di Luca Fiorino
E’ il più grande tennista nella storia del tennis portoghese ed attualmente ricopre la posizione numero 39 del ranking mondiale. Di chi stiamo parlando? Nonostante questa presentazione, Joao Sousa pare in realtà non esser stato mai preso troppo in considerazione in relazione alle sue recenti prestazioni.
Nato a Guimaraes da una famiglia benestante, figlio di un giudice e di una banchiera, sin dall’età di 7 anni inizia a giocare a tennis in un piccolo circolo della zona. I suoi progressi sono evidenti e così a 15 anni decide di trasferirsi a Barcellona presso la BTT Tennis Academy. Cresce ispirandosi a Juan Carlos Ferrero ed effettivamente ciò traspare anche dal suo tennis che non si discosta poi tanto dal modo in cui giocava “Mosquito” negli ultimi anni prima del ritiro dall’attività agonistica. Il portoghese non può di certo definirsi un talento della racchetta ma neanche un “pallettaro” qualsiasi. Il suo gioco è concreto ed i punti di forza sui quali può fare maggior affidamento sono l’atletismo e il dritto, specialmente inside-out. Al contrario di quanto si creda pensando al paese di provenienza, è nel tempo progredito pure su superfici differenti dalla terra battuta, tanto da riuscire ad ottenere buoni risultati anche sul cemento e sull’erba.
La bravura di Joao Sousa è proprio quella di saper adattare il suo stile di gioco a più superfici diverse ed è grazie a questa qualità che è riuscito negli anni a scalare posizioni su posizioni nella classifica Atp. La sua carriera da pro inizia ufficialmente nel 2005, realmente nel 2007. Per circa tre anni si divide tra tornei futures e challenger senza raggiungere successi di rilievo. Finalmente arriva il primo e vero scatto in classifica, complici tre titoli consecutivi nei futures disputati in Spagna nel Maggio del 2010, balzando dalla posizione numero 443 di inizio anno a quella numero 240. Seppur i risultati siano incoraggianti, Joao Sousa sembra destinato a crescere sotto l’ombra di alcuni suoi connazionali. Il pubblico portoghese pare infatti focalizzare la propria attenzione su altri tennisti locali. Nel frattempo infatti, proprio in quell’anno, agli onori della cronaca lusitana c’erano due degni mestieranti della racchetta: Frederico Gil e Rui Machado. Nonostante gli evidenti limiti di ambo i tennisti, sia fisici che puramente tecnici, erano riusciti nell’impresa di raggiunge i loro best ranking, rispettivamente di numero 62 e 59. Un fatto inatteso per molti, anche e soprattutto per i diretti interessati. Difficilmente avrebbero però potuto in futuro migliorare la propria classifica, anzi, un declino in tempi brevi sarebbe stata la conseguenza più naturale: purtroppo per loro andò proprio così.
Mentre Gil e Machado sarebbero stati di lì a poco risucchiati nell’oblio del tennis, Joao Sousa si prendeva le sue rivincite. Definitivamente abbandonati i futures, il portoghese era pronto a dimostrare tutte le sue doti nei tornei challenger e non solo. Il 2012 risulterà infatti essere un anno cruciale per la crescita del tennista di Guimaraes. Semifinale a Meknes, vittoria a Mersin e prima apparizione al Roland Garros dopo aver superato abilmente le qualificazioni. Joao Sousa diventa quasi incontrastabile, tanto da rientrare a fine anno tra i top 100, giocando perlopiù tornei challenger sulla terra rossa. Il passaggio ai tornei Atp diviene automatico. L’impatto, come spesso accade, non è dei più semplici. Sono più le batoste che le soddisfazioni, tanto che il portoghese decide di fare marcia indietro e tornare a disputare tornei minori. Qui torna a vincere e si convince finalmente che la sua dimensione è un’altra.
Nell’Agosto 2013 inizia una cavalcata tale da fargli guadagnare più di 40 posizioni in classifica. Terzo turno agli Us Open, semifinale a San Pietroburgo e prima vittoria a sorpresa a livello Atp a Kuala Lumpur in Malesia, esattamente un anno fa. Attraverso questi risultati, inizia la stagione in corso da numero 49 del mondo. L’anno non comincia però nel migliore dei modi. Tantissime sono le uscite al primo turno, segno di una smarrita fiducia nei propri mezzi. Dopo ben sette sconfitte consecutive, il portoghese si appresta (a sorpresa) a disputare la stagione sull’erba. Ma è proprio sulla superficie a lui meno adatta (in teoria) che il portoghese dà il meglio di sé. Batte sorprendentemente al primo turno Jan-Lennard Struff (in quel giorno a dir poco svogliato) e riesce nell’impresa di strappare un set al re dell’erba, Roger Federer. Nonostante la sconfitta, è proprio grazie a questa partita che il suo nome inizia a circolare maggiormente solo per il fatto di aver messo in difficoltà lo svizzero.
Sull’onda dell’entusiasmo, Joao Sousa scopre di sapersi ben destreggiare anche sull’erba, tanto da riuscire a raggiungere la semifinale del torneo di s-Hertogenbosch. L’ultimo acuto, fino a questo punto della stagione, risale alla finale persa in Svezia a Bastad contro Pablo Cuevas. Anno sin qui non proprio all’insegna della costanza ma nel complesso positivo. In questa settimana è impegnato a Metz, torneo in cui è già approdato ai quarti di finale ed aspetta Paul Henri Mathieu per un posto in semifinale. E’ doveroso sottolineare come il torneo francese si giochi sul cemento indoor, ennesima dimostrazione riguardo la versatilità del portoghese su più superfici. Il prossimo vero test per Joao Sousa sarà confermare il risultato dello scorso anno a Kuala Lumpur. In attesa di scoprire come gestirà la pressione derivante dai punti in scadenza, è lecito immaginarsi il portoghese giocare ancora per molti anni a questi livelli. Pare ormai difficile che i suoi colleghi possano commettere nuovamente l’errore di sottovalutarlo. L’incredibile facilità con cui riesce ad adattarsi a situazioni diverse sia di campo che di gioco, rappresenta un fattore poco comune alla maggior parte dei tennisti odierni. Non gli serve dunque aspettare la stagione sul rosso, sul cemento o sull’erba, per Joao Sousa non c’è un periodo particolare in cui poter accumulare più punti possibili, perché per lui ogni stagione è sempre quella ideale.
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