I protagonisti del Master: Kei Nishikori

Nishikori

di Giorgio Giosuè Perri

Iniziare la carriera con un obiettivo e ritrovarsi qualche anno dopo con ambizioni nettamente diverse e più prestigiose, è sicuramente una delle soddisfazioni più grandi che possa capitare ad uno sportivo. Kei Nishikori, si affaccia al tennis mondiale con l’intento di superare il ranking del giapponese più forte che avesse calcato un campo da tennis, Shuzo Matsuoka. Quest’ultimo era riuscito ad issarsi sino alla posizione numero 45 nel ranking mondiale, tanto che Kei iniziò la sua scalata con il soprannome di “Project 45”.

Incredibile pensare che appena qualche anno dopo, parliamo di un tennista che si prepara a giocare il primo Masters di fine anno della sua carriera, con la convinzione che non sarà nemmeno l’ultimo. Inutile parlare di un giocatore che negli anni è cresciuto talmente tanto da cancellare anche gli ottimi risultati raggiunti 4/5 anni fa. A questo punto, possiamo iniziare a parlare della magica (ma piena di infortuni) annata del giapponese, certo di chiudere nei primi 8, sia nella race che nella classifica annuale.

La stagione non inizia nel migliore dei modi per il giapponese, infatti a Brisbane dopo aver superato ai quarti Marin Cilic, è costretto a cedere il passo a Lleyton Hewitt, poi vincitore del torneo. Il primo Slam dell’anno non regala grandi gioie, perché al quarto turno il muro Nadal lo blocca in 3 long set, ma il mese di gennaio si chiude comunque in positivo visti i due punti del singolare portati nel primo turno di Davis contro un Canada privo di Raonic. Nishikori si presenta a Memphis per difendere il titolo conquistato l’anno prima e ci riesce alla grande concedendo appena un set.

Dopo il passo falso a Delray Beach, Kei inizia la dura tounrèè americana con qualche problemino all’inguine. A Indian Wells non gioca bene ed esce al terzo turno contro Haas, ma la settimana successiva, a Miami, piazza in fila le vittorie su Dimitrov, Federer e Ferrer, arrivando ad una semifinale che non potrà però giocare per l’infortunio fattosi più serio, che gli impedirà di tornare nel circus prima di Barcellona, dove però, cambierà veramente tutto.

Arriva, appunto, a Barcellona ed è un giocatore del tutto diverso. Il giapponese, più abituato alle superfici veloci, presenta un tennis completo, compatto e preciso che gli consente di vincere il torneo cedendo appena 18 giochi, dopo un sofferto primo turno con Bautista-Agut. Nel Masters 1000 di Madrid le buone intenzioni mostrate la settimana precedente, diventano realtà e gli consentono di raggiungere la finale. Qui si presenta in forma smagliante, e per più di 90 minuti, prende letteralmente a pallate Nadal, prima di un brutto fastidio alla schiena, che lo porterà al ritiro impedendogli la gioia del primo vero torneo importante in carriera, che sembrava ormai ad un passo.

Sbarca al Roland Garros con la fiducia sotto i piedi e una schiena malconcia e ancora una volta è costretto ad una brutta performance contro Martin Klizan al primo turno. In preparazione di Wimbledon gioca Halle, dove ancora mostra i postumi dell’infortunio alla schiena, ma riesce comunque a raggiungere la semifinale. Ai Championships le cose stentano a decollare, Kei gioca male, ma soprattutto si muove male e finisce per perdere al quarto turno, questa volta contro Raonic.

Inizia la stagione Nord-Americana, ma si ci mette l’ennesimo infortunio bloccare il povero giapponese, che dopo i quarti di finale raggiunti a Washington, è costretto a saltare interamente il mese , e senza praticamente partite nelle gambe si presenta all’ultimo Slam dell’anno, ma questa volta il copione è diverso. Gioca il torneo della vita, batte Raonic e Wawrinka in 5 set e Djokovic in semifinale in 4, ma dopo le tre maratone arriva praticamente sfinito in finale, ma ci prova lo stesso. Cilic, però si dimostra più fresco e gli rifila un netto 3-0.

Nishikori con la finale raggiunta è diventato praticamente un icona, sia in Giappone che nel resto del mondo, a testimonianza del fatto che l’esplosione definitiva era alle porte. Con il Master ancora da conquistare, vola in Asia e in maniera superba conquista i tornei di Kuala Lumpur e Tokyo (per la seconda volta).

Finisce per arrivare a Shanghai senza forze, ma con entrambi i piedi già abbondantemente dentro il Masters, anche se ancora manca la matematica che a questo punto è una questione di formalità.

Kei Nishikori è riuscito a diventare un giocatore incredibile nel corso degli anni. I più nostalgici lo ricorderanno per le imprese a Delray Beach quando praticamente da sconosciuto sconfisse in finale James Blake, o per la vittoria ai danni di David Ferrer qualche mese dopo nell’ultimo slam dell’anno. La cosa bella del nipponico è che l’umiltà con la quale aveva iniziato la carriera, lo aveva reso agli occhi dei più, di una simpatia travolgente. E’ migliorato mentalmente, gioca bene e con i piedi dentro il campo e non molla un 15, che sia il primo turno di un 250, che sia una finale Slam. Vincesse Parigi, diventerebbe il nuovo numero 4 del mondo.

Pochi prevedevano un salto di qualità così, visto che Nishikori, tra le altre cose, aveva iniziato l’anno dalla diciassettesima posizione. Oggi però, parliamo di un fenomeno destinato ad occupare i vertici del tennis mondiale per parecchio tempo. Mi correggo, di un Maestro.

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