di Marco Mazzoni
Tessere le lodi di Riccardo Piatti potrebbe sembrare cosa facile, scontata. Con tanti anni di lavoro sul tour la reputazione del coach di Como è solidissima. Parlano chiaro gli ottimi risultati, ottenuti praticamente con tutti i giocatori che sono stati da lui guidati. Una persona seria, schietta, che fa del campo la sua religione, e del lavoro il suo credo. Con un motto: si può migliorare, sempre. Impossibile is nothing. Anche dopo le migliori prestazioni dei suoi ragazzi, c’è sempre un pungolare, un ricercare un dettaglio da limare, tecnico, tattico, agonistico, fisico. Un ricordo personale: Umag 2010. Il suo “Ljubo” era la star della settimana, coccolato e seguito ovunque. Tra un allenamento e l’altro, immersi in quel clima quasi “vacanziero” della perla dell’Adriatico, Ivan si concedeva ad autografi, foto e quant’altro. Ma appena in campo il sorriso di Riccardo scompariva, immergendosi totalmente nel suo ruolo, diventando quasi “burbero” per il troppo caos attorno. Fino a sezionare ogni istante dell’allenamento, e quindi catechizzare il suo allievo con tantissime piccole informazioni, che magari potevano apparire banali in quel contesto così lontano dal “hard training”, ma che invece sono il sale di questo lavoro, quello di accompagnare la prestazione e la crescita (sportiva ed umana). In ogni momento.
Non stato quindi difficile prevedere che quando Raonic mollò Galo Blanco per esser seguito da Ivan Ljubicic nell’estate 2013 i risultati sarebbero arrivati. Grandi risultati. Perché ero sicuro che dietro al lavoro di Ivan (persona fuori dall’ordinario, con potenziale incredibile anche come allenatore) ci sarebbe stato anche Riccardo, il suo mentore. Così che via via i due si sono “fusi” nel seguire il gigante canadese, forgiandolo verso un tennis sempre più interessante e completo. Oggi di fatto anche lo stesso Piatti si può considerare sulla panchina di Milos, al pari di Ivan (Riccardo era ad esempio a Bercy e Shanghai). Il team Ljubicic-Piatti ha impostato un lavoro straordinario su Raonic, partendo con i giusti presupposti e con obiettivi chiari, di largo orizzonte e altissima ambizione: migliorare e vincere.
(Riccardo Piatti e Ivan Ljubicic)
Il tutto seguendo una strada piuttosto vicina a quella percorsa a suo tempo da Ljubicic riguardo alla crescita tecnica ed agonistica. La crescita di Milos è racchiusa in modo evidente nei tanti episodi in cui è riuscito a dare il meglio in momenti delicati senza aggrapparsi solamente alla botta di servizio.
La battuta resterà sempre il suo punto forte, il colpo che si porta da casa, ma in questo anno e mezzo di lavoro col team Piatti è molto cresciuto nel suo rendimento e versatilità, in tutto il suo tennis ed anche al servizio. Non solo bordate sparate a tutta, ma oggi colpi molto più lavorati, studiati, analizzati a tavolino in vari scenari per sorprendere l’avversario e mischiare le carte in tavola, in modo da non dare punti di riferimento ai ribattitori. Meno violenza pura e più controllo, quando in precedenza con Blanco il focus era solo tenere alte percentuali alla massima velocità, senza un adeguato supporto tattico al colpo.
I miglioramenti di Milos però sono tantissimi, in tutte le fasi della prestazione. Il lato sinistro resterà sempre il più debole, sente meno la palla e tecnicamente il rovescio è un colpo più costruito e poco incisivo; ma rispetto alla scorsa stagione è cresciuto enormemente il suo modo approcciare la palla, in generale ma soprattutto sul lato sinistro; questo gli consente una difesa più sicura ed anche di provare a sparare qualche accelerazione con più margine e controllo nella spinta. Alcune risposte a tutto braccio di rovescio sparate in faccia alle prime di Mr. Federer a Bercy sono lì a testimoniarlo. Nel gioco da fondo sul lato sinistro, gran parte della crescita è dovuta al miglioramento della fase di frenata nel suo footwork: in passato tendeva ad andare troppo sotto alla palla perché partiva tardi, scattava in affanno con lunghi passi e bassa frequenza, il tutto aggravato dal suo fisico con baricentro molto alto, che lo costringeva a importanti piegamenti per impattare basso sul lato sinistro. Questa meccanica complicata e “macchinosa” di avvicinamento alla palla troppo spesso lo portava a strozzare lo swing del rovescio, poiché non sapeva gestire bene la frenata della corsa sulla palla, che gli finiva troppo vicina al busto, e quindi era molto complicato girare bene il tronco ed entrambe le braccia per eseguire un movimento completo ed in equilibrio. Piatti e tutto il suo team (Pizzorno alla video analisi, Sirola alla preparazione fisica, ecc) hanno iniziato ad introdurre l’eccellente tecnica dei “piccoli passi”, che più agili e composti lo fanno arriva sulla palla nettamente meglio, con più anticipo. Grazie a questa migliorata meccanica di corsa può iniziare la frenata al momento ideale, iniziando anche la fase di apertura con il timing giusto. Ne scaturisce una distanza più corretta dalla palla e quindi rovesci mediamente più precisi nella spinta e più sicuri in difesa. Ma la crescita passa non solo da miglioramenti fisici a sostenere la tecnica, ma anche da un maggiore acume tattico nella gestione delle situazioni di gioco. In passato appena arrivava in ritardo (in genere a sinistra) aveva la tendenza a sparare “o la va o la spacca”, consapevole di non esser in grado di riguadagnare una buona posizione; adesso gestisce con molta più pazienza lo scambio. Inoltre sul lato sinistro quando non è perfettamente posizionato invece di tirare con forza e rischiare di sbagliare entra meno nella palla con il piatto-corde, spazzolandola di più e quindi producendo un colpo con più spin, interlocutorio ed abbastanza lungo. Riesce in questa soluzione anche grazie ad un uso più spiccato della mano sinistra.
Questi sono soltanto alcuni degli aspetti più evidenti della crescita di Raonic. Ha anche rafforzato il dritto, davvero temibile quando riesce a spararlo in controllo; ha migliorato la posizione in campo. Il suo tennis è un vero work in progress, che viene continuamente rivoltato e affinato usando anche in modo scientifico la video analisi con il “guru” della materia Pizzorno. Gli è certamente servito a capire meglio i propri errori e tanti aspetti tattici, e di come il miglioramento del lato fisico-atletico possa esser lo strumento principe per affinare tecnica e soluzioni di gioco.
Dove ritrovo in Raonic la strada che Piatti ha con successo intrapreso con “Ljubo” è nella filosofia di fondo: lavorare per coprire le debolezze, ma con il focus principale di crescere il più possibile nei punti di forza. Quando si ha a che fare con un potenziale notevole come quello del canadese (spinta, esplosività), ma con alcuni limiti strutturali che sarà impossibile eliminare del tutto (pesantezza, relativa sensibilità sul lato sinistro), meglio spingere per diventare il migliore nelle sue qualità principali che sacrificarle alla ricerca di una completezza che non sarà mai raggiunta. Raonic rispetto al periodo con Blanco è totalmente un altro giocatore per come copre il campo, nella solidità da dietro, nel rovescio durante il palleggio e in difesa. Tuttavia non sarà mai tra i migliori nel produrre gioco in progressione; quindi è assai più funzionale trasformarsi nel più forte battitore, con un colpo terrificante e flessibile per chiudere i frutti ricavati dal servizio e con grande lucidità tattica, il tutto sostenuto da una mobilità e flessibilità abbastanza buona nella fasi di palleggio e difesa.
Ricordo quando negli studi di Sky Ljubicic nell’estate 2013 confermò di aver iniziato una collaborazione con Raonic. Si disse allibito di come l’avesse trovato indietro su tanti aspetti fisici della prestazione, che lo avevano terribilmente penalizzato sulla crescita tecnica e tattica della partita. Disse che avrebbe accettato l’incarico solo con un orizzonte temporale di 3-4 anni, con piccoli aggiustamenti continui a rivoluzionare pian piano ogni aspetto del suo tennis. Dopo solo un anno e mezzo di lavoro assieme, Raonic si è qualificato per il Master (primo nato negli anni 90!), ha fatto semifinale a Wimbledon e finali in altri grandi eventi (come a Bercy domenica scorsa). Vedere Milos vincere uno Slam non è più un miraggio, ma un obiettivo concreto. Il lavoro sta portando dividendi sostanziosi, e l’investimento del manager Piatti si sta rivelando vincente. Qualcuno aveva dubbi?
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