da Roma (TC Garden), Luca Fiorino con la collaborazione di Alessandro Mastroluca e Salvatore Greco
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Nella moltitudine di giovani che piano piano si stanno affacciando al tennis che conta c’è anche un ragazzo biondissimo dallo spiccato accento britannico: Kyle Edmund. Nato a Johannesburg nel 1995 ma di nazionalità inglese, ha impugnato la prima racchetta all’età di 10 anni e da quel momento non l’ha lasciata mai più. Una stagione iniziata subito col botto con il primo titolo challenger in carriera ottenuto ad Hong Kong ed una serie di ottimi risultati che l’hanno portato al best ranking di numero 125, giocando anche su una superficie a lui meno congeniale come la terra battuta. Fisico già strutturato e fondamentali di buon livello, il ragazzo sa bene che chi si ferma è perduto e che non si smette mai di imparare. Kyle davanti ai nostri “microfoni” si dimostra un ragazzo pacato, educato ma soprattutto con la testa sulle spalle. Una mentalità che unita alle sue qualità tecniche e fisiche potrà portarlo molto più lontano di quanto molti esperti pensino.
Quando e perché hai iniziato a giocare a tennis?
Ho cominciato quando avevo dieci anni circa, non so perché, giocavo un po’ e ho iniziato a frequentare un campo da tennis vero, ma così, praticamente solo per divertimento. Poi ho visto che mi appagava sempre di più e ho iniziato a giocare per davvero.
Nelle ultime tre settimane hai giocato in Italia, sulla terra rossa. Ti piace questa superficie? Immagino che le tue superfici preferite siano quelle più veloci, il cemento o l’erba.
Mi piace la terra, mi piace molto. Un paio d’anni fa ho giocato molti tornei sulla terra, l’anno scorso di meno, quest’anno ancora solo qualcuno. In ogni caso la terra è importante anche per migliorare il gioco e soprattutto ora è un ottimo allenamento in vista del Roland Garros.
Cosa ne pensi dell’Italia? Sia come paese, in generale, sia rispetto ai tornei in cui hai giocato? Come ti sei trovato?
Non ho visto ancora molto di Roma, sono arrivato solo ieri. Per ora mi piace, i campi sono veramente buoni, c’è anche molto spazio per allenarsi che è sempre una buona cosa, poi il circolo è molto frequentato e organizzato, ci sono molti spettatori anche considerato il livello del torneo ed è una cosa che non può che far piacere. E poi, beh, il cibo è fantastico (sorride). Resto ancora una settimana e poi tornerò a casa.
Quali sono i tuoi obiettivi per la stagione? Punti a qualche risultato particolare, magari un ranking che vuoi raggiungere?
Al di là degli obiettivi di ranking sto cercando di dare il meglio che posso, vorrei fare bene a Parigi e poi giocare al meglio la stagione sull’erba, ormai dietro l’angolo. Avrò buone possibilità di giocare visto che si giocherà molto nel Regno Unito.
Quest’anno hai vinto il tuo primo challenger in carriera ad Hong Kong.
Sì, ho giocato veramente bene quella settimana poi ho continuato in America dove ho fatto semifinale a Irving e in Guadalupa e poi qui in Italia due quarti di finale che non sono certo male. Questa settimana spero di fare meglio e mettere assieme buone sensazioni per Parigi.
Cosa ne pensi del tuo gioco? C’è qualcosa che senti di poter migliorare sul piano tattico o fisico?
Beh, credo che si possa migliorare sotto ogni aspetto. Sul piano fisico sicuramente, sono ancora relativamente giovane, ho vent’anni, si può lavorare molto. Sul piano del gioco mi alleno per migliorarmi ogni settimana, ogni giorno, ovviamente giocare sulla terra o sul duro è diverso, probabilmente il mio obiettivo principale per le prossime settimane è migliorare sotto l’aspetto della corsa.
Un’ultima domanda. Cosa ne pensi dell’attuale momento del tennis britannico? Ci siete tu, Liam Brody, su voi giovani si sta costruendo un grande team per la Coppa Davis, non credi?
Nell’ultimo incontro di Davis, contro gli Stati Uniti, noi c’eravamo e anche se solo come accompagnatori per gli allenamenti è stato molto utile e molto bello. È stata una grande esperienza, abbiamo sentito proprio cosa si prova in quei contesti. È molto diverso rispetto al tour. Ho giocato diverse volte la Junior Davis Cup, anche contro l’Italia, c’erano Quinzi e Donati. Comunque è sempre importante fare più esperienza possibile. Ovviamente non vedo l’ora di poterne fare ancora.
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