più implicita (e ben descritta da Marco Mazzoni in un suo articolo pubblicato su Spaziotennis a Febbraio) un’altra spinta a è stata data dalla nuova generazione di talenti australiani: Kyrgios ha praticamente monopolizzato l’attenzione dei media, soprattutto dopo Wimbledon e gli Australian Open, mentre Kokkinakis si sta rendendo protagonista di un’interessante crescita. Questo ha fatto sì che i riflettori su Tomic si siano distribuiti su altri versanti e che la pressione di qualche anno fa sia cambiata: ora non deve più dimostrare di essere il prescelto, ma uno dei protagonisti della rinascita australiana.
Sempre in chiave “nazionale”, sembra che la figura di Lleyton Hewitt sia diventata preziosa per Bernard. Non a caso nell’ultimo weekend di Davis l’ex numero 1 ha dispensato ottime parole sul suo compagno di squadra confidando, inoltre, un certo interesse nel poterlo aiutare (magari come coach) tra qualche anno.
Archiviata la parentesi del cemento americano di Marzo arriva un duro banco di prova: la terra rossa che, con il tennis di Tomic, non è mai andata d’accordo. Tra Coppa Davis e circuito il bilancio è di 10 vittorie e 18 sconfitte, ma questo potrebbe essere un falso problema se la sua continuità inizia a diventare il filo conduttore del 2015.
Ma gli spigoli sono ancora tanti e al momento è molto più facile immaginare una settimana devastante sul veloce (soprattutto sull’erba) che una costanza “alla Ferrer”. Il livello del suo tennis è cresciuto e a questo punto l’unico tassello mancante potrebbe essere proprio una grande vittoria contro un campione per acquistare ancora più consapevolezza dei suoi mezzi. Qualche giorno fa c’è andato vicino.
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