di Federico Mariani
A pochi giorni dal suo diciannovesimo compleanno, Nick Kyrgios conquista il Challenger di Sarasota e si conferma il più forte di tutti nel panorama dei teenagers del tennis mondiale.
Sotto gli occhi del Nick più importante del tennis (Bollettieri), Kyrgios si fa strada nel ricco torneo della Florida fino a vincere il titolo battendo avversari, sulla carta, più quotati di lui. Il challenger aveva un campo di partecipazione di tutto rispetto a conferma della tradizione di Sarasota e questo successo può considerarsi il primo vero acuto di un campione in erba sul quale ormai tutti scommettono. Sono infatti in molti a profetizzare un futuro da dominatore del tennis per il classe ’95 e, a ben vedere, è difficile non essere d’accordo.
Per tutto l’arco del torneo l’australiano ha mostrato una sicurezza da veterano disarmante, servendo in maniera eccelsa e smarrendo per strada un solo set nei cinque incontri disputati. Cosa ancora più importante è che questo successo è arrivato al rientro dopo l’infortunio al gomito che lo aveva tenuto fermo ai boxe dopo l’Australian Open e che ora è ormai solo un ricordo. In Florida Kyrgios ha sciorinato tutto il suo repertorio incentrato principalmente sul classico binomio servizio-diritto, ma non solo. Al contrario di quanto si potrebbe ritenere, infatti, la forza di Kyrgios non sta tanto nella possente struttura fisica o nella forza che riesce a sprigionare col servizio e col diritto, ma è la tenuta mentale e la personalità che fanno per lui la differenza sul rettangolo di gioco. Vederlo giocare sulla terra verde di Sarasota ti fa capire quanto, nonostante la giovanissima età, sia già pronto per il circuito professionistico. Se lo paragoniamo ai suoi pari età che iniziano a muovere i primi passi tra i grandi, possiamo constatare quanto la differenza sia enorme soprattutto sotto il profilo caratteriale più che nel bagaglio tecnico.
E’ ovvio, anche dal punto di vista tecnico ha mezzi importantissimi: può fare affidamento su un servizio devastante che è in grado di fruttargli molti 15 gratis; inoltre, dispone di un diritto fulminante, una palla molto pesante e scomoda per i suoi avversari. Deve invece migliorare dalla parte del rovescio e, soprattutto, la mobilità, vero punto debole del gigante australiano. Penalizzato anche dalla stazza, spesso risulta molto macchinoso negli spostamenti, specie quelli in avanti dove presenta delle lacune importanti.
La storia di Kyrgios ed il suo background sono decisamente particolari ed insoliti per il tennis. Nick nasce nel 1995 in Australia a Canberra, il papà come si intende chiaramente dal cognome è greco, mentre la madre è malese. Un incrocio di razze ed etnie diverse che, come spesso accade nel tennis, diventa esplosivo. La cosa paranormale della sua storia di giocatore è che Kyrgios ha iniziato a dedicarsi completamente al tennis solamente nel 2009, quando di anni ne aveva 14. Prima infatti sfruttava i suoi centimetri su un altro rettangolo da gioco, dove maneggiava pure piuttosto discretamente la palla a spicchi del basket. Il suo sogno infantile, infatti, era proprio quello di diventare un cestista professionista prima del cambio di rotta verso il tennis. E’ difficile trovare una storia del genere tra i colleghi dell’australiano, forse è impossibile. Il tennis è fatto di metodologia, di duro allenamento, di lavoro quotidiano portato avanti giorno dopo giorno per molti anni. Facendo un parallelo con un altro astro nascente del gioco, il nostro Quinzi, si capisce come il marchigiano abbia masticato tennis sin da piccolissimo, come del resto quasi tutti i professionisti di oggi e di ieri. Con questo non si vuole sminuire Kyrgios, ma anzi l’intento è quello di sottolinearne il talento grazie al quale sta riuscendo a centrare traguardi importantissimi con uno sforzo decisamente inferiore ai suoi colleghi. Le stimmate del predestinato sono palesi ed innegabili.
Di Kyrgios non è particolare solo il percorso formativo. Si può asserire, infatti, che un personaggio così esuli da ogni tipo di canone del gioco. Il suo atteggiamento in campo è profondamente diverso da quello degli altri, specie tra i giovanissimi, ed anche l’aspetto fisico se vogliamo ha una sua unicità. A tal proposito, nella finale del torneo di Sarasota è stato incredibile vedere come il tennista aussie riuscisse a controllare le proprie emozioni dietro l’aspetto da bullo di quartiere che il taglio di capelli (rasato ai lati) ed il brillante al lobo dell’orecchio gli conferiscono inevitabilmente. Esplicativo in questo senso è stato l’ultimo game dell’incontro quando Kyrgios si accingeva a servire sul 5-4 in suo favore. L’australiano, dopo essere andato sotto 0-30, ha infilato quattro pesanti prime una dietro l’altra aggiudicandosi quindi il gioco nonché l’incontro ed il titolo. Al primo successo importante per un ragazzo di diciotto anni è lecito aspettarsi un’esultanza anche più fragorosa del solito, ed invece niente, non succede niente: Kyrgios va verso la rete, aspetta il raccattapalle che gli consegna l’asciugamano, stringe la mano al suo avversario, al giudice di sedia, e si va a mettere seduto in attesa della premiazione. Niente urla, niente incitamenti, niente pugnetti, niente di niente. Credo che questi pochi secondi bastino per spiegare la personalità del giocatore di Canberra.
Tornando ai meri dati numerici, il challenger di Sarasota è il secondo titolo di questa categoria conquistato da Kyrgios, ma il precedente successo tra i confini domenistici (a Sydney) non può neanche essere paragonato al torneo della Florida per importanza (Sarasota è un 100.000 $). Grazie alla vittoria l’australiano ha sfondato il muro dei primi 200 del mondo guadagnando 50 posizioni che lo hanno portato dal numero 221 al 171.
Di challenger, di ranking, di vittorie a Kyrgios pare importare relativamente. Per lui è solo una fase fisiologica di passaggio per arrivare nell’èlite del tennis, il posto che più gli compete. Ed il suo comportamento in campo è proprio quello di chi sa che arriverà, di chi sa di essere un predestinato.
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