di Andrea Martina
Seppur scontata a inizio stagione, finalmente è arrivata la qualificazione del canadese Raonic al Master di Londra grazie al sorprendente torneo giocato a Parigi. La previsione era frutto del buon 2013 chiuso in 11esima posizione (dopo un lungo infortunio) e delle sue grandi potenzialità.
Ma più che una qualificazione, quella di Raonic sembra essere simile ad una sfangata. Fino a venerdì si è giocato l’ultimo posto a Londra con David Ferrer ed entrambi avevano raggiunto i quarti di finale a Parigi. Solo che il primo ha fatto una delle sue migliori partite dell’anno battendo un Federer lanciatissimo (non perdeva una partita da Settembre), mentre Ferrer ha avuto praticamente il match più volte in tasca nel secondo set, ma un caparbio Nishikori si è messo di traverso. A questo bisogna aggiungere che senza il ritiro di Nadal non ci sarebbe stata neanche questa corsa.
Occorre anche specificare che Raonic, ai punti, è il numero 7 della Master Cup e dietro di lui c’è Cilic che però, avendo vinto uno Slam nella stagione entra di diritto alle Finals.
Questa qualificazione alla Master Cup ha salvato il 2014 di Raonic, un’annata utile per la sua crescita, ma anonima dal punto di vista dei tornei vinti con la sola affermazione nell’ATP 500 di Washington. In tutto questo c’è stato anche un best ranking (numero 6 del mondo) incoraggiante raggiunto a Luglio dopo la semifinale di Wimbledon.
Eppure questo ragazzone che sfiora i due metri, pettinato alla Clark Gable ma con un viso preciso per fare il testimonial della Kinder, sembrava essere prontissimo già da quest’anno per fare il botto. E invece al suo posto abbiamo visto susseguirsi nelle finali degli Slam i vari Wawrinka, Cilic e Nishikori.
IL BINOMIO PIATTI-LJUBICIC. La prima scelta interessante fatta dal canadese ha riguardato il suo team, ora guidato da Ivan Ljubicic e Riccardo Piatti. L’impatto dei due sul suo tennis si è visto soprattutto nei tornei europei giocati sulla terra rossa, un territorio dove prima Raonic vagava senza una meta e perdeva match con avversari esperti e modesti. Per il suo tennis iper-piatto e macchinoso negli spostamenti, è stata sicuramente una sorpresa vederlo nei quarti di Monte Carlo e del Roland Garros, oltre alla semifinale raggiunta al Foro Italico. Ma gli effetti benevoli di questa cura si erano già visti nei due Master 1000 americani che si giocano a Marzo: anche qui ha fatto registrare due ottimi quarti di finale e una bella vittoria in tre set su Murray a Miami.
LA TECNICA. Di lui i suoi avversari temono il servizio, chiave del suo tennis. Ora questo colpo è addirittura migliorato con alcune variazioni soprattutto nella seconda, mentre il dritto rimane sempre la sua arma preferita per aprirsi il campo e tirare vincenti. Il punto debole del Raonic di un paio di anni fa era il rovescio bimane che nel suo bagaglio tecnico era un semplice colpo con cui si appoggiava. Già da inizio stagione, e in particolar modo sulla terra rossa, si è invertita questa filosofia e adesso è piuttosto frequente vedere il canadese accettare scambi sulla diagonale di rovescio contro avversari che lo giocano molto meglio. A tutto questo si sono aggiunti efficaci attacchi con il back che prima erano a lui sconosciuti. Anche sugli spostamenti qualche passo in avanti è stato fatto, ma l’impressione è che il lavoro di Ljubicic e Piatti non sia ancora finito dato che i margini di miglioramento sono ancora elevati.
LUGLIO-OTTOBRE. Con degli ottimi piazzamenti ad inizio stagione era lecito aspettarsi almeno una sua affermazione in un Master 1000 o Slam, dato che la superficie della seconda metà di stagione passa dall’erba al cemento fino ad arrivare alle velocità dell’ indoor, condizioni che esaltano il suo tennis. Risultati alla mano sembra chiara una cosa: il ragazzo ha i numeri per poter vincere tornei importanti, ma non ha ancora la mentalità da campione. A Wimbledon ha raggiunto le semifinali giocando benissimo su una superficie che negli anni precedenti faticava a capire, ma appena dall’altra parte si è visto arrivare Federer ha ceduto il passo con un triplo 6/4. La stessa cosa è successa a Cincinnati: sempre Federer, sempre semifinale e sconfitta per 6/2 6/3. Nel Master casalingo di Toronto, poi, doveva difendere una finale ed è stato ubriacato nei quarti dal tennis Di Feliciano Lopez. Capitolo a parte può farlo la dura battaglia persa contro Nishikori negli ottavi degli US Open (torneo che ha sempre messo in cima ai suoi sogni): 6/4 al quinto per il giapponese in un match di rara tensione agonistica. A Parigi ha fatto un doppio miracolo battendo Federer e Berdych e nella finale giocata contro Djokovic si è nuovamente spento, cedendo il passo dopo aver conquistato solo 5 giochi.
UN TENNISTA CHE NON VA A STRAPPI. Con il circuito orfano di Del Potro e un Berdych troppo timido per le grandi occasioni, Raonic potrebbe svolgere il ruolo del “picchiatore” di successo. L’esempio di Cilic fa capire che, ad oggi, c’è molto più spazio per vincere tornei importanti e piazzarsi nei posti nobili della classifica. Inoltre Raonic ha solo 24 anni, è migliorato tantissimo sulle superfici a lui meno congeniali e continua con la sua crescita graduale. Probabilmente quest’anno non ha sollevato uno Slam come Wawrinka e Cilic proprio perché è incapace di procedere per strappi e si trova molto meglio se è inserito in un percorso graduale.
Il prossimo gradino passa dai primi tre del mondo contro cui Raonic ha avuto tantissime difficoltà quest’anno: il bilanco è di 1 vittoria e 5 sconfitte, tutte avvenute nelle fasi cruciali dei tornei più importanti, dove si definisce il confine tra campione e ottimo giocatore. Nella Master Cup affronterà nuovamente almeno uno tra Federer e Djokovic e potrà iniziare a misurarsi con la categoria dei più forti senza i timori reverenziali di prima, ma con la consapevolezza di essere uno di loro, un membro degli “8”.
Il prossimo anno potrebbe essere il suo? Possibile, ma a questo punto resta da fare il salto più difficile che ha fatto cadere tanti tennisti prima di lui (per maggiori informazioni chiedere a Berdych e Tsonga). Questa stagione, però, potrebbe risultare particolarmente importante non solo per i risultati che ha raggiunto, ma per i pregi e le lacune che messi in risalto. Un’inaspettata adattabilità e un tennis pericoloso per chiunque possono portare molto lontano, ma serve anche quella cattiveria che stanno avendo ad esempio Djokovic e Federer per la rincorsa al numero 1. La precisione del serbo nel momento giusto e la fame di successi di chi gioca ormai contro la sua storia.
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