In questo anonimo primo lunedì di febbraio impreziosito, al di là della ravvivata corsa scudetto in Serie A, dalle gioie invernali regalateci a Pechino da chi porta in alto maglia e bandiera italiana, il mondo del tennis celebra, ma neanche tanto, il ritorno di Joao Sousa nella top 100 ATP. Il portoghese ha trionfato nel 250 di Pune vincendo quattro battaglie di tre set sulle cinque partite disputate, un po’ il manifesto della sua carriera. 33 anni a marzo, il soldato di Guimaraes è stato tra i primi cento ininterrottamente da gennaio 2013 a marzo 2021, scendendo sino al gradino numero 182 del ranking in un periodo che sembrava averlo allontanato definitivamente dal “tennis che conta”. Uno con il suo carattere e il suo gioco, però, è troppo duro a morire. Sousa è il classico antidivo che fa tutto bene ma non eccelle in nulla, che sbaglia poco ma non ti “monta” sopra su nessuna superficie. È il classico avversario ostico che ti auguri di non incontrare ma che alla fine, se sei forte sul serio, riesci a superare. Tre titoli ATP in bacheca, il best ranking di numero 28 del mondo, il titolo di miglior tennista portoghese della storia eppure la costante sensazione di non avere i mezzi per fare uno step in più, per sfondare anche quella barriera che lo avrebbe lanciato nel gruppetto dei migliori degli “umani”. E dopo essersi tolto le suddette soddisfazioni, aver calcato i palcoscenici più prestigiosi del circuito e aver sconfitto cinque top 10, pochi avevano fiducia nel suo ritorno ad un certo livello. I suoi occhi, però, non mentivano. A novembre Joao ha fatto un buon quarto di finale al Tenerife Challenger targato MEF Tennis Events. In un’intervista incentrata più sulla sua carriera che sul torneo in sé, ha evidenziato la sua passione per il tennis e il desiderio di non arrendersi: “Il passato è passato. Io penso ancora a migliorare ogni giorno, poi vediamo. Quello che voglio è giocare bene a tennis, la classifica è una conseguenza del livello che esprimi. Nel 2022 voglio tornare nei grandi tornei”. Missione compiuta con sbalorditiva rapidità. Umile ma determinato, un non-personaggio nell’era in cui mostrarsi ed esibire le proprie qualità è quasi un dovere anche per chi di qualità non ne ha poi così tante. La top 100 riabbraccia un silenzioso interprete dello sport del diavolo. Perché la normalità è una dote di pochi: bentornato Jo.
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