La maturazione lenta di Garcia-Lopez

Garcia Lopez
di Giorgio Giosuè Perri

La Spagna, nel corso degli ultimi 15 anni, ha sfornato fenomeni di livello assoluto. A Moya e Costa sono seguiti Nadal, Ferrer e Verdasco e il movimento ha raggiunto una tale espansione da vincere quattro insalatiere tra il 2004 e il 2011.

Eppure ci sono giocatori che pur non avendo ottenuto notorietà o prime pagine, facendo sempre il loro e rispondendo alle provocazioni con i risultati, hanno fatto valere le proprie qualità e tutta la forza, anche senza troppi mezzi tecnici e mentali, ma con il lavoro e la dedizione.

E’ il caso di Guillermo Garcia-Lopez, che sta dispuntando una stagione semplicemente stellare, condita da due titoli e da tanti risultati degni di nota. Il tutto alla veneranda età di trentuno anni, dopo aver raggiunto i suoi migliori risultati e il suo best ranking nel 2011. La bellezza di questo sport, è racchiusa tutta in questi risultati, in queste storie e nella passione che i giocatori, a fine carriera, riescono a tirare fuori da loro stessi.

D’altronde, la maturazione lenta, è ormai diventata una costante e assistere a giocatori che proprio negli ultimi anni trovano il loro picco a livello tennistico non è più una sorpresa. Nato a La Roda e cresciuto sui campi spagnoli della provincia di Albacete, diventa professionista nel 2002, in un periodo ancora di transizione per il tennis spagnolo.

Incapace di ottenere risultati di spicco nei primi anni di carriera (a parte la vittoria al primo turno degli Australian Open contro Carlos Moya nel 2005) si denotano sin da subito le caratteristiche dell’iberico, giocatore dalla forte emotività e dal tennis tutt’altro che costante. Dopo anni a navigare nei Challenger, inizia a farsi notare definitivamente quando nel 2008 riesce a raggiungere il terzo turno a Wimbledon, risultato tutt’altro che scontato, soprattutto per uno spagnolo (anche se quell’anno fu proprio Nadal ad aggiudicarsiil il torneo). Il risultato ottenuto su quei campi, fu un vero e proprio spartiacque per Garcia-Lopez, che da quel momento inizierà a far parte regolarmente del circuito, collezionando divere vittorie e portando a casa il primo trofeo in carriera l’anno dopo, sulla terra di Kitzbuhel.

La fortuna dello spagnolo è passata per la grande capacità di adattarsi alle diverse superfici, seppur egli si dica un forte amante della terra rossa, tra il 2010 e il 2014 ha vinto tre tornei (di cui due sul cemento indoor) ed è anche riuscito ad issarsi in finale sull’erba di Eastbourne e sul cemento di San Pietroburgo.

Il 2015 è iniziato con il passo giusto e sta continuando in maniera trionfale, dopo il quarto turno agli Australian Open ed una soffertissima sconfitta contro Stan Wawrinka, Garcia-Lopez ha vinto sul cemento indoor di Zagabria, settimana scorsa ha ottenuto il secondo successo stagionale sulla terra di Bucarest e pochi giorni fa ha perso la semifinale del torneo di Estoril contro Gasquet, che il giorno dopo ha portato a casa il titolo. Un’escalation di successi che gli hanno fatto raggiungere la posizione numero 28 del ranking, ad appena 5 posizioni dal suo miglior risultato.

I tennisti come Garcia-Lopez  fanno bene al tennis e lo faranno sempre. Dotato di un gioco spumeggiante che sa adattarsi alla terra e al cemento indistintamente, capace di accelerazioni impressionanti con il dritto e con il rovescio (colpo più naturale dello spagnolo),  ma anche di una notevole mobilità e di una certa padronanza con il colpi al volo. Un uomo, prima che un giocatore, dedito al lavoro e fornito di una grande pazienza, caratteristiche che hanno compensato le altre e gli hanno consentito di trovare risultati incredibili e, forse, neanche troppo sperati.

 

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