di Giorgio Giosuè Perri
Il 2014 si è rivelato un anno ricco di grandi successi per le nuove stelle del tennis mondiale. Basti pensare ai vari e già stra-citati Coric, Zverev, Kyrgios e Kokkinakis. Allo stesso tempo si sono comportati in maniera egregia giocatori del calibro di Goffin e Thiem, oramai in piena ascesa, ma è proprio di un coetaneo di quest’ultimo e di una categoria ben precisa che andremo a parlare. I flop dell’annata e, nello specifico, Jiri Vesely, attuale numero 66 delle classifiche mondiali, classe 1993, senza ombra di dubbio tra i primi in questa triste classifica.
Il ceco, dopo tutte le parole spese negli ultimi anni, chiamato a confermare questo non facile compito, e con la pressione del dover già da quest’anno piazzarsi tra i primi 20, non solo a mala pena è riuscito a racimolare risultati ma si è soprattutto perso a livello tennistico. Il chiaro segnale di questa debacle è, come già detto, nei risultati stessi. 19 le posizioni recuperate in classifica, pochi se non quasi nulli gli exploit e un’ultima parte di stagione costellata da tornei challenger, senza per lo più la minima soddisfazione.
Il fulcro del discorso però, sta proprio sull’involuzione a livello tecnico del ceco e non tanto ai risultati, che in un modo o nell’altro, nel corso del tempo finiranno per arrivare. Ma, come gioca a tennis Vesely? Un ottimo servizio, un dritto un po’ macchinoso ma tutto sommato costante e un rovescio che rappresenta sicuramente il fiore all’occhiello del repertorio. Fin qui tutto bene, e allora cosa è successo di preciso? Vesely si adatta meglio alle superfici veloci vista la tipologia di gioco, ma è da qui che possiamo iniziare a parlare di un vistosissimo calo. E’ indubbio che per giocare a certi livelli le componenti fondamentali siano 1) la testa 2) le gambe 3) il tennis. Quando la prima, non ce l’hai mai avuta e la mobilità non è la tua arma principale, è praticamente impossibile che siano i colpi ad arrivare a sostegno del resto. Il dritto ha perso smalto ed è diventato evidente come dopo qualche scambio, reggere la diagonale sia diventato praticamente impossibile. Lo diventa ancora di più quando si cerca di sopperire al colpo più naturale cercando di indietreggiare alzando la traiettoria, praticamente un continuo consegnarsi all’avversario. Le percentuali del servizio sono calate vistosamente, il movimento che richiede una grande rotazione del busto sta iniziando a evidenziare ancora altri limiti e senza ombra di dubbio, non può essere il rovescio, come giusto che sia a quest’età, a fare la differenza visto che non si può sopperire a tutto con un colpo le cui accelerazioni dovrebbero essere un qualcosa in più e non una costante, visto che non parliamo né di Safin, né di Nalbandian, ma di un giocatore che ha tutte le carte in regola per togliersi soddisfazioni e far vedere di che pasta è fatto. Ventuno anni sono ancora pochi e il ceco ha ancora tutto il tempo per provare a migliorare degli aspetti che sarebbero dovuti crescere e non peggiorare.
Le condizioni ci sono, perché il giocatore è buono, ma quello che potrebbe fare la differenza è la mentalità, perchè non siamo più di fronte al predestinato di cui si parlava qualche anno fa, non siamo più di fronte ad un talento senza precedenti, ma senza ombra di dubbio sarà un protagonista del circus tra qualche anno.