di Alessandro Nizegorodcew
Il tennis non illumina, lo stile non appassiona, la tecnica è rudimentale e i movimenti sgraziati. Eppure stiamo parlando del numero 37 al mondo, stiamo parlando di Steve Johnson. Giunto tra i “Pro” dopo essere diventato il tennista più vincente della storia del College NCAA, “Stevie” ha dovuto abituarsi ad avversari di alto livello, al ritmo del circuito Atp e allo stress dei tanti viaggi, allenamenti, cambiamenti di fuso, che mai aveva provato sulla propria pelle. E ancora di strada, in termini di esperienza, ne ha da fare il californiano di Orange: i match disputati nel circuito maggiore sono 64, a dimostrazione di un ingresso nel mondo Atp giunto da pochissimo. Il 2014, secondo vero anno nel “circus” professionistico, è stato straordinario per “Stevie”. Grande continuità di risultati e prestazioni, cinque tennisti top-30 battuti (Isner, Haas, Anderson, Gulbis e Feliciano Lopez), due vittorie e altrettanti finali challenger, la prima semifinale Atp in carriera a Delray Beach e il primo quarto di finale in un Atp 500 a Washington. Un’annata memorabile, arrivata grazie a cosa?
La crescita principale è arrivata in risposta, fondamentale nel quale era parso piuttosto carente nei mesi passati. In particolar modo la risposta di rovescio, il colpo meno sicuro del californiano, è divenuta più solida e sicura. Il servizio è sempre stato potente e vario, ma le migliorie si riscontrano nella scelte tattiche che Johnson utilizza con la battuta. Slice, kick, botta piatta, il modo in cui lo statunitense gestisce ogni proprio turno di battuta è encomiabile. Il diritto è un colpo stilisticamente non impeccabile ma pesante e carico oltre che potente. La stagione 2014 si è chiusa al numero 37 Atp, con un incremento notevole di 119 posizioni rispetto alla fine dello scorso anno. Allenarsi e giocare match ufficiali contro tennisti Top-100 aiuta pian piano ad aumentare il ritmo nello scambio, a tenere testa a quei giocatori un tempo considerati inarrivabili.
Johnson, cresciuto tennisticamente dal padre che gli ha messo in mano la prima racchetta a due anni, ha l’invidiabile dote di giocare ogni torneo, su qualsiasi superficie, con assoluta grinta e determinazione, che si tratti di un primo turno challenger davanti a 4 spettatori, piuttosto che di un quarto di finale a Washington con lo stadio pieno a supportarlo. In questo ricorda molto Paolo Lorenzi, tennista dalla medesima personalità.
Il prossimo step dello statunitense sarà incentrato sulla costruzione di un rovescio coperto ancor più incisivo e che soprattutto non regali gratuiti agli avversari. Troppo spesso è infatti costretto a giocare il backspin di rovescio, perdendo regolarmente campo e incisività e dando l’impressione di essere particolarmente carente sulla parte sinistra del proprio campo. In molti tornei a inizio anno potrebbe essere testa di serie e riconfermarsi, a quel punto, potrebbe risultare meno complicato. La preparazione invernale, oltre che importantissima dal punto di vista fisico, sarà determinante per quelle migliorie tecniche che potranno consentire a Steve Johnson di rimanere in alto, lì dove ha sempre segnato di arrivare.
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