Le scelte di programmazione sono da sempre oggetto di dibattiti e discussioni. Dagli interrogativi più che leciti su determinate decisioni in termini di pianificazione nessuno n’è esentato: dai più forti su scala mondiale a coloro che arrancano nelle cosiddette “retrovie”.
I dubbi sorgono specialmente quando in contemporanea ci sono tornei che presentano condizioni di gioco differenti o se ad esempio viene preferito un evento X di categoria inferiore rispetto a quello Y. E allora quali sono i motivi che spingono Lorenzo Musetti a giocare un Challenger sul rosso con la stagione sui prati alle porte? Perché Casper Ruud salta una competizione come i Giochi Olimpici di Tokyo a favore del trittico Bastad, Gstaad e Kitzbuhel? Le ragioni sono molteplici e variano da giocatore a giocatore.
Qui sotto proviamo a riepilogare sommariamente quali siano i possibili motivi che inducono un tennista e il proprio team a intraprendere strade più o meno comode:
1. Predilezione per una superficie o nei confronti di un luogo caro o logisticamente più comodo
2. Punti più “facili” (virgolettato d’obbligo) per guadagnare posizioni nel ranking
3. Pacchetto di tornei ravvicinati in una determinata zona geografica (calendario di febbraio)
4. Gettone di presenza (rinuncio ad esempio a un 500 per incassare più soldi)
5. Competitività di un evento rispetto a un altro (non tutti i tornei, seppur di medesima categoria, presentano un campo di partecipazione dello stesso livello)
6. Accordi pregressi con i tornei (i big firmano contratti)
7. Fare esperienza laddove ancora ci sono lacune da colmare
8. Ambizioni
Le motivazioni sono disparate ma soprattutto personali. Da fuori talvolta si critica in maniera costruttiva o si contesta un tipo di programmazione senza conoscerne le ragioni. Tuttavia investigando e scavando più a fondo, emergono delle volte particolari molto interessanti che chiariscono il quadro generale.
Ricordate quando Matteo Berrettini optò per il Golden Swing a discapito dei tornei indoor in Europa due stagioni fa? Alla fine non se ne fece nulla per cause di forza maggiore, eppure non mancarono le polemiche. “Per farsi un’opinione si dovrebbe prima avere una visione d’insieme con tutti gli elementi a propria disposizione per poi valutare sulla base di ciò che si sa” mi disse all’epoca dei fatti Vincenzo Santopadre. In realtà Matteo coltivava il desiderio di andare in Sudamerica per giocare con la nonna materna brasiliana Lucia lì presente. Un desiderio che è riuscito ad esaudire soltanto in questa stagione. Chi siamo noi per dire se sia stata una scelta corretta o no? Se Matteo nutriva questo desiderio non vedo perché non lo dovesse realizzare.
E che dire di Casper Ruud e del polverone generato in occasione di Tokyo 2020? “Sono ancora piuttosto giovane – confessò il norvegese un anno fa -. Posso partecipare a diverse Olimpiadi nella mia carriera. Il mio obiettivo sarà la partecipazione nel 2024 a Parigi”. Ruud rinunciò alla rassegna a cinque cerchi, vinse tre tornei sul rosso consecutivi conquistando un ammontare complessivo di 750 punti per poi qualificarsi alle Nitto ATP Finals di Torino. Scelta giusta? Dipende dagli obiettivi prefissati e dalle aspirazioni di ciascuno.
Andiamo adesso diritti al nocciolo della questione e all’argomento più caldo di queste ore: Lorenzo Musetti. L’azzurrino, dopo un ponderato calcolo di inizio stagione, aveva scelto di saltare la tournée sudamericana per crescere sul veloce. “All’inizio l’idea era quella di giocare in Sudamerica sulla la terra rossa – aveva confidato il carrarino -. Ripensandoci, abbiamo deciso io e il mio team che cercare di migliorare sul veloce fosse un investimento da fare. Ad Acapulco, a Miami e in altri tornei ho dimostrato di poter giocare bene anche sul veloce. Lo faccio per una questione di esperienza; se perdo qualche punto pazienza”.
A costo di perdere potenzialmente qualche punto in più, Musetti aveva intrapreso una strada ambiziosa e coraggiosa. Come spiegato dallo stesso Lorenzo, è stato un vero e proprio investimento su stesso volto alla propria formazione. Le situazioni tuttavia evolvono e cambiano di settimana in settimana. Il carrarino, in seguito alla sconfitta rimediata al primo turno a Parigi e alla cambiale di 180 punti in uscita dagli ottavi di finale dell’anno prima, ha deciso questa volta di giocare un torneo Challenger a Forlì. Ha scommesso su se stesso anche questa volta, seppur in modo differente, perché vincere il titolo gli avrebbe consentito di tamponare quella pesante scadenza (180-125) e di non perdere troppo terreno in classifica.
Quei 180 punti, infatti, scadranno il prossimo 13 giugno e rappresentano la perdita più esosa in termini assoluti. Adesso, in virtù del titolo colto a Forlì, il secondo risultato migliore di Lorenzo sono proprio quei 125 punti appena agguantati in Emilia-Romagna. Scelta giusta? Dipende. A posteriori e vista da questa prospettiva è stata una scelta sicuramente più che condivisibile. Ad ogni modo, è altrettanto legittimo avere un’opinione differente in merito perché se non avesse vinto, avrebbe perso in pieno la scommessa. Lorenzo, nonostante la pressione del caso, ha vinto eccome e gliene va dato atto. Così come gli va riconosciuto che fare un passo indietro e giocare un Challenger possa esser visto anche come un segnale di umiltà e non per forza di giocatore con scarse ambizioni.
Lorenzo si è calato oramai in una dimensione di tutt’altra caratura, ma è altrettanto vero che delle volte – come è accaduto la scorsa settimana a Forlì – bisogna fare di necessità virtù. Quante volte in passato dei top 50 si sono visti in tornei Challenger? Più e più volte. Questa volta il prezzo da pagare, rispetto alla scelta di inizio anno di giocare sul veloce a discapito del Sudamerica – non erano i punti, bensì un inizio di preparazione sull’erba tardiva rispetto ai piani iniziali.
Nell’ambito dell’analisi costi-benefici, un progetto potrà risultare ammissibile se il rapporto tra il valore attuale dei benefici e dei costi sarà positivo. Ed è proprio questo il caso. Se Lorenzo e il suo team hanno optato per Forlì per risistemare in parte il ranking, allora l’obiettivo è stato centrato appieno. La stagione sui prati è appena iniziata e malgrado la battuta d’arresto con Nikoloz Basilashvili ci sarà tempo e modo per iniziare a familiarizzare con questa nuova superficie, a partire già da Stoccarda dove, nonostante la cocente sconfitta col georgiano, Musetti si sta allenando – oggi con Matteo Berrettini – in attesa dei prossimi appuntamenti erbivori.
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