di Giorgio Giosuè Perri
Il numero di ritiri dal mondo del tennis è cresciuto esponenzialmente nel corso degli anni, dai più famosi ai meno, chi per questioni economiche, chi perché non più competitivo ad alti livelli. L’ultimo grande scalpo è stato fatto da Nikolay Davydenko che nella giornata di ieri ha annunciato il ritiro dalle competizioni ufficiali per sempre. Da qualche stagione i risultati erano venuti a mancare, e il russo ha quindi deciso dopo gli ennesimi mesi di infortuni e incertezze di andare avanti con la propria vita, ma in una direzione diversa.
Davydenko, il 6 novembre 2006, nel pieno della rivalità tra Federer e Nadal, è riuscito a raggiungere la terza posizione mondiale, risultato che avrebbe dovuto renderlo un personaggio e un tennista di primo piano, sogno che invece si è tramutato in incubo. Il russo nel giro di pochi mesi è diventato un fantasma, riempiva la bacheca di titoli e il portafogli di prize money, ma di sponsor e notorietà, nemmeno l’ombra. Alla base di tutto questo, c’è un ragazzo molto riservato e mai personaggio. Nessuna parola fuori luogo, mai una racchetta buttata in campo, né un incoraggiamento o un’arrabbiatura. Giocava, vinceva, stringeva la mano all’avversario e il giorno dopo lo rivedevi fare la stessa cosa.
Un giocatore molto lineare, una persona squisita, sempre sorridente. Sicuramente, a livello di spettacolo, non è mai stato considerato come uno dei migliori, ma il suo gioco (nei picchi della carriera) era simile ad un flipper. A un servizio imprevedibile e giocato piatto, venivano alternati colpi che spostavano l’avversario a destra e sinistra senza tregua, il rovescio lungolinea, poi, era un’arma micidiale. Inizia a vincere nel 2003, quando trionfa in ben due occasioni, sulla terra e sul cemento. Nel 2004 l’esplosione e nel 2005 la consacrazione definitiva.
E’ l’unico tennista , con più di 10 partite giocate, ad avere un saldo positivo contro Rafael Nadal , 6-5 e salta all’occhio come in ben 3 occasioni l’abbia sconfitto in una finale. Miami, Shanghai e Doha, e nell’ultima citata, addirittura recuperando un set di svantaggio, perso oltretutto 6-0. Ha vinto 2 Masters 1000 e nel 2009 ha centrato il titolo più importante della sua carriera, aggiudicandosi il Masters di fine anno, dove l’anno precedente era stato fermato in finale da Novak Djokovic.
Nella sua ultima intervista, ha dichiarato di non avere rimpianti e di essere contento della carriera che ha fatto. E’ praticamente impossibile dargli torto visto che ha vinto 21 tornei e ha collezionato 4 semifinali nei tornei dello slam, e per ben 5 anni ha chiuso nei primi 6 giocatori del mondo. I rimpianti rimangono più sul piano personale. Nikolay non ha mai avuto quello che meritava dal punto di vista umano. E’ stato costretto a giocare nei campi secondari praticamente durante tutto il corso della carriera, sia quand’era 200, sia quand’era numero 3 al mondo. Indubbiamente diciamo “ciao” a un giocatore che ha scritto la storia del tennis russo, e perché no, anche del tennis mondiale in generale.
Buona fortuna, Nikolay.
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