di Sergio Pastena
Se qualcuno pensa che il primo tennista di un certo livello di Taiwan sia stato Yen-Hsun Lu, non lo sa ma sta facendo un torto a Jimmy Wang. Già, proprio a lui: nome da attore di film di kung fu (non a caso ne esiste uno discretamente famoso in Asia), Yeu-Tzuoo Wang, per gli amici Jimmy, è stato a lungo il “gemello di Lu”.
Il nome non dirà molto a qualcuno, ma forse lo ricordano Davydenko e Blake, battuti da lui al Queen’s e a San Josè. Probabilmente lo ricorda Golubev, sconfitto tre volte su tre, di sicuro Kunitsyn lo sogna la notte: cinque partite e cinque ko, a tutti i livelli (due futures, un challenger, Wimbledon e, di recente, Newport).
Rewind
Dicevamo dei gemelli: grandi speranze del tennis taiwanese, entrambi numero 3 del ranking juniores nel 2001, a distanza di pochi mesi, Lu e Wang son cresciuti in parallelo. Lu è entrato nei 200 pochi mesi prima di Wang e nei 100 un anno prima. Hanno un gioco simile, senza colpi risolutivi ma con una velocità notevole e la solidità tipica dei buoni ribattitori. Unica differenza: Lu è nato nel 1983, Wang nel 1985.
Ad inizio millennio, non a caso, era Wang quello su cui si puntava: Lu era visto come un futuro Top 100 con picchi nei 50, e i tecnici non sbagliavano. Per Wang, però, si parlava di un futuro tra i primi dieci: nato in Arabia Saudita non si sa perché, pupillo bollettierano “predestinato”, griffato nella culla dalla Nike. I risultati da junior, d’altronde, erano notevoli: a quindici anni il piccolo Jimmy arrivò in finale agli Australian Open Junior, eliminando un certo Robin Soderling e arrendendosi solo a Tipsarevic. Dopo qualche mese altra finale, agli Us Open, persa contro Gilles Muller. Tra le vittime dell’anno Berdych, Petzschner e Florian Mayer. L’anno prima Wang aveva fatto il suo esordio in un Future a Jakarta: semifinale, tanto per gradire, poi esordio in Davis poco dopo con due successi (uno contro Qureshi) e primo Future vinto a Fukuoka.
Forward
Come detto, Wang bruciava le tappe: nel 2001 già era nella fase in cui un junior si divide tra “piccoli e grandi” ed era tra i primi 500 al mondo. Per inciso, le suonava tranquillamente al “gemello maggiore” Lu, che nei primi tre confronti non vinse un set. Era frenato dall’inesperienza (perse 4 delle prime 5 finali) e da una certa mancanza di sangue freddo, unica differenza col gemello mancato. Arrivò, però, il primo Challenger a 17 anni (Fergana, in finale su Ketola) e l’entrata nei 200 da minorenne, battendo Benneteau.
Intanto Lu si era avviato un pelo avanti avvicinandosi ai 100. I due, nel 2003, portarono per la prima volta Taipei nel Group I di Davis schiantando Hong Kong. Ancora qualche scalpo contro dei “saranno famosi” (Stakhovsky, Garcia-Lopez) e poi anche Jimmy iniziò a fare sul serio. Prima una storica rimonta in Davis col Giappone, poi i primi risultati Atp (ad Halle fece fuori Llodra). E per l’esordio nei 100 vittoria contro Haas. Nel 2006 primo successo Slam (Zabaleta in Australia) e, soprattutto, il già citato exploit al Queen’s contro Davydenko, numero sei al mondo. Gli stessi campi dove Lu si era rivelato al mondo battendo Coria due anni prima. Jimmy tocca il best ranking al numero 85, Lu era stato numero 84 (incredibile, un’altra differenza).
Stop
Le strade si separano lì, perché mentre Lu procede col suo passo che lo porterà ai quarti a Wimbledon e al numero 33 mondiale, Wang si ferma. E non per andare in vacanza. Il 2007 è un anno nefasto: Jimmy passa un turno a Wimbledon, ma il polso comincia a cedere. Il polso… per un tennista è meglio spaccarsi i legamenti. Lui c’è, ma quel maledetto polso no. Quattro ritiri nel corso dell’anno, prima operazione. Il 2008 è un calvario: Jimmy gioca sei partite senza portare a casa un set, esce dal ranking. Altra operazione.
Col gioco fisico che c’è oggi basta un anno perso per indurre gli addetti ai lavori a intonare il de profundis. Nel 2009 Wang gioca solo due match a febbraio in Davis (e batte Golubev e Kukushkin) ma alla fine deve arrendersi. Arriva a metà 2010 senza vedere il campo: quasi tre anni di stop, roba da abbattere un bisonte.
Play
Il palcoscenico del rientro che nessuno attendeva è un Challenger negli Usa, a Tiburon. Ottobre 2010. Perde con un bielorusso sconosciuto, ma è già una vittoria. Pochi giorni e fa semifinale in un Future in Laos, dall’altra parte del mondo. Al Challenger di Tokyo si qualifica, arriva al secondo turno e rientra nei 1000. A maggio torna a vincere: Future di Mexico City. A luglio passa un turno a Newport contro il solito Kunitsyn. A ottobre arriva in fondo nel Challenger di Seoul: mette in fila Udomchoke, Ito, Yang (nuovo “predestinato” di Taipei) e Delic. Mica robetta. In finale si arrende contro Yen-Hsun Lu: i gemelli son tornati insieme.
Jimmy ora è il numero 287: considerando quello che ha passato, è un comeback a dir poco clamoroso.
Record
Wang ha 26 anni e non dimentica. Nelle interviste ricorda come le abbia provate tutte (laser, chiropratici, agopuntura, respirazione), a tratti esagera paragonando l’infortunio a un cancro, ma va capito. Però non ha perso l’autoironia (“Ho visto così tanti dottori che quando smetterò potrò fare il medico”).
In tutto questo il ragazzo ha soltanto 26 anni e, polso permettendo, qualche stagione davanti per cercare di tornare nei 100. E vincere il suo Slam.
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