Con la finale raggiunta ad Acapulco e la contestuale prematura uscita di scena di Andy Murray a Dubai, Kei Nishikori si intrufola con merito nell’elitario club dei primi quattro giocatori del mondo. Non è solo una mera questione di punti che entrano ed altri che escono (perché il gap con lo scozzese è di appena 45 punti), ma si tratta più che altro di un valore simbolico che anche il computer certifica al classe ’89 giapponese ormai fiondato nel gotha del tennis mondiale.
E’ passato più di un anno dalla presenza dell’ultimo non europeo tra i primi quattro giocatori del mondo. Si trattava ovviamente di Juan Martin Del Potro che, in totale, ha abitato la quarta posizione per sei settimane. E’ il terzo rappresentate del continente asiatico ad essere arrivato così in alto dopo la connazionale Kimiko Date e la cinese Li, è il primo a farlo in campo maschile dove non ha eguali. Tennisticamente parlando, tuttavia, Nishikori ha ben poco d’orientale, anzi il nativo di Matsue si è traferito fanciullo nell’accademia di Bollettieri che ha plasmato il suo tennis con l’ormai canonica filosofia del corri & tira. Anche la sua gestione fuori dal campo è molto lontana dal Giappone col gigante statunitense IMG che, di fatto, possiede la sua carriera. A livello manageriale l’IMG sa di cosa avere tra le mani, conosce l’importanza mediatica ed economica che un nipponico può scatenare ed è facile capire le clamorose cifre che ora circolano attorno al brand Nishikori, rendendolo uno dei giocatori più desiderati dagli sponsor e, quindi, più pagati al mondo.
Kei, tuttavia, ha uno spaventoso seguito in Asia dove è osannato alla stregua di una rockstar, parola sua. Del Giappone conserva la disciplina in campo e l’abnegazione: mai una parola di troppo, mai un atteggiamento sopra le righe. Ad Acapulco per Nishikori è arrivata la seconda finale (la numero 13 in carriera) dell’anno dopo quella giocata (e vinta) nel 500 di Memphis la settimana scorsa. Nel 2015 ha già rimpinguato il suo bottino salendo a quota otto successi, equamente divisi tra tornei 250 e 500.
Il tennis di Nishikori è già di alto, altissimo livello. La personalità che lo accompagna sul rettangolo di gioco non è da meno. Giusto per citare qualche esempio, il giapponese ha già battuto due volte Federer, entrambe in un Master 1000 (prima Miami, poi Madrid). Altre due vittorie sono arrivate con Djokovic, una delle quali in semifinale agli Us Open. Non fosse stato per l’infortunio avrebbe battuto anche Nadal, sulla terra, in Spagna, nella finale di un Master 1000. Nell’ultima edizione delle Finals, alla sua prima partecipazione tra i primi otto, ha liquidato con un duplice 6-4 Andy Murray centrando le semifinali all’esordio. Sono dati, vittorie e statistiche che testimoniano l’eccellenza del Nishikori giocatore.
Ed è per questo che Kei ha quasi l’obbligo morale di considerare la quarta piazza mondiale appena raggiunta un nuovo punto di partenza. Se il fisico dovesse sostenerlo, ha il dovere di ritoccare il best ranking verso l’alto, verso l’Olimpo.
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